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Intervista

«Al Vigentino la formazione dei laici
è una priorità»

Il decano don Massimiliano Sabbadini: «In un contesto ricco di energie e vitalità non mancano espressioni di impegno sociopolitico. Ci sono tratti critici, ma anche segnali di una crescita nella partecipazione»

di Filippo MAGNI

21 Febbraio 2016

Con 81 mila abitanti e un’area di 26 chilometri quadrati, il Vigentino è forse il Decanato più grande della città di Milano. Ed è ancora in crescita, con nuove famiglie in arrivo nelle case in costruzione a Rogoredo, al quartiere Fatima e dalle parti dell’ex zona industriale vicino allo scalo Romana. Incontrerà anche questa realtà, il cardinale Scola, giovedì 25 febbraio nella chiesa di Santa Maria Annunciata in Chiesa Rossa

«Il contesto del territorio è periferico – spiega il decano, don Massimiliano Sabbadini -, connotato dai fenomeni tipici delle varie immigrazioni, di un certo degrado sociale, delle difficili situazioni abitative, di problemi di sicurezza. Nel complesso risulta socialmente ed ecclesialmente molto variegato, ricco di tensioni e contraddizioni, ma anche di energie e di aspirazioni pulsanti e vitali». Non mancano, secondo il sacerdote, «espressioni di impegno sociopolitico da parte dei laici delle parrocchie», mentre «si avvertono sempre un po’ lontane le istituzioni sociali di riferimento».

Fino al 1922 non era neppure territorio di Milano: il “Comune Vigentino” contava 8 mila abitanti. Oggi i residenti sono dieci volte tanto, distribuiti in nove parrocchie: San Luigi Gonzaga, Ognissanti, Santa Maria Liberatrice, San Michele Arcangelo e Santa Rita, Madonna di Fatima, Santa Maria e San Pietro (Abbazia di Chiaravalle), Santa Maria Assunta in Quintosole, Madonna della Medaglia Miracolosa, Sacra Famiglia in Rogoredo.

«Due parrocchie – precisa don Sabbadini – sono affidate a sacerdoti di congregazioni religiose (Lazzaristi alla Madonna della Medaglia miracolosa, Missionari dello Spirito Santo a Santa Maria Liberatrice); recentemente i monaci di Chiaravalle hanno lasciato la cura pastorale della parrocchia a un amministratore parrocchiale nominato dalla Diocesi. Sono inoltre presenti nel territorio una dozzina di Comunità di religiosi e religiose, oltre a membri di Istituti secolari».

I sacerdoti curano la formazione personale, assicura don Sabbadini, «si è pure ben sviluppata e codificata la priorità pastorale per una formazione qualificata di laici responsabili, nella prospettiva di essere testimonianza per i molti cristiani anagrafici e sociologici». Le singole parrocchie «volentieri restano un passo indietro sulla formazione, per farla insieme in Decanato, su alcuni livelli qualificanti». Non mancano però «tratti di criticità – ammette -: la disparità di risorse (economiche e di personale) tra le parrocchie ha il suo peso; il rapporto tra parrocchia e movimenti è in alcuni casi ancora un po’ ideologicamente conflittuale o fattivamente poco praticato».

Eppure le chiese si riempiono più che in passato, ci sono ritorni sorprendenti. Negli ultimi tempi, conclude il decano, «si riscontra ovunque una crescita della partecipazione di fedeli e spesso una ricerca inedita della fede da parte di non pochi, lontani o ricomincianti».