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L’ecumenismo nel dna dei cristiani

All'incontro diocesano di Busto Arsizio per la Settimana di preghiera per l'unità col metropolita ortodosso Athanasios Hatzopoulos e la pastora valdese Letizia Tomassone, il cardinale Tettamanzi ha chiesto pazienza nei giudizi sul bilancio dell'Assemblea di Sibiu: «Camminiamo lungo una strada di non ritorno. La mèta non deve essere necessariamente l'unità tra le Chiese, ma tra i cristiani»

5 Giugno 2008

21/01/2008

di Saverio CLEMENTI

Si è svolto a Busto Arsizio l’incontro centrale diocesano dell’edizione 2008 della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Un confronto schietto e senza diplomatici silenzi sullo stato di salute dell’ecumenismo tra le Chiese europee, a pochi mesi dall’importante Assemblea di Sibiu che, dal 4 al 9 settembre 2007, ha riunito nella città romena i rappresentanti di tutte le confessioni cristiane presenti nel Vecchio Continente. Quanto mai autorevoli i relatori: il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano; il metropolita Athanasios Hatzopoulos, rappresentante della Chiesa di Grecia presso l’Unione Europea a Bruxelles; la pastora valdese Letizia Tomassone, vicepresidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia.

Seppure con accenti e sfumature diverse, il giudizio su Sibiu vede prevalere le ombre per un’occasione mancata nel già sofferto cammino verso l’unità dei cristiani. La pastora non ha dubbi: l’Assemblea non ha offerto concrete occasioni di dialogo tra i presenti. Hanno avuto il sopravvento preoccupazioni istituzionali e burocratiche che hanno dato l’impressione di una perdita di fiducia nelle relazioni ecumeniche.

Se sono soprattutto i rapporti tra cattolici e protestanti ad attraversare un momento di difficoltà, resta forte una richiesta di dialogo che non necessariamente trova spazio negli ambiti istituzionali: «Dentro le Chiese cristiane soffia lo Spirito di Dio e occorre mantenere il difficile crinale del dialogo. Soltanto la presenza di Dio può guarire le ferite e riconciliare i credenti». Tomassone rilancia una frase pronunciata dal cardinale Tettamanzi a Sibiu: «Non dobbiamo definire l’appartenenza alla Chiesa su basi etniche e culturali, ma escatologiche».

L’Arcivescovo conferma, ma chiede più pazienza nel giudicare il cammino sulla strada dell’ecumenismo. Nel suo intervento richiama il racconto di Luca della Trasfigurazione sul monte Tabor, quando non tutti gli apostoli presenti riuscirono a vedere la manifestazione della gloria di Dio: «A Sibiu abbiamo toccato con mano lo stato attuale dell’ecumenismo. Manca ancora il confronto su questioni etiche fondamentali. Eppure resta la convinzione, ferma e incrollabile, che stiamo camminando lungo una strada di non ritorno. L’ecumenismo è ormai nel dna dei cristiani. La mèta tuttavia non deve essere necessariamente l’unità tra le Chiese, ma tra i cristiani. È bene non confondere i due livelli. Oggi occorre ripartire nel segno della fiducia reciproca».

Il Cardinale ha portato anche la sua esperienza di partecipante all’ultimo Concistoro convocato da Benedetto XVI nel novembre 2007. Un incontro dedicato ai temi dell’ecumenismo, con un’attenzione particolare ai rapporti con le Chiese ortodosse, che vivono un momento di particolare intensità soprattutto dopo il recente “Documento di Ravenna”, che le ha viste, per la prima volta, riconoscere il primato del Vescovo di Roma.

Il metropolita Hatzopoulos ha definito Sibiu e Ravenna due tappe importanti di un cammino che avrà il suo traguardo escatologico nella Gerusalemme celeste. «L’unità – ha ribadito – deve essere vissuta non come un dovere, ma come gioia e per fare questo occorre imparare dalla storia dei primi cristiani, che basavano i loro rapporti sul confronto paziente e anche sul compromesso, quando non erano in gioco i capisaldi della fede».

Un intervento, quello del metropolita, di grande concretezza. Parlando del primato del Papa, ha sottolineato l’importanza di fermare l’attenzione sul “come” viene esercitata l’autorità: «Nella Chiesa c’era e c’è ancora la necessità di obbedire a un’autorità, serve però una forza profetica».

Il confronto si è chiuso sottolineando i progressi che nella Diocesi ambrosiana sono stati fatti sul cammino dell’ecumenismo, al punto di poter quasi parlare di un “modello Milano” che potrebbe essere riproposto altrove, con l’istituzione del “Consiglio ecumenico” in altre città. Un momento di preghiera nella vicina chiesa di Sant’Edoardo ha concluso un incontro che ha visto la fatica del dialogo coniugarsi con la fiducia nello Spirito Santo.