29/07/2008
di Filippo MAGNI
«Ascoltate le tre parole che vi fanno crescere, esercitate il servizio che vi rende liberi». Con queste parole il cardinale Dionigi Tettamanzi si è rivolto ai ragazzi degli oratori che stanno vivendo l’esperienza del campeggio in Val d’Aosta.
Sono 50 mila quelli provenienti dalle parrocchie ambrosiane, 15 mila dei quali soggiornano in tenda nello spirito più genuino del contatto con la natura. A rappresentarli, di fronte all’Arcivescovo, i 41 villeggianti dell’oratorio San Giovanni Bosco di Rescaldina con i loro educatori e i tanti volontari adulti impegnati nei servizi di cucina e gestione del campo.
«Il Vangelo di oggi ci porta in una casa, quella di Marta e Maria – ha esordito il Cardinale nell’omelia -. La Parola ci presenta due esempi cui fare molta attenzione, innanzitutto quello di Santa Maria, che si pone ai piedi di Gesù come una discepola, pronta ad ascoltarlo senza perdersi neanche una parola di ciò che dice». Ed è proprio l’atteggiamento dell’ascolto quello che Tettamanzi suggerisce ai ragazzi, l’ascolto attento di tre parole.
«La prima – ha spiegato – è una voce che non si sente, ma si vede soprattutto qui in montagna: èla bellezza del creato, è Dio che ci dice il suo amore per noi attraverso le opere che ha compiuto. Riempiamoci gli occhi, ma soprattutto il cuore, della bellezza che vediamo intorno a noi».
La seconda, ha proseguito l’Arcivescovo, è una parola che non si ascolta nel mondo, ma che ciascuno può sentire solo dentro di sé: «Èquella della coscienza, il nostro io più profondo, quello che ci dice il nostro significato nella vita, che ci fa camminare nel bello e nel giusto conservando i valori che rendono ricca l’esistenza». È questa una voce che si confonde spesso nel brusio del mondo. Per questo, ha aggiunto Tettamanzi, «èindispensabile creare intorno a sé un silenzio fruttuoso, che ci renda riflessivi».
Terza e ultima Parola che è necessario ascoltare è quella con la maiuscola, la voce di Dio. «Una Parola – ha detto il cardinale – che in Cristo si è fatta carne, ci raggiunge per dirci che ci ama». Il messaggio di Dio non si ascolta solo col silenzio, ha precisato Tettamanzi ai ragazzi, ma attraverso la preghiera. «Una preghiera la cui serietà si sperimenta nella vita di tutti i giorni, che è vera se si concretizza nell’agire. A volte sembra che il pregare non tocchi la vita quotidiana, ma in realtà è una sorgente d’acqua fresca indispensabile quando la vita ci pone di fronte a prove dure».
L’Arcivescovo ha infine posto in evidenza il secondo esempio proposto dal Vangelo del giorno: l’operosità di Santa Marta. «Anche noi – ha detto ai ragazzi – dobbiamo diventare capaci di servire, di amarci nello stile dell’amicizia cristiana, sentimento più grande dell’amicizia umana: è quando serviamo, che diventiamo liberi».
Per rendere più efficace la predicazione, Tettamanzi ha utilizzato l’immagine delle mani: «Èlibero solo chi è padrone di se stesso, chi si tiene in mano. Ma ci sono due modi di tenersi: con il pugno chiuso, pensando a come elevarsi rispetto agli altri, oppure col palmo ben aperto, donandosi agli altri». La gioventù, ha concluso, «è affamata di libertà. Per questo chiedo a Dio la grazia di rendere liberi tutti voi giovani». E potete esserlo solo «se tenete le mani ben aperte, desiderose di servizio».