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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Il canto degli Angeli

Abbiamo bisogno di risentire questa armonia, che ci persuade che possiamo ospitare in noi, e nella nostra storia, la Parola che si è fatta umanità e apre all'attenzione del cuore per lasciare spazio all'espressività degli affetti

19 Dicembre 2008

23/12/2008

di Dora CASTENETTO

Il pensiero moderno sembra incontrare difficoltà ad ammettere l’esistenza e la missione degli Angeli: appaiono superflui, se non addirittura frutto di leggenda, di letteratura, di credenze mitologiche. Eppure la Scrittura abbonda di nomi che designano diverse categorie di Angeli. E ce li presenta come la “corte celeste” che celebra la gloria di Dio.

Anche l’arte abbonda di immagini angeliche, quasi a richiamare la presenza di questi “spiriti” non sottoposti alla legge dello spazio e del tempo, il cui compito è custodire il divino, circondare la presenza di Dio nel suo manifestarsi terreno e di farsi nostri “custodi”. Gli Angeli ci aiutano a crescere con la consapevolezza della vicinanza di Dio, dell’efficacia della sua provvidenza, rendendoci familiari i disegni del suo amore.

Basti pensare agli arcangeli Gabriele, Michele, Raffaele, messaggeri di eventi che testimoniano l’irruzione di Dio nella storia, per guarire, consolare, sostenere nella prova. Èstato così per Gesù nei momenti decisivi della sua vita terrena, nell’ora difficile del Getsemani, ma anche, e soprattutto, nella gioia della sua nascita.

Gli Angeli sono anche messaggeri che annunziano e comunicano i doni di Dio. In questo senso sono mediatori tra Dio e gli uomini: «Ecco, io vi mando il mio messaggero, che spianerà la via davanti a me e subito il Signore, che voi cercate, l’Angelo del patto, che voi desiderate, entrerà nel suo tempio. Ecco egli viene, dice il Signore degli eserciti» (Mal 3,1). Così l’angelo Gabriele annuncia a Maria il mistero della divina maternità (Lc 1,26-38). E un Angelo guida i pastori alla grotta di Betlemme. Con lui, un’immensa moltitudine di Angeli canta sul presepe: «Gloria a Dio nei luoghi altissimi, e pace in terra agli uomini che egli ama!» (Lc 2,14).

A Natale li contempliamo mentre volteggiano esultanti accanto al Bimbo Gesù, per celebrare con gioia il mistero di Dio che si fa uomo. Ècome un tripudio di gioia che sprigiona dal loro canto: una voce incoraggiante, che accompagna e sostiene lo stupore commosso dei pastori e ci assicura che la salvezza del Signore è per noi. Bisogna restare in silenzio. E lasciare che le note gioiose del loro canto penetrino nel cuore, ci persuadano del miracolo di un Dio bambino, ”avvolto in fasce”, e ci invitino alla gioia in pienezza.

Abbiamo bisogno di risentire questa armonia, che la tradizione ci ha consegnato insistentemente, quasi a richiamarci che, al di là delle nostre stonature, della nostra incapacità di comporre in unità i frammenti del nostro pensare e operare, il “coro celeste” può divenire emblematico per richiamarci alla bellezza e alla proficuità dell’essere insieme.

Il canto degli Angeli riempie il silenzio senza impedirlo; fa risuonare l’ascolto e l’assimilazione di una Parola che assicura la possibilità della gioia, perché c’è un Salvatore assoluto, c’è un Bambino che ha preso su di sé le nostre inquietudini e fragilità e ci dona la pace. Ci persuade che possiamo ospitare in noi, e nella nostra storia, la Parola che si è fatta umanità; apre all’attenzione del cuore per lasciare spazio all’espressività degli affetti.

Allora si è come introdotti nella liturgia musicale, che rimanda al sapere della fede. Il canto degli Angeli diventa così gravido di teologia e di preghiera. Si fa linguaggio suasivo e avvincente, che conduce a un’esperienza spirituale profonda di comunione con un Dio bambino. Dona la pace più profonda, lasciando che essa trasudi da noi per comunicarla ad altri, in un fruttuoso contagio.