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Gmg, un’avventura che continua

Dopo Sydney, giovani e adulti insieme verso "una nuova era"

22 Luglio 2008

22/07/2008

di Andrea CASAVECCHIA

Si percepiva a pelle la vivacità dei giovani cattolici, nell’ippodromo di Randwick dove è stata celebrata la XXIII Giornata Mondiale della Gioventù. Non dovrebbe stupire la spontanea potenzialità aggregativa dei giovani.

In fondo le nuove generazioni sono fortemente aperte alla socialità, che oggi riescono a sperimentare seguendo mille rivoli: a partire dai mega-concerti gratuiti offerti dalla rockstar di turno per passare ai pericolosi e illegali rave party, fino ad arrivare agli appuntamenti virtuali creati negli spazi 3D di Second life o ai festeggiamenti per la vittoria della propria squadra del cuore.

Le tante occasioni di aggregazione sono sempre entusiasmanti e provocatorie. Però corrono il pericolo di andare ad arricchire una sorta di collezione delle imprese compiute. Sintetizzate con le espressioni: «Lì ci sono stato», oppure «Questo l’ho fatto», e ancora «Èstata una grande emozione». Così si finisce per costruire una gigantesca bacheca di medaglie, appesa alla parete, ma anche con la solitudine nel cuore nascosta da una grande confusione.

Anche le esperienze più belle e arricchenti, curate e accompagnate da una preparazione lunga e faticosa come le Gmg, possono rischiare di subire la medesima sorte, se si lasciano i giovani a loro stessi, se non si aiutano a coltivare un seme deposto. C’è bisogno di un accompagnamento costante, di un’attenzione comunitaria rivolta ai giovani, perché una proposta educativa non può mai considerarsi esaurita, anzi deve essere provocatoria e stimolante in itinere.

Per questo Benedetto XVI, durante l’omelia della messa conclusiva, ha rilanciato, proiettando i giovani verso un obiettivo alto e chiedendo loro di mettersi in cammino per rispondere alla vocazione di una nuova generazione di cristiani «chiamata a contribuire all’edificazione di un mondo in cui la vita sia accolta, rispettata e curata amorevolmente, non respinta o temuta come una minaccia e, perciò, distrutta. Una nuova era in cui l’amore non sia avido ed egoista, ma puro, fedele e sinceramente libero, aperto agli altri, rispettoso della loro dignità, un amore che promuove il loro bene e irradi gioia e bellezza. Una nuova era nella quale la speranza ci liberi dalla superficialità, dall’apatia e dall’egoismo che mortificano le nostre anime e avvelenano i rapporti umani».

L’impegno, allora, non riguarda solo i più piccoli, ma coinvolge tutti, a lavorare per l’unità della famiglia umana spesso sconvolta dalle contraddizioni della globalizzazione che vede grandi povertà e altrettanto immense ricchezze economiche, enormi potenzialità della scienza e difficoltà di discernimento del suo utilizzo, lo sviluppo di vasti canali comunicativi e le incapacità di immaginare una “governante” mondiale.

Nell’incontro di Sidney si può leggere, allora, un segno per rispondere all’emergenza educativa, per andare verso una relazione tra generazioni che possa individuare e annunciare i segni dei tempi, per rilanciare le potenzialità profetiche della speranza cristiana.