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Intervista

Villa: «Giovani e devianze, tanti non hanno mai sperimentato relazioni sane»

Il procuratore del Tribunale per i minorenni di Milano fa chiarezza sul concetto di “baby-gang” («siamo davanti a gruppi informali»), analizza il fenomeno delle dipendenze («quella dal gioco può anche iniziare prima della maggiore età ed è molto pericoloso») e sottolinea: «Il nostro compito educativo è tirare questi ragazzi fuori da casa»

di Annamaria BRACCINI

1 Dicembre 2025

«A Milano si è registrato un aumento dei reati commessi dai minorenni negli ultimi due anni. Ma se si va indietro nel tempo, siamo in linea con quello che accadeva una decina di anni fa, anche se esiste sicuramente una situazione di stress della città dovuta a una sensazione di insicurezza». Dice così Luca Villa, procuratore del Tribunale per i minorenni di Milano, che aggiunge: «Sensazione, in parte, alimentata dai mass media, ma anche effettiva, nel senso che all’interno di questo aumento complessivo dei reati commessi, c’è stato un incremento dei reati violenti, delle rapine di strada fatte dai ragazzi. Dove invece non c’è una corrispondenza tra ciò che diffondono i mezzi di comunicazione e il dato reale è, per esempio, quando si parla di baby gang, che tecnicamente è un’associazione a delinquere composta da soggetti minorenni o neo maggiorenni, mentre ciò che registriamo sono gruppi informali che si creano di volta in volta in maniera molto casuale tra giovani che si conoscono, ma dove non vi è nulla di strutturato».

I minorenni che arrivano al vostro Tribunale hanno consapevolezza delle loro azioni?
Tanti non hanno mai sperimentato relazioni sane o avuto l’occasione di frequentare contesti dove imparare. Si chiudono in casa e l’unica relazione è quella attraverso lo smartphone. Questo è il motivo per cui insisto molto – quando si fa la messa alla prova, uno dei fiori all’occhiello del processo minorile italiano -, perché si prevedano attività che costringano il ragazzo a sperimentarsi nella relazione, magari aiutando un anziano o soggetti che hanno fragilità. È molto bello quando, rivedendo questi giovani a mesi di distanza, scopro che hanno deciso di continuare a frequentare la persona che hanno aiutato.

Luca Villa

Sono tante le dipendenze: dalla cannabis all’alcol e ai devices. E, poi, c’è anche il gioco d’azzardo…
Per fortuna è un fenomeno, per quello che riguarda i minori, ancora marginale, soprattutto non patologico e grave nella dimensione patrimoniale, come è ovvio. Ma la dipendenza dal gioco, invece, può anche iniziare prima della maggiore età e questo è molto pericoloso. In generale, possiamo dire che abbiamo davanti due versanti di rischio: il minore che magari, partendo da una situazione di isolamento, agisce all’esterno commettendo reati e una quota importante di minori, invece, che, da quello stesso isolamento casalingo, aggrava la propria condizione non uscendo più di casa. Questi ultimi sono i cosiddetti “hikikomori”, con un termine che arriva dal Giappone, dove il fenomeno si era già sviluppato dalla seconda metà degli anni Ottanta del secolo scorso. In questi casi, l’intervento del Tribunale per i minorenni è incredibilmente efficace: mentre su alcune patologie non riusciamo a trovare, per così dire, una chiave risolutiva, sugli “hikikomori” possiamo farli uscire di casa, convocandoli. Io dico sempre che il verbo “educare” è molto bello perché viene dal latino ex ducere, cioè condurre fuori: il nostro lavoro e compito educativo è tirare questi ragazzi fuori da casa.

Quando, secondo lei la dipendenza giovanile dalla Rete e dal virtuale è cambiata veramente, iniziando a porsi come un trend allarmante dal punto di vista sociale?
Posso solo formulare ipotesi. Avendo realizzato una ricerca sui maltrattamenti in famiglia, nel caso di minori che maltrattano i genitori e altri familiari. Avevo sentito un famoso psicologo dell’età evolutiva dire che tutto cambia intorno al 2010, quando i genitori decidono di regalare lo smartphone ai figli già a 10 anni. Ho chiesto i dati dei minori maltrattanti a partire dal 2010 ed effettivamente in quell’anno alla Procura di Milano venivano iscritti 6 procedimenti per maltrattamenti in tutto il distretto di Milano, che significa la Lombardia Ovest. Quest’anno ne abbiamo registrati 106. Anche in questo contesto, il meccanismo si lega a una doppia dipendenza: quella da sostanza (l’abitudine di “farsi la canna” prima di andare a dormire) per poi stare attaccato al videogioco fino alle due o le tre della mattina. La fatica aumenta fin quando si abbandona la frequenza scolastica e da lì iniziano i litigi e tutto un circolo vizioso. Quando ne parlo durante i processi, o vado in contesti pubblici come le scuole, pongo sempre una domanda ai ragazzi: «La libertà per voi è un valore importante?». Tutti dicono di sì. E io rispondo: «Allora perché vi avvolgete in un reticolo di dipendenze?».