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Migranti

Gualzetti: «No agli sbarchi selettivi»

Il direttore della Caritas sul caso Ong a Catania: «Come si fa a dire chi è fragile e chi no? Per mandare un messaggio pur legittimo all’Europa si usa uno strumento sbagliato e inumano»

di Claudio Urbano

10 Novembre 2022
La nave Geo Barents nel porto di Catania (foto Ansa /Sir)

Le navi delle Ong fermate prima in acque internazionali e poi nel porto di Catania, prima di far sbarcare i migranti, sono solo l’ultimo evento di un tema che è strutturale. E dunque «spiace che si usino questi episodi per lanciare messaggi anche legittimi all’Europa», osserva il direttore di Caritas Ambrosiana Luciano Gualzetti, che boccia la linea inizialmente seguita dal Governo di uno sbarco selettivo dei migranti, per la quale si sarebbe scelto chi sbarcare, previa verifica della condizione di fragilità. «Chi è in uno stato di salvataggio va sbarcato sempre e comunque», scandisce Gualzetti, che domanda: «Come si fa a dire che quelli che vengono salvati non sono tutti in condizione di fragilità? È una linea che è inumana per definizione, perché se salvi delle persone, le salvi fino in fondo».

Il direttore della Caritas segnala peraltro come questo ostacolo all’approdo sia stato posto solo verso le navi delle Organizzazioni non governative: cosa «intollerabile perché si usa lo strumento sbagliato» per segnalare una posizione (riguardo la compartecipazione dell’Europa all’accoglienza) «che è anche legittima» ribadisce Gualzetti.

«Un processo da governare con intelligenza»

Luciano Gualzetti

E di fronte al rischio di un fastidio o della stanchezza da parte dell’opinione pubblica rispetto a situazioni che sembrano ripetersi ciclicamente, il direttore della Caritas ricorda l’importanza di «aiutare a non vedere il flusso dei migranti come un fenomeno emergenziale o che appare a seconda degli interessi elettorali», ma come un processo «che va governato dall’inizio alla fine con intelligenza e lungimiranza, non a pezzi o guardando solo agli sbarchi» (a tal proposito Gualzetti ricorda che l’approccio di Caritas va sempre oltre l’emergenza, preoccupandosi sempre del processo di accoglienza e integrazione). «Bisogna quindi spingere sui corridoi umanitari (leggi qui) – sottolinea -, ma aprire anche gli arrivi secondo il meccanismo delle quote; noi abbiamo molti posti di lavoro che non riescono a essere riempiti perché manca la manodopera e mancano tante possibilità. Una gestione più intelligente – conclude Gualzetti – risolverebbe tanti di questi problemi, mentre questo modo di fare emergenziale crea ulteriori problemi al posto di risolverli».