Il settore del lavoro domestico ha rappresentato, soprattutto negli anni 2000, uno dei principali bacini di nuova occupazione. Anche negli anni della forte crisi è stato, secondo fonti Istat, l’ambito di occupazione che è aumentato del 30,5% a fronte di un incremento medio del 10,9%.
Su 2,5 milioni di nuovi posti di lavoro sorti in più di venti anni, 334.000 (il 13,3%) sono stati creati grazie alle famiglie italiane. Nel 2022 il lavoro domestico ha dato lavoro a 1.429.000 collaboratori, contribuendo al 5,6% dell’occupazione nazionale e continua a rivestire a tutt’oggi un ruolo centrale sul versante economico e occupazionale, ma soprattutto sociale, nonostante non trovi adeguato riscontro in termini di reputazione, nelle manovre politiche a supporto dei lavoratori e delle famiglie.
Il lavoro domestico continua, al contrario, ad essere considerato per varie ragioni, un lavoro “diverso” dagli altri: ne è la prova la sistematica esclusione da misure e provvedimenti rivolti a lavoratori e famiglie, forse proprio in considerazione della specifica natura del soggetto datoriale e del tipo di lavoro svolto.
Eppure la rete di circa un milione e mezzo di collaboratori svolge un ruolo decisivo nel dare risposta ad una serie di bisogni delle famiglie quali il supporto all’infanzia, alla non autosufficienza, bisogni che ormai i servizi pubblici non riescono più a soddisfare adeguatamente.
I dati Inps
I dati Inps fotografano nell’intervallo 2013-2022 una crescente centralità del lavoro di assistenza agli anziani e alle persone non autosufficienti. Tra il 2013 e il 2022, a fronte dell’incremento del numero delle badanti, passate da 372.480 a 429.426 (+15,3%), si registra una contrazione di quello delle colf e delle baby-sitter, passate invece da 593.510 a 464.873 (-21,7%). Se nel 2013, le badanti rappresentavano il 38,6% dell’occupazione di settore, nel 2022, la percentuale è arrivata al 46,9%;
In particolare aumenta il coinvolgimento degli italiani nel lavoro domestico, anche a seguito dell’acquisizione della nazionalità da parte degli stranieri che risiedono da tempo nel Paese: il numero di occupati di origine straniera diminuisce del 18,3%, quello degli italiani aumenta di misura (+33%), portandone l’incidenza dal 21,2% del 2013 al 30,1% del 2022;
I dati preoccupanti iniziano ad emergere quando si parla della tipologia di occupazione e della retribuzione:
Quello di collaborazione resta un rapporto di lavoro ancora molto “fragile”: solo il 44,2% lavora 50 settimane l’anno, mentre quasi un quarto (23,2%) non supera la soglia delle 20 settimane. Sotto il profilo retributivo i numeri restituiscono addirittura una condizione ai limiti della sopravvivenza: il 26,5% dei collaboratori ha una retribuzione media annua inferiore ai 3.000 euro e solo il 14,6% si colloca sopra i 13.000 euro. Va però ricordato che i dati Inps presentano limiti informativi parziali dovuti al rilevante livello di sommerso che continua a caratterizzare il settore e che si configura, in moltissimi casi, nella dichiarazione di un numero di ore o giornate lavorate inferiore a quante effettivamente svolte. Nel 2020 il tasso di irregolarità stimato dall’Istat era del 51,7% a fronte di un valore medio del 12%. Nel settore delle collaborazioni domestiche infatti si concentra ben il 35,6% dell’occupazione irregolare in Italia. Ma l’analisi effettuata sull’ultimo decennio evidenzia un’ulteriore tendenza che va rafforzandosi e cioè la crescente specializzazione dei profili professionali e la loro conseguente polarizzazione.
Dato che, purtroppo, vanno rafforzarsi ulteriormente anche nel 2023, anno nel quale l’INPS riconferma il calo dei lavoratori domestici regolarizzati e diverse ricerche nell’ambito fanno emergere che nei primi 6 mesi la spesa che le famiglie hanno sostenuto per i servizi domestici è mediamente aumentata di 58 euro/mese (+7,8%). Tale balzo in avanti ha causato ricadute sulla spesa, diventata insostenibile per ben il 36,9% delle famiglie.
Il settore delle collaborazioni
Come spiega Paolo Ricotti, presidente della SafAcli Milano–Gestione Lavoro domestico: «Dopo l’approvazione della legge delega 33 del 2003 sulla non autosufficienza delle persone anziane in Italia, che riguarda 7 milioni di persone in Italia e le loro famiglie, siamo in attesa della Legge Delega che concretamente aiuti le famiglie. Sono sufficienti 527,16€ mensili per soddisfare le esigenze di assistenza/accompagnamento di un anziano invalido non autosufficiente? Chiunque abbia esperienza di invalido non autosufficiente in casa sa bene che non bastano nemmeno 1.000 euro mensili per garantirsi i servizi di cura e assistenza di un/una “badante”. Le famiglie vanno infatti aiutate, subito, con sgravi fiscali e contributivi, con compartecipazione ai costi strutturali, individuando Reti che le aiutino al matching . Il Governo dopo aver inserito nella prima bozza del Decreto Lavoro l’aumento delle deduzioni a 3.000 euro, lo ha tolto: questo è un segnale di grave disattenzione rispetto a milioni di famiglie e di lavoratrici e lavoratori».
Nel 2022 il settore delle collaborazioni ha registrato una flessione occupazionale di quasi 100 mila occupati. Oltre al caro vita e ad un fisiologico ridimensionamento successivo all’emersione introdotta con il Decreto Legislativo n.52/2020, che aveva prodotto un netto incremento del numero di collaboratori- poi persi-, pesa anche l’innalzamento dell’età media dei collaboratori. Un fenomeno, quest’ultimo, che determinerà un fabbisogno crescente di nuovi collaboratori nei prossimi anni. Basti pensare che, negli ultimi dieci anni, la percentuale di collaboratori con più di 50 anni è passata dal 34,6% del 2013 al 52% del 2022. E per quanto riguarda le badanti tocca il 62,2%.
Per poter sostenere economicamente le famiglie, ma anche per porre un argine al dilagare del lavoro sommerso, occorre modificare la fiscalità introducendo misure di deducibilità fiscale più elevata e parallelamente prestazioni a sostegno della non autosufficienza per riuscire alleviare le famiglie dal costo che oggi sostengono da sole, con le proprie forze. Spesso si tratta di spese irrinunciabili che sempre più non possono permettersi. È quindi fondamentale che a fianco della deducibilità fiscale si dia spazio ad un assegno più sostanzioso contando che ora anche l’emergenza inflazione ha iniziato a pesare sulle famiglie italiane determinando un ulteriore aumento medio del costo dei servizi di assistenza e il conseguente incremento del lavoro irregolare (nella migliore delle ipotesi) o del fai da te penalizzando l’assistenza.