Share

Accoglienza

Farzad e Fareshta, con passo veloce nei «corridoi lavorativi»

Lui odontoiatra, lei web designer, sono tra i nove afghani giunti in Italia con la nuova formula studiata per i rifugiati. Sono ospiti a Figino Serenza e le loro competenze professionali possono accelerarne l'inserimento

di Claudio URBANO

30 Maggio 2023
Farzad e Fareshta ospiti a Figino Serenza

«Ciao, come va?». È stato sorpreso, don Alberto Colombo, quando Farzad e Fareshta gli hanno rivolto queste prime parole in italiano, «e anche – nota – con la giusta intonazione». Del resto, dietro a questo semplice saluto c’è un lavoro di squadra, svela il parroco della comunità di Figino Serenza, nel Comasco, dove la coppia di afghani sarà ospitata.

I due giovani sposi hanno infatti studiato l’italiano quando erano ancora profughi in Pakistan, per essere pronti a inserirsi nel mondo del lavoro in Italia. Lui odontoiatra, lei web designer, come gli altri connazionali arrivati da pochissimi giorni in Italia Farzad e Fareshta si sono formati e hanno lavorato in Afghanistan, prima di rifugiarsi in Pakistan a causa del ritorno al potere dei Talebani. Una vita interrotta anche sotto l’aspetto della professione, dunque, che però ora può riprendere con slancio, anche da un posto di lavoro.

La formula

È la formula dei «corridoi lavorativi», progetto pilota di Caritas (nove le persone giunte ora, ma a breve arriveranno gruppi più numerosi) che fa fare un passo in avanti al modello ormai consolidato dei «corridoi umanitari», attraverso cui entrano in Italia in modo protetto profughi in condizioni di particolare fragilità. «Per tutti cerchiamo un contesto della comunità ospitante che apra a un buon percorso di integrazione; in questo caso si è aggiunta la fase di matching lavorativo», chiarisce Oliviero Forti, responsabile Immigrazione di Caritas italiana.

Un percorso possibile grazie all’impegno di più attori (dalla Caritas all’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, dall’Agenzia per il lavoro “Mestieri” alla onlus Pangea, fino alle istituzioni), e che ai rifugiati ha richiesto pazienza: «Per rafforzare la loro conoscenza dell’italiano si sono dovuti fermare ancora diversi mesi in Pakistan, seguendo intanto le lezioni online con insegnanti che abbiamo individuato ad hoc», precisa Forti. Ad attenderli in Italia non solo le aziende o i corsi con cui completeranno la formazione, ma anche le parrocchie che hanno aperto le porte all’accoglienza. Scelte tra quelle che hanno manifestato la disponibilità a ospitare, «tenendo conto anche della vicinanza alla futura sede di lavoro», spiega suor Cristina Ripamonti di Caritas Ambrosiana.

La mappa dell’ospitalità

Farzad inizierà dunque in uno studio dentistico come assistente di poltrona. Mustapha e Fawzia – lui ingegnere, lei laureata in legge – vivranno in un appartamento gestito dal Consorzio Farsi Prossimo a Milano, nella zona di Affori. C’è poi Safia, «una giovane e brillante informatica», racconta suor Cristina. Lei sarà ospitata a Sesto San Giovanni, dalla parrocchia di Santo Stefano. «Abbiamo altri due appartamenti, uno destinato a uomini soli, l’altro in cui vive una famiglia di egiziani, con una bambina – riassume don Roberto Davanzo, parroco a Sesto e già direttore di Caritas Ambrosiana -. Dato che stava crescendo l’esperienza dei corridoi umanitari, già dal 2018, ospitando alcune donne eritree, abbiamo pensato di impegnarci anche in questa direzione».

Era pronta all’accoglienza anche la comunità di Figino Serenza, dove è peraltro molto radicata l’esperienza missionaria dell’Operazione Mato Grosso. «Naturalmente questi sono ancora i primissimi giorni, ma la voglia di questi due giovani di “buttarsi” ci ha davvero sorpreso – ribadisce don Alberto -. In loro leggo l’atteggiamento di chi sente che ormai è finito il tempo in cui doveva temere anche per la propria vita». «È una prima volta anche per noi, e naturalmente ci auguriamo che il percorso di integrazione sia facilitato dall’immediato inserimento lavorativo», gli fa eco suor Cristina, esprimendo la speranza che la nuova esperienza dei corridoi lavorativi aiuti tutta la comunità a guardare con altri occhi un fenomeno pur complessissimo come quello delle migrazioni.

Anche in questo caso, naturalmente, l’integrazione avverrà in modo graduale. «Ci metteremo al loro passo», assicura don Alberto, mentre confida l’impressione che il passo di questi giovani sposi sia davvero veloce.

Leggi anche:

«Corridoi lavorativi», un aiuto oltre la sicurezza

Afghani a Milano grazie ai «corridoi lavorativi»

Accogliere e integrare: nascono i «corridoi lavorativi»