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Cattolici e politica

Un’Agenda di speranza per Milano

Le riflessioni emerse alla Settimana sociale svoltasi recentemente a Reggio Calabria interpellano ora la Diocesi

di Pino NARDI Redazione

25 Ottobre 2010

Speranza per il futuro. Dai cattolici italiani giunge un messaggio esigente al Paese, critico, ma anche carico di disponibilità a proseguire un impegno concreto per il bene comune, che poche volte raggiunge le prima pagine dei giornali. La Settimana sociale, che si è svolta a Reggio Calabria la settimana scorsa, rappresenta un’occasione per definire un’agenda che interroga anche Milano e la Diocesi, terra di avanguardia, perché qui i fenomeni spesso si vivono prima che altrove.
Ma quale bilancio si può tracciare? Ne parliamo con alcuni membri della delegazione ambrosiana. «Partirei dal positivo – risponde monsignor Eros Monti, vicario per la Vita sociale -. Mi ha colpito la partecipazione dei 1200 delegati rappresentativi di una comunità cristiana non al margine dell’ambito sociale o semplice spettatrice, ma partecipe con intelligenza e passione del difficile momento che attraversiamo e attenta alle attuali emergenze». Anche il metodo usato è da sottolineare: «Sì, mi è parso particolarmente positivo – continua -: suggeriva di partire da snodi concreti, da aspetti problematici della società (dal lavoro ai migranti, dall’educare alle riforme istituzionali) come punto di riferimento per un confronto tra esperienze e riflessioni diversificate e, proprio per questo, arricchenti. Avrei dato più spazio alle assemblee tematiche, perché abbiamo grande bisogno di continuare a dialogare, a confrontarci, a lavorare insieme, grazie anche alla dottrina sociale della Chiesa. Chiediamoci: per quanti, oggi, essa è davvero un punto di riferimento? E quanto, soprattutto, i credenti sono consapevoli che anche la vita sociale – il vissuto quotidiano in famiglia, nel lavoro, nella professione, nel quartiere – è luogo in cui la fede può incarnarsi e accrescersi?».
Una Settimana che ha affrontato problemi concreti a partire dal lavoro. «Ho partecipato al gruppo sull’intraprendere – racconta don Walter Magnoni, collaboratore del Servizio per la Vita sociale – dove ci si è posti quattro domande: come ridurre la precarietà e i privilegi nel mercato del lavoro, aumentandone partecipazione, flessibilità, eterogeneità? Quali politiche fiscali per sostenere la famiglia con figli? Come ridistribuire “orizzontalmente” la pressione fiscale? Come sostenere la crescita delle imprese? Su ciascuna domanda ci si soffermati con proposte molto concrete e facendo conoscere realtà che già si stanno muovendo, soprattutto tramite esperienze d’imprenditoria sociale anche nel Mezzogiorno. È emerso il nodo cruciale del rapporto giovani-lavoro, ambito da ripensare con urgenza lavorando sul duplice fronte della scuola e dell’impresa. Molto dibattuta la questione fiscale con diversi interventi per suggerire misure concrete per favorire il pagamento delle tasse».
Sull’inclusione ha riflettuto Paola Pessina, rappresentante della Diocesi nel Cda del Policlinico ed ex amministratore pubblico: «È emersa la percezione che la Chiesa marca la differenza: se ha senso dire – e sicuramente ne ha – che il principio della vita è “non negoziabile”, è chiaro che non riguarda soltanto l’inizio e il fine vita, ma tutte le situazioni in cui gli esseri umani si trovano. Questo ci rende capaci perciò di continuare a tenere alta una voce che è profetica». In particolare su come riconoscere la cittadinanza ai figli di stranieri che nascono in Italia: «La cittadinanza non può essere un regalo, è un percorso di consapevolezza che ogni cittadino è tenuto a fare. Questo induce a chiederci dove un giovane anche italiano può acquisire la consapevolezza di appartenere in maniera attiva a una comunità nazionale. Credo che farebbe bene anche a tanti nostri giovani che invece nelle piccole patrie e nei separatismi sembrano leggere un futuro che in realtà li condannerebbe a un’assoluta marginalità».
Quale percorso allora fare a livello istituzionale in una stagione di transizione infinita? «Per giungere a un auspicabile “bipolarismo maturo” occorre superare le due grandi anomalie presenti nella legge elettorale: non solo le “liste bloccate”, ma anche il “premio di maggioranza”», sottolinea Gianni Bottalico, presidente delle Acli di Milano, Monza e Brianza. «Il cosiddetto “federalismo” implica anche una dimensione “orizzontale” – sottolinea -. Le associazioni del Terzo settore sono consapevoli del ruolo che possono svolgere sia nella direzione di un nuovo Welfare sia collaborando con le istituzioni per gestire le nuove emergenze sociali. L’enfasi che viene posta, anche all’estero, su una società sempre più adulta in cui il ruolo dello Stato tende a ridursi quando non a ritirarsi, contiene più di una suggestione positiva e dischiude nuove sfide. Purché ciò non venga inteso come disimpegno del settore pubblico o rassegnazione al definitivo tramonto del modello sociale europeo».
I contenuti emersi a Reggio come si possono tradurre in Diocesi? Risponde monsignor Monti: «Potremmo passare a stilare un’analoga “agenda” per la Diocesi, a partire da quanto avvertiamo come più urgente. Quanto alle modalità, i Gruppi di animazione sociale che proponiamo come occasione di incontro, confronto e sensibilizzazione del territorio, a partire dai nostri decanati, potrebbero essere gli ambiti di continuità più adatti». Speranza per il futuro. Dai cattolici italiani giunge un messaggio esigente al Paese, critico, ma anche carico di disponibilità a proseguire un impegno concreto per il bene comune, che poche volte raggiunge le prima pagine dei giornali. La Settimana sociale, che si è svolta a Reggio Calabria la settimana scorsa, rappresenta un’occasione per definire un’agenda che interroga anche Milano e la Diocesi, terra di avanguardia, perché qui i fenomeni spesso si vivono prima che altrove.Ma quale bilancio si può tracciare? Ne parliamo con alcuni membri della delegazione ambrosiana. «Partirei dal positivo – risponde monsignor Eros Monti, vicario per la Vita sociale -. Mi ha colpito la partecipazione dei 1200 delegati rappresentativi di una comunità cristiana non al margine dell’ambito sociale o semplice spettatrice, ma partecipe con intelligenza e passione del difficile momento che attraversiamo e attenta alle attuali emergenze». Anche il metodo usato è da sottolineare: «Sì, mi è parso particolarmente positivo – continua -: suggeriva di partire da snodi concreti, da aspetti problematici della società (dal lavoro ai migranti, dall’educare alle riforme istituzionali) come punto di riferimento per un confronto tra esperienze e riflessioni diversificate e, proprio per questo, arricchenti. Avrei dato più spazio alle assemblee tematiche, perché abbiamo grande bisogno di continuare a dialogare, a confrontarci, a lavorare insieme, grazie anche alla dottrina sociale della Chiesa. Chiediamoci: per quanti, oggi, essa è davvero un punto di riferimento? E quanto, soprattutto, i credenti sono consapevoli che anche la vita sociale – il vissuto quotidiano in famiglia, nel lavoro, nella professione, nel quartiere – è luogo in cui la fede può incarnarsi e accrescersi?».Una Settimana che ha affrontato problemi concreti a partire dal lavoro. «Ho partecipato al gruppo sull’intraprendere – racconta don Walter Magnoni, collaboratore del Servizio per la Vita sociale – dove ci si è posti quattro domande: come ridurre la precarietà e i privilegi nel mercato del lavoro, aumentandone partecipazione, flessibilità, eterogeneità? Quali politiche fiscali per sostenere la famiglia con figli? Come ridistribuire “orizzontalmente” la pressione fiscale? Come sostenere la crescita delle imprese? Su ciascuna domanda ci si soffermati con proposte molto concrete e facendo conoscere realtà che già si stanno muovendo, soprattutto tramite esperienze d’imprenditoria sociale anche nel Mezzogiorno. È emerso il nodo cruciale del rapporto giovani-lavoro, ambito da ripensare con urgenza lavorando sul duplice fronte della scuola e dell’impresa. Molto dibattuta la questione fiscale con diversi interventi per suggerire misure concrete per favorire il pagamento delle tasse».Sull’inclusione ha riflettuto Paola Pessina, rappresentante della Diocesi nel Cda del Policlinico ed ex amministratore pubblico: «È emersa la percezione che la Chiesa marca la differenza: se ha senso dire – e sicuramente ne ha – che il principio della vita è “non negoziabile”, è chiaro che non riguarda soltanto l’inizio e il fine vita, ma tutte le situazioni in cui gli esseri umani si trovano. Questo ci rende capaci perciò di continuare a tenere alta una voce che è profetica». In particolare su come riconoscere la cittadinanza ai figli di stranieri che nascono in Italia: «La cittadinanza non può essere un regalo, è un percorso di consapevolezza che ogni cittadino è tenuto a fare. Questo induce a chiederci dove un giovane anche italiano può acquisire la consapevolezza di appartenere in maniera attiva a una comunità nazionale. Credo che farebbe bene anche a tanti nostri giovani che invece nelle piccole patrie e nei separatismi sembrano leggere un futuro che in realtà li condannerebbe a un’assoluta marginalità».Quale percorso allora fare a livello istituzionale in una stagione di transizione infinita? «Per giungere a un auspicabile “bipolarismo maturo” occorre superare le due grandi anomalie presenti nella legge elettorale: non solo le “liste bloccate”, ma anche il “premio di maggioranza”», sottolinea Gianni Bottalico, presidente delle Acli di Milano, Monza e Brianza. «Il cosiddetto “federalismo” implica anche una dimensione “orizzontale” – sottolinea -. Le associazioni del Terzo settore sono consapevoli del ruolo che possono svolgere sia nella direzione di un nuovo Welfare sia collaborando con le istituzioni per gestire le nuove emergenze sociali. L’enfasi che viene posta, anche all’estero, su una società sempre più adulta in cui il ruolo dello Stato tende a ridursi quando non a ritirarsi, contiene più di una suggestione positiva e dischiude nuove sfide. Purché ciò non venga inteso come disimpegno del settore pubblico o rassegnazione al definitivo tramonto del modello sociale europeo».I contenuti emersi a Reggio come si possono tradurre in Diocesi? Risponde monsignor Monti: «Potremmo passare a stilare un’analoga “agenda” per la Diocesi, a partire da quanto avvertiamo come più urgente. Quanto alle modalità, i Gruppi di animazione sociale che proponiamo come occasione di incontro, confronto e sensibilizzazione del territorio, a partire dai nostri decanati, potrebbero essere gli ambiti di continuità più adatti». – – Magatti: occorre un nuovo modello di sviluppo