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Giovani e società

I minori più poveri?

Tra cambiamenti e difficoltà, il Rapporto Eurispes - Telefono Azzurro -

di Andrea CASAVECCHIA Redazione

5 Luglio 2010

Ha compiuto 10 anni il “Rapporto nazionale sulla condizione dell’infanzia e l’adolescenza in Italia”, che pubblicano insieme l’Eurispes e il Telefono Azzurro. Il dossier mostra un contesto variegato che ha subito alcune trasformazioni in questo ultimo decennio dall’avvento del telefono cellulare e di Internet, che hanno dato un’accelerazione ipertecnologica di massa, a quello della società multietnica che immerge l’universo giovanile nel panorama della diversità culturale. Sono stati tanti i cambiamenti, ma rimane stabilmente alto il rischio di povertà infantile.
Dal dossier emerge anche un grido d’allarme. Nel nostro Paese risulta povero un bambino su quattro: il 25% dei minori italiani, contro il 17% dei francesi e il 15% dei tedeschi. La questione è ancora più grave perché, confrontando i dati dell’ultimo decennio, «pur essendo stati predisposti e, in parte, concretamente realizzati, gli interventi tesi a mitigare il rischio di povertà infantile non hanno generato benefici significativi», come dichiarano Eurispes e Telefono Azzurro.
Ridurre il tasso di povertà dei minori è un obiettivo fondamentale per un Paese che vuole promuovere la crescita dei propri cittadini. Non c’è in ballo soltanto un diritto di uguaglianza nel presente che vorrebbe vedere tutti godere di un relativo benessere e vivere una vita dignitosa, ma c’è anche un diritto di uguaglianza nel futuro, perché, senza ridurre il rischio di povertà nel primo periodo della vita, le varie analisi sottolineano che il gap dei più svantaggiati nei confronti degli altri bambini crescerà sempre in modo esponenziale, in quanto la povertà pesa sul futuro e non solo sul presente.
Un minore in difficoltà avrà un ventaglio di opportunità molto inferiore rispetto a un suo coetaneo, ed estremamente ridotte saranno anche le sue possibilità di scelta. Per un bambino povero andare al cinema, utilizzare un telefonino, frequentare una palestra, comprare un libro di racconti è più raro, così come scegliere di proseguire gli studi dopo il primo ciclo di scuole secondarie (le medie) o ancora evitare di abbandonarli dopo qualche insuccesso hanno una probabilità limitata.
Occupandosi di minori il dossier collega il tema alla scarsa capacità delle politiche sociali italiane di promuovere la famiglia come protagonista di inclusione sociale, sottolineando come in Europa il Paese «risulti agli ultimissimi posti in termini di spesa pro capite per trasferimenti familiari, il cui valore medio nel decennio 1997-2007 è stato di 215 euro, con un tasso di crescita medio annuo del 4,6%». L’impegno economico verso la famiglia è una goccia nel mare rispetto a quanto investono il Regno Unito (466 euro) o la Francia (623 euro) e la Germania (777 euro). Finisce che siano le famiglie con meno possibilità, che poi in Italia sono anche quelle con i figli, a farne le spese. E a pagare il costo maggiore sono i minori.
Abbiamo un debito verso il futuro di questi ragazzi e di tutto il Paese. L’Europa ha dedicato il 2010 alla “Lotta alla povertà e all’esclusione sociale”: ridurre in modo strutturale il tasso di povertà dei minori italiani potrebbe essere un obiettivo fondamentale verso il quale far convergere gli sforzi delle varie realtà sociali, amministrative e politiche. Ha compiuto 10 anni il “Rapporto nazionale sulla condizione dell’infanzia e l’adolescenza in Italia”, che pubblicano insieme l’Eurispes e il Telefono Azzurro. Il dossier mostra un contesto variegato che ha subito alcune trasformazioni in questo ultimo decennio dall’avvento del telefono cellulare e di Internet, che hanno dato un’accelerazione ipertecnologica di massa, a quello della società multietnica che immerge l’universo giovanile nel panorama della diversità culturale. Sono stati tanti i cambiamenti, ma rimane stabilmente alto il rischio di povertà infantile.Dal dossier emerge anche un grido d’allarme. Nel nostro Paese risulta povero un bambino su quattro: il 25% dei minori italiani, contro il 17% dei francesi e il 15% dei tedeschi. La questione è ancora più grave perché, confrontando i dati dell’ultimo decennio, «pur essendo stati predisposti e, in parte, concretamente realizzati, gli interventi tesi a mitigare il rischio di povertà infantile non hanno generato benefici significativi», come dichiarano Eurispes e Telefono Azzurro.Ridurre il tasso di povertà dei minori è un obiettivo fondamentale per un Paese che vuole promuovere la crescita dei propri cittadini. Non c’è in ballo soltanto un diritto di uguaglianza nel presente che vorrebbe vedere tutti godere di un relativo benessere e vivere una vita dignitosa, ma c’è anche un diritto di uguaglianza nel futuro, perché, senza ridurre il rischio di povertà nel primo periodo della vita, le varie analisi sottolineano che il gap dei più svantaggiati nei confronti degli altri bambini crescerà sempre in modo esponenziale, in quanto la povertà pesa sul futuro e non solo sul presente.Un minore in difficoltà avrà un ventaglio di opportunità molto inferiore rispetto a un suo coetaneo, ed estremamente ridotte saranno anche le sue possibilità di scelta. Per un bambino povero andare al cinema, utilizzare un telefonino, frequentare una palestra, comprare un libro di racconti è più raro, così come scegliere di proseguire gli studi dopo il primo ciclo di scuole secondarie (le medie) o ancora evitare di abbandonarli dopo qualche insuccesso hanno una probabilità limitata.Occupandosi di minori il dossier collega il tema alla scarsa capacità delle politiche sociali italiane di promuovere la famiglia come protagonista di inclusione sociale, sottolineando come in Europa il Paese «risulti agli ultimissimi posti in termini di spesa pro capite per trasferimenti familiari, il cui valore medio nel decennio 1997-2007 è stato di 215 euro, con un tasso di crescita medio annuo del 4,6%». L’impegno economico verso la famiglia è una goccia nel mare rispetto a quanto investono il Regno Unito (466 euro) o la Francia (623 euro) e la Germania (777 euro). Finisce che siano le famiglie con meno possibilità, che poi in Italia sono anche quelle con i figli, a farne le spese. E a pagare il costo maggiore sono i minori.Abbiamo un debito verso il futuro di questi ragazzi e di tutto il Paese. L’Europa ha dedicato il 2010 alla “Lotta alla povertà e all’esclusione sociale”: ridurre in modo strutturale il tasso di povertà dei minori italiani potrebbe essere un obiettivo fondamentale verso il quale far convergere gli sforzi delle varie realtà sociali, amministrative e politiche.