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1 luglio

Europa, ci saranno sorprese?

Da oggi la presidenza belga dell'Unione

di Gianni BORSA Redazione

1 Luglio 2010

“Insieme, per un’Europa in azione”: la presidenza di turno belga dell’Unione europea prende avvio il 1° luglio sotto il segno di un significativo afflato europeista, tipico del Paese, che peraltro non può fare a meno di misurarsi con il difficile momento interno. Dopo le recenti elezioni legislative, si sta cercando di rilanciare lo Stato federale, mentre la comunità fiamminga, quella vallona e quella che vive nella capitale sembrano marciare su strade differenti. A Bruxelles si avverte l’importanza del ruolo-guida europeo, ma allo stesso tempo esso appare indebolito dalle divisioni fra le tre anime geografiche, culturali e linguistiche del Belgio odierno.
Il testimone della presidenza semestrale Ue è stato ricevuto dalla Spagna, Paese che, pur tra mille problemi a casa propria (crisi economica, perdita di appeal da parte del governo in carica), ha gestito con una certa efficacia e autorevolezza il proprio ruolo. «È stato un periodo di grande importanza per l’Europa», ha spiegato José Luis Zapatero tracciando un bilancio della presidenza, in cui «si è dovuto intervenire con determinazione in due settori prioritari: la piena ed efficace applicazione del Trattato di Lisbona e l’adozione delle politiche e misure necessarie per far fronte a tutti gli aspetti della crisi».
In effetti la prima metà del 2010 è stata pesantemente segnata dal tentativo di far fronte alla recessione, cercando di coordinare le risposte finanziarie, di controllare i bilanci statali, di avviare una forma più stretta di governance economica. Il summit del 17 giugno ha portato anche all’approvazione della strategia Europa 2020 per la crescita e l’occupazione. L’Ue ha sostanzialmente cercato di muoversi con una maggiore concertazione, sollecitata dagli eventi esterni di carattere economico-finanziario, politico, ambientale. Le posizioni comuni portate dall’Ue al G8 e al G20 svoltisi in Canada, pur nella modestia dei risultati complessivamente raggiunti, hanno segnato una nuova, piccola, tappa della presenza comunitaria sulla scena mondiale.
Ora, nel programma della presidenza belga che resterà al timone dei Ventisette fino alla fine dell’anno, figurano numerosi – forse troppi – grandi obiettivi. Nelle 52, fitte pagine stese dal governo uscente, appaiono varie “priorità socio-economiche” (tra cui la supervisione finanziaria, l’economia sostenibile, le pari opportunità, il sostegno alle politiche industriali, la ricerca e l’innovazione…), la coesione sociale, le iniziative per la difesa dell’ambiente e la lotta ai cambiamenti climatici, i temi della libertà, della sicurezza e delle migrazioni, le politiche esterne. La protezione dei diritti e un “no” deciso al protezionismo vorrebbero caratterizzare lo spirito col quale Bruxelles dirigerà tutti gli altri Paesi partner.
La presidenza di turno potrà fra l’altro contare sul fatto che il “presidente stabile” del Consiglio Ue è proprio un belga, l’ex premier Herman van Rompuy. Il quale, però, teme a sua volta di dover svolgere un ruolo di supplenza rispetto a una politica nazionale latitante. Se il Belgio ha bisogno di una guida sicura e unitaria, l’Unione europea non è da meno: l’intersecarsi di queste due esigenze potrebbe portare delle sorprese, che ci si augura positive.
“Insieme, per un’Europa in azione”: la presidenza di turno belga dell’Unione europea prende avvio il 1° luglio sotto il segno di un significativo afflato europeista, tipico del Paese, che peraltro non può fare a meno di misurarsi con il difficile momento interno. Dopo le recenti elezioni legislative, si sta cercando di rilanciare lo Stato federale, mentre la comunità fiamminga, quella vallona e quella che vive nella capitale sembrano marciare su strade differenti. A Bruxelles si avverte l’importanza del ruolo-guida europeo, ma allo stesso tempo esso appare indebolito dalle divisioni fra le tre anime geografiche, culturali e linguistiche del Belgio odierno.Il testimone della presidenza semestrale Ue è stato ricevuto dalla Spagna, Paese che, pur tra mille problemi a casa propria (crisi economica, perdita di appeal da parte del governo in carica), ha gestito con una certa efficacia e autorevolezza il proprio ruolo. «È stato un periodo di grande importanza per l’Europa», ha spiegato José Luis Zapatero tracciando un bilancio della presidenza, in cui «si è dovuto intervenire con determinazione in due settori prioritari: la piena ed efficace applicazione del Trattato di Lisbona e l’adozione delle politiche e misure necessarie per far fronte a tutti gli aspetti della crisi».In effetti la prima metà del 2010 è stata pesantemente segnata dal tentativo di far fronte alla recessione, cercando di coordinare le risposte finanziarie, di controllare i bilanci statali, di avviare una forma più stretta di governance economica. Il summit del 17 giugno ha portato anche all’approvazione della strategia Europa 2020 per la crescita e l’occupazione. L’Ue ha sostanzialmente cercato di muoversi con una maggiore concertazione, sollecitata dagli eventi esterni di carattere economico-finanziario, politico, ambientale. Le posizioni comuni portate dall’Ue al G8 e al G20 svoltisi in Canada, pur nella modestia dei risultati complessivamente raggiunti, hanno segnato una nuova, piccola, tappa della presenza comunitaria sulla scena mondiale.Ora, nel programma della presidenza belga che resterà al timone dei Ventisette fino alla fine dell’anno, figurano numerosi – forse troppi – grandi obiettivi. Nelle 52, fitte pagine stese dal governo uscente, appaiono varie “priorità socio-economiche” (tra cui la supervisione finanziaria, l’economia sostenibile, le pari opportunità, il sostegno alle politiche industriali, la ricerca e l’innovazione…), la coesione sociale, le iniziative per la difesa dell’ambiente e la lotta ai cambiamenti climatici, i temi della libertà, della sicurezza e delle migrazioni, le politiche esterne. La protezione dei diritti e un “no” deciso al protezionismo vorrebbero caratterizzare lo spirito col quale Bruxelles dirigerà tutti gli altri Paesi partner.La presidenza di turno potrà fra l’altro contare sul fatto che il “presidente stabile” del Consiglio Ue è proprio un belga, l’ex premier Herman van Rompuy. Il quale, però, teme a sua volta di dover svolgere un ruolo di supplenza rispetto a una politica nazionale latitante. Se il Belgio ha bisogno di una guida sicura e unitaria, l’Unione europea non è da meno: l’intersecarsi di queste due esigenze potrebbe portare delle sorprese, che ci si augura positive.