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Vicini ai cristiani dell’India

Dopo le violenze in Orissa, l'Arcivescovo raccomanda attenzione e preghiera per le sofferenze dei fratelli indiani, attraverso la partecipazione alla veglia organizzata dal Pime venerdì 5 settembre, alle 18, nella chiesa milanese di San Francesco Saverio. Un'occasione per chiedere anche alla politica italiana gesti che vadano oltre le generiche parole di solidarietà

3 Settembre 2008

03/09/2008

La Diocesi di Milano invita alla preghiera per i cristiani che in India, nello stato dell’Orissa, soffrono per la violenza che si è scatenata nei loro confronti: uccisione di preti e fedeli, distruzione di chiese, case e luoghi dove si opera la carità.

Per non restare indifferenti davanti a questi drammatici fatti, la Chiesa ambrosiana si raduna per una veglia di preghiera venerdì 5 settembre, alle 18, presso la chiesa di San Francesco Saverio (via Monte Rosa 81, Milano).

L’Arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, raccomanda da subito attenzione e soprattutto preghiera. Lo fa parlando ai sacerdoti decani della Diocesi, durante la loro “Tre giorni” nel Seminario di Venegono.

«Uno dei momenti più intensi del nostro pellegrinaggio in Russia è stata la visita a Butovo, dove sono state massacrate migliaia di persone, molte in ragione della loro fede. La Chiesa ortodossa li venera come martiri perché – avendo subito la morte violenta – sono assimilabili alla morte di Cristo. Questi martiri ci fanno pensare, preoccupare e soffrire anche per i martiri della Chiesa cattolica, in particolare oggi, alla luce degli ultimi tragici episodi legati alla persecuzione che in molti soffrono in India. Dobbiamo sostenere questi fratelli nella prova, anzitutto con la debolezza onnipotente della preghiera».

La veglia di preghiera e digiuno a Milano – come gesto di vicinanza ai cristiani dell’Orissa – è organizzata dal Centro di cultura e attività missionaria del Pime di Milano e prevista nel giorno in cui si celebra la festa liturgica della beata Madre Teresa di Calcutta. Un gesto per esprimere vicinanza alla Chiesa cattolica indiana, che per domenica 7 settembre ha indetto proprio una giornata di digiuno e preghiera in tutte le diocesi del Paese.

La veglia di digiuno e preghiera vuole dare attuazione alle parole di Benedetto XVI che mercoledì 27 agosto, all’udienza generale in Vaticano, ha pregato per i cristiani dell’Orissa affinché «il Signore li accompagni e sostenga in questo tempo di sofferenza e dia loro la forza di continuare nel servizio d’amore in favore di tutti».

Inoltre – nel giorno della festa della beata Madre Teresa di Calcutta – vuole porsi in ascolto della testimonianza luminosa che viene offerta anche in queste ore difficile dalle sue religiose: «E’ doloroso che le persone che noi serviamo, a cui facciamo del bene, facciano queste cose – ha dichiarato la Superiora delle Missionarie della Carità, suor Nirmala Joshi, commentando i fatti dell’Orissa -. Ma dobbiamo perdonare e andare avanti, con gli occhi fissi alla nostra missione».

L’iniziativa vuole infine essere anche un’occasione per denunciare il silenzio colpevole che finora (con l’eccezione delle testate cattoliche, in particolare missionarie) ha accompagnato il dramma dei cristiani dell’India. Perché quella dell’Orissa è una tragedia annunciata.

Nel maggio scorso la rivista missionaria Mondo e Missione aveva pubblicato un reportage dal titolo eloquente: Orissa, i perseguitati di serie B. In quelle pagine si denunciava con dovizia di particolari le sofferenze e le minacce contro i cristiani che continuavano anche mesi dopo i tragici fatti di Natale. E l’arcivescovo di Bhubaneswar Raphael Cheennah raccontava la solitudine del proprio gregge con una frase eloquente: «L’India di oggi è un mercato che fa gola a tutti. Ci sono grandi interessi economici, tutti vogliono avere buone relazioni con noi. In una situazione del genere ciò che accade alle minoranze non interessa a nessuno».

Venerdì 5 al Pime ci si incontrerà a pregare e digiunare anche per chiedere alla politica italiana gesti che vadano oltre le generiche parole di solidarietà. Ad esempio: dopo le violenze di dicembre il Governo locale ha impedito all’arcidiocesi di Bhubaneswar di ricevere aiuti dall’estero per ricostruire case, chiese e scuole bruciate. Gli organizzatori della veglia chiedono all’Italia di mobilitarsi perché – dopo la tragedia – non si ripeta anche questa beffa.