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Migrazioni, le impronte della paura

La Fondazione Cei Migrantes: misure inefficaci e discriminatorie, che fanno di immigrati e Rom il capro espiatorio dei mali e dei dissesti della nostra società. «Così non si tranquillizza la gente»

15 Luglio 2008

02/07/2008

«Non si comprende perché le impronte digitali vengano prelevate soltanto ai minori di questa minuscola etnia Rom, quando proprio in questi mesi si è spesso informati di bande minorili italiane, che scorrazzano per le vie e parchi delle nostre città lasciando tracce di violenza non solo verbali».

È quanto afferma la Fondazione Migrantes della Cei in un comunicato diffuso al termine di un corso di formazione svoltosi nei giorni scorsi a Verona. «Tutti sono chiamati a vivere in una società basata sui principi della legalità – si legge nel comunicato – e non vengono messe in discussione le sanzioni, valide per tutti coloro che escono dalla legalità».

Il rischio – secondo Migrantes – è che «l’adozione di misure severe abbia come diretto bersaglio solo alcune categorie come gli immigrati e i Rom che diventano facile capro espiatorio dei mali e dissesti della nostra società che hanno ben più profonde radici. Così non si tranquillizza la gente, non si smorza il clima di paura e di agitazione, ma lo si rende ancor più incandescente».

«Con forte preoccupazione – scrive ancora la Migrantes – si registra il persistere, anzi l’estendersi di un clima di tensione. In questo contesto si stanno predisponendo misure intese a rimuovere le paure degli italiani: si è invece convinti che queste misure, oltre a essere inefficaci, vadano in direzione contraria».

Migrantes, in particolare, denuncia «provvedimenti restrittivi e discriminatori che, prima ancora di essere attuati, destano allarme e agitazione generale con la previsione di tempi burrascosi per tutti: per chi è fatto bersaglio diretto di tali provvedimenti, per chi con maggiore o minore insistenza li ha reclamati e per tutta la nostra società italiana».

In altre parole, «si continua ad annunciare lo smantellamento dei campi Rom senza indicare sotto quale tetto essi possano sopravvivere; di voler tradurre una irregolarità amministrativa in un reato da inserire nel codice penale e prolungare, sia pure sotto copertura comunitaria, fino a 18 mesi la reclusione e poi la drastica espulsione di grandi masse di lavoratori che con un filo di speranza sono in cerca una qualche regolarizzazione; si vogliono compromettere di fatto le vie di accesso a chi chiede asilo o protezione umanitaria; si preannuncia, da parte del Parlamento europeo, la possibilità di reclusione ed espulsione anche dei minori non accompagnati e, da parte italiana, il prelievo delle impronte digitali ai bambini Rom».

Tutto questo, conclude Migrantes, «non significa smorzare le paure e dare tranquillità alla nostra gente, ma porre le premesse per riesumare una specie di xenofobia o peggio di discriminazione razziale, di cui anche in Italia si è fatta amara esperienza».