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Terza età

Anziani: l’assistenza possibile

Le strade percorribili oltre le Rsa: dall’indennità di accompagnamento agli interventi domiciliari. Ne parla il servizio di copertina de «Il Segno» di luglio/agosto

15 Agosto 2023
Foto Agenzia Fotogramma

Sono quasi 4 milioni gli italiani over 65 con autonomia ridotta, spesso fino alla totale non autosufficienza. Il Paese invecchia e i numeri sono destinati a salire: qual è la risposta? Per lo più è sempre la famiglia che riveste un ruolo chiave nell’assistenza agli anziani, spesso in maniera esclusiva. In Lombardia l’unica alternativa possibile pare essere la lungodegenza nelle Rsa, le Residenze sanitarie assistenziali: eppure le alternative ci sono, frammentarie e spesso poco conosciute dagli stessi specialisti.

I primi interventi

Ne parla il servizio di copertina del numero di luglio/agosto de Il Segno, con l’intervento di Mario Mozzanica, già docente all’Università cattolica e collaboratore della Fondazione opera aiuto fraterno. Il primo riferimento resta sempre il medico di medicina generale che, se riscontra una situazione di invalidità, può attivare l’Assistenza domiciliare integrata (Adi). È quindi previsto l’invio a domicilio di un’équipe (medico e assistente sociale) per una prima valutazione e un primo livello di assistenza domiciliare, con interventi generali. Quando l’équipe riscontra un’autonomia fortemente compromessa, allora può dare il via a una seconda valutazione che prevede interventi anche giornalieri, compresi il sabato e la domenica. Un’altra forma di sostegno alla non autosufficienza, indipendente dal reddito, è l’indennità di accompagnamento, erogata non dalla Regione, ma dallo Stato attraverso l’Inps.

Le cose non sono però semplici come sembrano. Spesso non si sa a chi rivolgersi e non tutti i medici di base conoscono i meccanismi di questi servizi. In Lombardia la Rsa è diventata essenzialmente una struttura che assiste persone gravemente non autosufficienti, sul piano sia fisico, sia cognitivo, una sorta di ospedale per lungodegenti. Ma esiste anche la formula dell’“Rsa aperta”: si può chiedere, sempre tramite il medico di base, un supporto ausiliario per alcune ore nella giornata e il servizio viene garantito dalla Rsa accreditata più vicina.

La speranza nella riforma

Ciò che risulta chiaro è la mancanza di strutture intermedie tra il domicilio e le Rsa: bisognerebbe implementare l’offerta della residenzialità assistita per quelle «situazioni in cui una persona anziana, che non può più stare a casa da sola, ma che non è gravemente compromessa, può essere accolta in un alloggio protetto con alcuni servizi garantiti», spiega Mozzanica.

Ora la speranza è una riforma, la «Legge delega 33/23 in materia di politiche in favore delle persone anziane» approvata lo scorso marzo, illustrata ne Il Segno da Cristiano Gori, ordinario di Politica sociale all’Università di Trento e promotore del «Patto per la non autosufficienza», un cartello delle principali organizzazioni del privato sociale impegnate nel settore.

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