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Istituto Toniolo

Ai giovani piacciono adozione e affido

Un’indagine nel contesto del prossimo “Rapporto” mostra come le coppie che non riescono ad avere figli preferiscano queste opzioni al ricorso alla fecondazione assistita. Un trend che conferma anche l’apertura del nostro Paese verso i “nati altrove”

4 Febbraio 2018

 

Se i giovani non riuscissero ad avere figli, cosa farebbero? Questo è uno degli interrogativi a cui ha risposto un’indagine in corso di pubblicazione sul prossimo Rapporto Giovani dell’Istituto Toniolo. Tra i 2256 giovani intervistati di età compresa tra i 20 e i 35 anni, più del 40% propenderebbero verso l’adozione o l’affido, mostrando una notevole apertura di fronte a queste opzioni generative, addirittura superiore rispetto al ricorso alle tecniche di fecondazione assistita. Contrariamente a un trend del nostro contesto socio-culturale in cui la dimensione sociale della genitorialità appare offuscata per una eccessiva enfasi sugli aspetti più affettivo-emotivi e per un diffuso appiattimento sul presente, si rintraccia nei giovani una propensione positiva verso la pratica dell’adozione e dell’affido, che al contrario mettono in luce proprio tale dimensione: essere genitori significa infatti in un’ultima analisi crescere le nuove generazioni, la società di domani, garantendo anche ai minori “nati altrove” un contesto di crescita adeguato.

E questi dati non ci sorprendono, vista la lunga tradizione di famiglie accoglienti nel nostro Paese. Nonostante un recente calo nelle adozioni internazionali registrato in tutti i Paesi occidentali e l’elevata età media dei bambini (attualmente di 5,9 anni), l’Italia con 2.216 minori adottati nel 2015 si conferma primo Paese di accoglienza in Europa e secondo Paese al mondo dopo gli Stati Uniti. Per completare questo quadro, dobbiamo aggiungere i circa 1.000 minori adottati ogni anno tramite i canali nazionali e i circa 14.000 bambini e ragazzi tra gli 0 e i 17 anni in affidamento familiare.

Adozione e affido dunque rappresentano modi piuttosto diffusi di “fare famiglia”. Su questi temi, presso il Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia, ormai da decenni si è focalizzata l’attenzione di un corposo filone di ricerca e molte iniziative formative. Ma a quali condizioni sono esperienze praticabili e di successo?

Nell’adozione e nell’affido, alla base del legame che si struttura tra genitori e figlio, è posta la differenza, innanzitutto genetica, cui si associa nei casi di minori stranieri anche la differenza etnica, spesso di lingua e di cultura. E il bambino rimane per sempre connesso a due famiglie: nell’adozione una reale e una, quella di origine, sempre presente sul piano simbolico, nell’affido entrambe reali e compresenti anche se in misura e modi assai differenti. È compito della famiglia adottiva far sì che il bambino possa sentirsi pienamente figlio dei genitori adottivi, appartenente a quella specifica famiglia e alla sua storia generazionale, pur riconoscendo che egli rimane, nel registro biologico, figlio di altri. Solo così il figlio adottivo potrà “approfittare” pienamente della cura e delle risorse che gli vengono offerte nel nuovo contesto familiare.

È compito della famiglia affidataria proteggere il legame del minore con la sua famiglia di origine, aiutandolo a recuperare quello che di positivo viene non solo dai suoi genitori naturali, ma anche dai parenti e dalle generazioni che li hanno preceduti: in ultima istanza, almeno il dono della vita. I genitori affidatari sono chiamati a elaborare le inevitabili tendenze appropriative o riparative che possono permeare la motivazione all’affido, al di là dell’autentico slancio pro sociale che lo caratterizza. L’affido implica per i genitori affidatari l’assunzione di una “genitorialità a termine”, accettando la temporaneità di tale rapporto fin dalla sua origine.

Senza tacere, dunque, gli elementi di sfida, è necessario sottolineare le straordinarie opportunità di queste pratiche di tutela all’infanzia, che rispondono al bisogno primario di ogni bambino, il bisogno di famiglia. Questo il significato più profondo dell’adozione e dell’affido: proteggere l’“essere figli”, condizione costitutiva e accomunante tutti gli esseri umani.

Rosa Rosnati, Raffaella Iafrate ed Elena Canzi
Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia, Università Cattolica del Sacro Cuore