Link: https://www.chiesadimilano.it/news/arte-cultura/don-sonzini-e-la-storia-ebraicadella-casa-san-giuseppe-a-varese-32334.html
Sirio 09 - 15 dicembre 2024
Share

1943-45

Don Sonzini e la “storia ebraica”
della Casa San Giuseppe a Varese

L'eroismo silenzioso del monsignore varesino, giornalista e teologo, che insieme ad altri sacerdoti e suore ambrosiani diede rifugio e mise in salvo decine di perseguitati e di ebrei, braccati dai nazifascisti.

di Luca FRIGERIO

26 Gennaio 2017
Monsignor Carlo Sonzini

«Non furono dei “don Abbondio”, i preti ambrosiani nella bufera dell’ultima guerra», ripeteva il professor Giorgio Rumi, indimenticato storico dell’età moderna e contemporanea. Ricordando la dedizione con cui i sacerdoti e i religiosi della diocesi di Milano rimasero accanto ai nostri militari coinvolti nel conflitto mondiale (fino a condividerne la tragica sorte in Russia o nei lager); richiamando il sostegno che offrirono alle famiglie rimaste a casa, nei giorni terribili della fame e dei bombardamenti. Ma soprattutto rievocando il coraggio, silenzioso e nascosto, che questi uomini di Dio – così come tante donne di Dio – dimostrarono nel salvare e proteggere dalla furia nazifascista perseguitati e rifugiati, in primo luogo per motivi razziali.

Molti, infatti, sono gli episodi noti in cui suore e preti della Chiesa ambrosiana, fra il 1943 e il 1945, diedero aiuto e assistenza a cittadini ebrei (anche se, in verità, ancora più numerosi sono quelli rimasti evangelicamente ignoti…). Episodi che meritano di essere ricordati in particolar modo in questa settimana, avvicinandosi quel Giorno della Memoria in commemorazione delle vittime della Shoah che si celebra il 27 gennaio, data della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz.

Una “storia ebraica”, come la definirono i protagonisti stessi, è quella che si svolse fra le mura della Casa San Giuseppe a Varese. Dal 1934 l’istituto era la sede della Congregazione delle Ancelle di san Giuseppe lavoratore (tuttora assai attiva), che all’epoca accoglieva quelle ragazze che, venendo in città per motivi di lavoro (come operaie o domestiche), si trovavano lontane dalle loro famiglie e dalle loro parrocchie d’origine, bisognose di un tetto come di una guida spirituale. Ma con l’aggravarsi del conflitto, la Casa di via Griffi diede accoglienza a un gran numero di sfollati e a coloro che avevano perso le loro abitazioni a causa delle incursioni aeree. E, in gran segreto, cominciò ad offrire rifugio anche ad ebrei e a ricercati politici.

Regista di questa pericolosa operazione era monsignor Carlo Sonzini (1878-1957), nobile e venerata figura di cui oggi è in corso il processo per la causa di beatificazione.

Canonico teologo della basilica di San Vittore a Varese, fondatore delle Ancelle stesse, don Carlo era stato chiamato dal cardinal Ferrari a dare vita nel 1914 al settimanale cattolico Luce!, del quale fu a lungo anima e direttore. Con le doti pratiche e organizzative che sempre lo contraddistinsero, il sacerdote varesino diede avvio anche a una tipografia, che nei mesi tristi della Repubblica di Salò divenne un punto di riferimento per il movimento di resistenza, stampando clandestinamente carte d’identità e documenti falsi che salvarono la vita a centinaia di persone, nonché manifesti che, affissi di notte, inneggiavano alla lotta per la libertà.

Casa San Giuseppe rappresentava la prima di un piano ben congegnato, ma che doveva prevedere continui stratagemmi e nuovi espedienti per sfuggire ai controlli della milizia fascista e degli occupanti tedeschi, sempre allerta. Dopo averli nascosti per qualche giorno nei locali di via Griffi, gli ebrei venivano fatti espatriare da monsignor Sonzini verso la Svizzera, spesso con l’aiuto di altri coraggiosi preti allora presenti a Varese (come don Natale Motta, don Ernesto Pisoni e don Andrea Ghetti), avvalendosi in diversi casi dell’organizzazione “Oscar”, l’Opera scautistica cattolica di aiuto ai ricercati, coordinata in quel territorio da don Franco Rimoldi (arrestato nel 1944 e salvato in extremis dalla deportazione per intervento personale del cardinal Schuster).

Lo stesso direttore del Luce! rievocherà sulle pagine del settimanale diocesano, all’indomani della Liberazione, alcuni dei casi più eclatanti che portarono alla salvezza di rifugiati e ricercati. Come nel caso di quella giovane madre ebrea che, già braccata dai repubblichini, affidò disperata a don Carlo suo figlio di 4 anni: il quale, per riuscire a nascondere il bambino, organizzò addirittura un rapimento simulato, con tanto di parrucche e travestimenti! O quella volta che veri partigiani orchestrarono, d’accordo con le suore, un finto attacco alla Casa San Giuseppe per eludere la sorveglianza dei soldati tedeschi e portare oltre confine alcuni ragazzi ebrei che erano lì confinati…

Il prestigio, e non soltanto ecclesiastico, di cui godeva monsignor Sonzini lo misero al riparo da immediate ritorsioni da parte dei nazifascisti, che pur avevano forti – e a questo punto fondati! – sospetti su di lui, tanto da deferirlo al Tribunale di guerra e a scrivere in un dispaccio del 16 settembre 1944 di provvedere al suo arresto «appena pervenuti alle prove della colpevolezza», considerandolo alla stregua di un “criminale” e quindi passibile della pena di morte…

Momenti da aver paura, certo. Eppure, come scrisse lo stesso don Carlo, «l’ombra di don Abbondio mi stava innanzi come un monito; ne andasse la vita, don Abbondio in quella congiuntura non doveva far scuola assolutamente». Come appunto fu. Per lui e per altri sacerdoti ambrosiani nell’ora più grave della carità cristiana.

Leggi anche

Resistenza
Carlo Bianchi targa

Carlo Bianchi, un cattolico ambrosiano
contro il nazifascismo

Nel centenario della nascita, un ricordo del giovane ingegnere milanese, medaglia d'oro, che nel 1943 creò con il sostegno del cardinal Schuster un ente di assistenza per i bisognosi, ancor oggi in attività. Con Teresio Olivelli fondò il giornale clandestino «Il Ribelle», venendo quindi deportato a Fossoli e fucilato. Nei giorni scorsi una targa commemorativa è stata collocata sulla sua casa natale.

di Luca FRIGERIO

Storia
Scout aquile randagie resegone

Le Aquile Randagie, fedeli e ribelli

Il dissenso dello scautismo cattolico ambrosiano - e in particolare monzese - durante il regime fascista: una vicenda poco nota eppure importante della nostra storia, ora documentata in un bel libro fotografico.

di Silvio MENGOTTO

Resistenza
Achille Bolis

Don Achille Bolis, il coraggio dell’amore

Prelevatodalla suacanonica,l’arciprete di Calolziocortefu rinchiusonel carceredi San Vittorea Milano,dove morìil 23 febbraio1944 per i maltrattamentisubitidai nazifascisti.Il ricordoa 70 anni dal suomartirio.

di Arturo BELLINI

Storia
Enrichetta Alfieri

Suor Enrichetta, una ribelle per amore

Recentemente beatificata, è stata l'"angelo di San Vittore" per gli atti di nascosto eroismo compiuti nel carcere milanese durante l'occupazione nazi-fascista. Un nuovo libro ne raccoglie oggi le memorie, come ci racconta la curatrice del volume, suor Wandamaria Clerici.

di Silvio MENGOTTO

Ricordo
Il Ribelle 1943 resistenza

«Il Ribelle», 70 anni fa voce di libertà

L’anniversario della fondazione (5 marzo ’44) ricorda il contributo culturale e di pensiero che alla Liberazione è stato offerto dal mondo cattolico, dai suoi caduti, dalla comunità dei credenti che sosteneva i partigiani, dall’opera di quanti soccorrevano i perseguitati. E’ stato il frutto più importante della stampa clandestina nella Resistenza.

di Angelo PAOLUZZI

Storia
lager nazismo triangolo rosso deportazione

Don Paolo Liggeri,
ribelle per amore nei lager nazisti

Nei giorni terribili dell'occupazione nazista, il sacerdote che a Milano aveva fondato "La Casa" diede rifugio e salvezza a ebrei e perseguitati razziali. Per questo nel 1944 venne arrestato e deportato nei campi di concentramento di Mauthausen, Gusen e Dachau, dove continuò a dare testimonianza della speranza cristiana.

di Luca FRIGERIO