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Ricordo

Giancarlo Brasca, uomo di cultura e di fede autentica

Ricorre il trentennale della morte dell'ex direttore amministrativo dell'Università Cattolica, già presidente dell'Ac, testimone autorevole in numerosi ambiti della società civile

Giuseppe GRAMPA Redazione

23 Gennaio 2009
il dott. giancarlo brasca a destra della foto con il card. carol wojtyla e il prof. giuseppe lazzati.

Il 24 gennaio saranno 30 anni dalla morte di Giancarlo Brasca, sopraggiunta nel 1979 al Policlinico Gemelli di Roma dove era ricoverato dal giugno 1978. Ricordo nitidamente il mio ultimo incontro con lui, nella sua stanza, il giorno dei funerali di Paolo VI. Nei mesi successivi Brasca, nonostante le gravi condizioni di salute, si impegnò con tutte le sue forze per far conoscere il nuovo Papa, Karol Wojtyla, per il quale Brasca era «l’amico italiano» conosciuto in anni lontani in Polonia.
Vorrei ricordare Giancarlo a partire da quella che è stata la sua decisione radicale: entrare tra i Missionari della Regalità di Cristo, istituto secolare voluto da padre Gemelli per la formazione di laici che cercano la fedeltà all’Evangelo vivendo la vita professionale, le responsabilità politiche e sociali in uno stile di totale consacrazione a Dio, restando però dentro le contraddizioni della vita di ogni giorno. È l’8 settembre 1945 e Brasca ha 25 anni (era nato a Mezzago il 1° agosto 1920). In seguito più volte riconoscerà che il tratto della personalità di Gemelli che lo aveva più affascinato era l’ideale della santificazione attraverso il lavoro. Nel 1938 si era iscritto all’Università cattolica dove consegue la laurea in Filosofia nel 1942. In quello stesso anno viene assunto dalla Cattolica che servirà fino alla morte prima nella Biblioteca e poi nell’Amministrazione, fino a diventare direttore amministrativo. Nell’esercizio della professione Brasca si impegna a superare un limite tipico di certa cultura cristiana che, così attenta alla chiarezza dei principi, risulta meno attenta al loro concreto incarnarsi nella storia. Il 24 gennaio saranno 30 anni dalla morte di Giancarlo Brasca, sopraggiunta nel 1979 al Policlinico Gemelli di Roma dove era ricoverato dal giugno 1978. Ricordo nitidamente il mio ultimo incontro con lui, nella sua stanza, il giorno dei funerali di Paolo VI. Nei mesi successivi Brasca, nonostante le gravi condizioni di salute, si impegnò con tutte le sue forze per far conoscere il nuovo Papa, Karol Wojtyla, per il quale Brasca era «l’amico italiano» conosciuto in anni lontani in Polonia.Vorrei ricordare Giancarlo a partire da quella che è stata la sua decisione radicale: entrare tra i Missionari della Regalità di Cristo, istituto secolare voluto da padre Gemelli per la formazione di laici che cercano la fedeltà all’Evangelo vivendo la vita professionale, le responsabilità politiche e sociali in uno stile di totale consacrazione a Dio, restando però dentro le contraddizioni della vita di ogni giorno. È l’8 settembre 1945 e Brasca ha 25 anni (era nato a Mezzago il 1° agosto 1920). In seguito più volte riconoscerà che il tratto della personalità di Gemelli che lo aveva più affascinato era l’ideale della santificazione attraverso il lavoro. Nel 1938 si era iscritto all’Università cattolica dove consegue la laurea in Filosofia nel 1942. In quello stesso anno viene assunto dalla Cattolica che servirà fino alla morte prima nella Biblioteca e poi nell’Amministrazione, fino a diventare direttore amministrativo. Nell’esercizio della professione Brasca si impegna a superare un limite tipico di certa cultura cristiana che, così attenta alla chiarezza dei principi, risulta meno attenta al loro concreto incarnarsi nella storia. L’omaggio di Martini «Brasca – ha scritto l’arcivescovo Martini in occasione del ventennale dalla morte – ha servito la nostra Chiesa diocesana non solo come presidente dell’Azione Cattolica dal 1958 al 1964, gli anni dell’arcivescovo Montini, ma anche con lungimiranti iniziative di evangelizzazione. Iniziative accomunate dalla percezione del ruolo dell’ambiente per la formazione della persona. Così l’esperienza di Gioventù Studentesca per i giovani studenti. Come le forme di apostolato nella periferia che l’ondata migratoria andava incrementando ai margini della città. Così i gruppi operai per una formazione cristiana in un ambiente sempre più scristianizzato».Singolarmente attuali i principi ai quali secondo Brasca doveva ispirarsi l’azione di evangelizzazione in quei contesti difficili; sono parole degli anni Cinquanta eppure mostrano una viva attualità: «La formazione missionaria per poter incontrare efficacemente i lontani dovrà ispirarsi al dialogo non irenico certo, ma del tutto estraneo a spirito polemico». Il laico deve possedere i principi cristiani, deve essere tanto convinto della loro verità e della loro bontà da non avere bisogno di difenderli negando indiscriminatamente i problemi di coloro che cristiani non sono. Egli deve rendersi gradualmente capace, attraverso uno sforzo coraggioso di purificazione e di approfondimento, di intendere con animo leale e aperto le esigenze profonde dei lontani riconoscendo ciò che vi è in esse di valido e ciò che invece è soltanto deformazione ed equivoco. Nel messaggio già citato, il cardinale Martini riteneva Brasca «un testimone autorevole che ancor oggi può stimolare il nostro cammino». Convegno in Cattolica – In ricordo di Giancarlo Brasca l’associazione Amici dell’Università Cattolica e l’associazione Opera della Regalità di N.S.G.C. organizzano un convegno sabato 24 gennaio alle 9 presso l’Università Cattolica di Milano (largo Gemelli 1), nella Cripta dell’Aula Magna. L’incontro si concluderà alle 12.30 nella cappella Sacro Cuore, con una celebrazione eucaristica presieduta da monsignor Sergio Lanza, assistente centrale dell’Uc.

Giancarlo Brasca con il cardinale Karol Wojtyla