06/02/2008
di Luca FRIGERIO
Non c’è parrocchia, nel territorio della diocesi di Milano, che non sia stata schedata. Ma i “servizi segreti” non c’entrano. Il lavoro di catalogazione, infatti, ha riguardato negli anni scorsi le opere d’arte e i beni culturali conservati dalle singole comunità parrocchiali ambrosiane: un patrimonio vasto, spesso di straordinario livello qualitativo, di cui oggi conosciamo con esattezza le proporzioni, il valore e lo stato.
Animatore e guida di questo progetto di schedatura è stato monsignor Spirito Colombo , uno dei decani del clero milanese. Spirito di nome e di fatto, a essere sinceri: i modi cortesi di un gentiluomo d’altri tempi, accompagnati da un’arguzia vivace e da una creatività tipicamente brianzola . «Sarà perché sono nato negli ultimi giorni di guerra…», spiega sorridendo il prelato. «La Grande Guerra, naturalmente. Era l’8 marzo del 1918 e ho visto la luce a Brenna, vicino a Cantù».
Due i cardini attorno a cui ha ruotato, e ruota, la vita di don Spirito. Cristo, innanzitutto, che ha seguito facendosi suo sacerdote e donando energie e intelligenza al servizio degli uomini. E poi l’arte , che ha coltivata, studiata, ammirata, preservata. Prete novello nel 1941 – «Siamo stati ordinati in 63 dal cardinal Schuster, in pieno conflitto mondiale…» -, Colombo aveva preso la maturità artistica all’Accademia di Venezia, dove poi si era iscritto alla facoltà di architettura, sostenendovi diversi esami. A Milano, invece, don Spirito frequenta la scuola d’arte Beato Angelico . «Un’esperienza molto importante, davvero formativa», dice.
Poi, nel dopoguerra, l’insegnamento al Seminario di Seveso, dove tra i suoi allievi vi era anche un seminarista di nome Dionigi… «Ancor oggi», ci confida, «il cardinal Tettamanzi, quando capita di incontrarci, mi abbraccia e mi chiama “maestro” . Per me è una grande emozione e un vero onore». Quegli anni, del resto, sono davvero formidabili per don Spirito. «Ero un giovane professore pieno di entusiasmo che aveva a che fare con dei ragazzi vivacissimi. Ci si trovava insieme anche dopo le lezioni, e si discuteva di tutto… », racconta senza nascondere un certo divertimento.
Gli anni seguenti sono soprattutto di “attività sul campo”. A Lecco, dove si impegna tra i giovani, fondando il gruppo locale di Gioventù studentesca, “allevando” ragazzi come Formigoni, Scola, Nicora… «Avevo capito che per avvicinare i giovani, e per farli crescere nella fede, bisognava offrire loro anche momenti di svago, corsi interessanti, gite e vacanze», spiega monsignor Colombo.
L’avventura lecchese durò dodici anni, fino al 1964. Per don Spirito, infatti, era arrivato il momento di “misurarsi” con un’altra esperienza pastorale, quella di parroco a Lurago d’Erba. Ma la sua passione per l’arte non era mai venuta meno. Così, nel 1981, il cardinal Martini lo chiama a prendersi cura dei beni culturali della diocesi.
Subito prende corpo l’idea di fare un inventario completo delle tante opere d’arte custodite dalle parrocchie ambrosiane. «Ci sono voluti dodici anni», spiega don Spirito, «ma possiamo essere fieri del lavoro che è stato fatto. Non abbiamo tralasciato nulla: oltre 35mila schede, realizzate da storici dell’arte e specialisti, con una documentazione fotografica precisa e accurata».
Il Palazzo arcivescovile di Milano, pochi lo sanno, custodisce una Quadreria di grande importanza, raccolta nei secoli dai vescovi ambrosiani. Oggi, fortunatamente, i dipinti più interessanti di questa collezione sono visibili anche al pubblico, esposti nelle sale del Museo Diocesano. «Ma quando sono arrivato in Curia», racconta monsignor Colombo, «la situazione era allarmante. I quadri, dispersi nei vari uffici, erano per lo più in cattive condizioni. Bisognava intervenire al più presto, anche se l’impresa avrebbe richiesto un notevole impegno economico. Ma il cardinal Martini, che è uomo di grande sensibilità culturale, mi ha dato carta bianca».
Sistemata la Quadreria, della quale nel 2000 veniva pubblicato il catalogo completo, si procedeva anche al restauro della cappella di san Carlo all’interno dell’Arcivescovado, mentre veniva organizzata una grande mostra che per la prima volta riuniva la dispersa raccolta del cardinal Monti.
Oggi, alle soglie del 90 anni, don Spirito Colombo non ha smesso di recarsi nel suo ufficio di Piazza Fontana. «Sono in “pensione”», dice, «ma posso dirmi soddisfatto, perchè di cose ne ho fatte tante». Solo le gambe l’hanno un po’ tradito, e per spostarsi si affida al taxi. Ma, anche questa, per don Spirito, è diventata un’occasione di apostolato, e di nuove conoscenze. «Ho fatto fare un’immaginetta con san Cristoforo, da una bella tavola fiamminga», racconta con un pizzico di commozione. «È il patrono degli autisti, e i miei amici taxisti, di solito, la prendono volentieri . E mi raccontano delle loro gioie e dei loro guai, delle loro famiglie. Alcuni quasi si confessano…».