Share

Per casa il mondo

Sempre più famiglie in terra di missione

Aumenta il numero di laici, coppie o interi nuclei familiari, che bussano alla porta dell’ufficio missionario della diocesi e che chiedono di partire come “fidei donum”. Sono impegnati nelle scuole, in parrocchia e in ambiti sociali.

di Luisa BOVE

20 Ottobre 2011

Quando si pensa ai missionari viene spontaneo immaginare preti e suore impegnate in qualche paese del Sud del mondo. In realtà non sono gli unici a partire per dedicare una porzione della loro vita a una Chiesa sorella, ma ci sono anche giovani sposi o addirittura famiglie con figli al seguito.
Oggi le coppie o famiglie fidei donum ancora in missione sono 5 di cui 2 in Africa e 3 in America Latina, mentre Manuela e Fabio Panzeri si preparano a partire per il Brasile.
Dal 2008 Maria Chiara e Giovanni Balestreri sono arrivati a Sayan (Perù) con le due figlie Benedetta e Irene. Oggi lavorano nella parrocchia S. Jeronimo e sono impegnati nella pastorale familiare e in gruppi di mutuo aiuto, ma la situazione è talmente particolare che agli incontri invitano anche mamme sole e parenti che hanno in affido i loro nipoti. La casa di Giovanni e Maria Chiara è sempre aperta per chiunque abbia voglia di fare due chiacchiere o fermarsi a pranzo. «In un ambiente di famiglie disgregate, con molta violenza fisica, verbale e psicologica, un servizio di ascolto e attenzione agli altri è prezioso». Non a caso sono nati rapporti di stima e amicizia reciproca, ma anche nuove idee e progetti per il futuro.
Inoltre Giovanni lavora nel consorzio in appoggio alle comunità contadine della sierra, mentre Maria Chiara collabora con la scuola e al progetto di doposcuola parrocchiale per una trentina di bambini realizzato in accordo con il comune e le elementari.
Nei fine settimana organizzano attività di animazione in zone disagiate per i giovani del quartiere, collaborando con assistenti sociali e promuovendo il sostegno scolastico per le situazioni più difficili. Anche l’oratorio, con i suoi educatori di riferimento, sta diventando un importante centro di aggregazione e un’alternativa alla strada.
Con i ragazzi del doposcuola lavorano anche Massimo e Pilar Merli (nella foto qui sotto con il piccolo Stefano) nella parrocchia Jesus Divino Maestro di Huacho (Perù). Al momento c’è molto bisogno di un supporto scolastico per le troppe carenze di base, ma presto sarà avviato un laboratorio di falegnameria per insegnare ai giovani un mestiere. Intanto esiste già un progetto per ridurre l’analfabetismo e aiutare i ragazzi che avevano abbandonato lo studio a concludere la scuola dell’obbligo.
L’idea è di investire anche sullo sport, che oltre a creare aggregazione è un ottimo strumento educativo: in futuro potrebbero essere coinvolti dall’Italia studenti della facoltà di Scienze motorie e il Csi di Milano.
Intanto a Huacho alcuni universitari hanno avviato un corso di cucina per insegnare alle mamme a preparare le merende con il giusto valore nutritivo e a basso costo. Queste nozioni possono diventare anche una fonte di guadagno per chi vuole preparare merende da vendere a vicini di casa o fuori dalle scuole.
In Perù ci sono anche Chiara e Roberto Parravicini che nella parrocchia Senhor de la Resurrecion di Barranca gestiscono un doposcuola per tenere i ragazzi lontano dalla strada e dagli internet point. Il progetto prevede un coinvolgimento anche dei genitori – che per motivi di lavoro lasciano spesso soli i figli – per responsabilizzarli sul loro ruolo educativo. L’intento è di puntare anche sulla formazione attraverso attività manuali: corsi di ricamo, cucito, creazione di collane e borse…
Per favorire la socializzazione delle donne e aiutarle a raggiungere un’indipendenza economica c’è in progetto l’avvio di corsi di cucina e di cucito, mentre agli adolescenti e ai giovani che già frequentano l’oratorio estivo verrà proposto un percorso formativo.
Dopo sette mesi di missione Chiara e Roberto hanno deciso di frequentare un corso per stranieri a livello universitario per conoscere meglio la realtà peruviana; intanto hanno anche visitato qualche comunità di minori, di malati e di anziani… Le necessità sono sempre tante e non è escluso che a Barranca, grazie a loro, possa nascere qualche nuovo progetto di solidarietà sociale.
Altre 2 coppie di fidei donum sono in Zambia. Maria Letizia Antognazza e Morgan Chimponda (nella foto di gruppo, la seconda coppia da destra) si sono sposati l’anno scorso. Si sono inseriti nella parrocchia di Mazabuka e grazie alla “St. Bakhita Association”, fondata da don Maurizio Canclini, missionario ambrosiano già rientrato, gestiscono diversi progetti a favore delle fasce più deboli. La scuola comunitaria (Luyobolola Community School) è frequentata da quasi 900 alunni di cui molti orfani e chi può paga una retta simbolica. Il progetto “Arche”, gestito in particolare da Morgan, che sta anche studiando Scienze dell’educazione, comprende 4 case-famiglia per ospitare adolescenti in difficoltà, abbandonati, abusati o con genitori in carcere.
Poi c’è un centro giovanile, ultimato da poco, che dovrà diventare un luogo di aggregazione e di formazione qualificato; mentre il laboratorio d’arte è già funzionante. Ma il “fiore all’occhiello” della parrocchia di Mazabuka è il panificio, che forma e dà lavoro ad alcuni giovani africani, grazie a una produzione di pane e dolci sempre più significativa per la zona.
Gli ultimi fidei donum laici arrivati in Zambia sono Giuseppina e Giovanni Stanco (nella foto di gruppo, i primi a destra) che collaborano con il parroco di Chirundu partecipando attivamente alla vita comunitaria di St. Mary Queen of Peace Parish. Sono in missione da pochi mesi e stanno cercando di conoscere bene la realtà in cui sono inseriti. Potranno senz’altro aiutare in ambito educativo e nell’animazione dei ragazzi. Un occhio di riguardo dovranno averlo anche per l’apprendimento scolastico, ma potranno anche valorizzare le risorse che già esistono a livello sportivo.
Attraverso il contatto diretto con le famiglie potranno inoltre cogliere le maggiori difficoltà e bisogni, trovando insieme qualche soluzione. Non si tratta infatti di studiare progetti a tavolino, ma di conoscere il contesto sociale per poi cercare “sul campo” e con la popolazione locale risposte adeguate alle varie esigenze.