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L’allarme

Sociosanitario non profit, l’Uneba: subito fatti o si rischierà l’estinzione

Il presidente Franco Massi rilancia le preoccupazioni espresse dall’Arcivescovo nel suo Discorso alla Città e sottolinea: «Non sarà un Natale sereno per gli uomini e le donne che gestiscono le nostre strutture»

19 Dicembre 2025
Franco Massi, presidente nazionale dell'Uneba

«Il privato non profit in ambito socio-sanitario si sente spesso ignorato e mortificato». Lo ha evidenziato l’Arcivescovo di Milano monsignor Mario Delpini nel suo recente Discorso alla città. Lo conferma e lo rilancia Uneba, la più importante associazione del non profit che assiste anziani, minori fragili e persone con disabilità, con oltre 1100 enti iscritti in tutta Italia.

«Non è un Natale sereno, quello che vivranno gli uomini e le donne che gestiscono le nostre strutture – dice il presidente di Uneba nazionale, Franco Massi -. La preoccupazione è ancora più grande guardando al 2026, in cui le decisioni del Governo, del Parlamento e delle Regioni indicheranno se il non profit potrà continuare ad essere un pilastro del welfare, che gestisce per esempio la maggior parte dei posti Rsa. Oppure lo condanneranno all’estinzione».

La concorrenza che fa male alla salute

Entro fine 2026, per esempio, il Governo può rivedere la norma introdotta dalla legge concorrenza n. 118/2022, che era stata sospesa. Se non fa nulla, dal 2027 le Regioni dovranno adeguare le proprie norme, con il rischio – denuncia Alberto Fedeli di Uneba – che «si sovverta il sistema sociosanitario fondato sull’integrazione pubblico e privato in base ai principi di solidarietà e sussidiarietà e sulla programmazione regionale con pregiudizio per la tutela della salute e, in particolare, per le cure agli anziani fragili, se i servizi saranno assegnati con logiche di concorrenza di mercato». Aggiunge Massi: «Siamo all’assurdo che la concorrenza non viene applicata ai balneari, nonostante la legge e le chiare norme europee, ma viene applicata al Sistema Sanitario Nazionale, al quale invece la concorrenza non va applicata secondo le stesse norme europee. Perché allora la maggioranza di governo continua su questa strada? Uneba insiste per l’abolizione di meccanismi di concorrenza nel sociosanitario, e per favorire coprogrammazione e coprogettazione con il terzo settore. Sulle persone fragili non si deve fare business».

Con la legge annuale sulla concorrenza 2025, già approvata e in attesa di pubblicazione, si è fatto un passo indietro e mezzo avanti, confermando purtroppo il rispetto del principio di concorrenza, ma almeno stabilendo che deve essere garantita la continuità assistenziale e i rinnovi contrattuali per le strutture accreditate già contrattualizzate. Queste garanzie devono essere tenute conto nella revisione della legge 118/2022, ma l’unica revisione che Uneba ritiene realmente necessaria è quella che passa per la sua abrogazione.

Addio Onlus

«Con il 31 dicembre 2025 – inquadra Marco Petrillo, responsabile della Commissione Fiscale di Uneba -, con l’entrata in vigore della Riforma fiscale del Terzo Settore, tante Rsa e simili strutture non profit perderanno la qualifica di Onlus che permette di beneficiare della detassazione degli avanzi di gestione se reinvestiti, e così sviluppare sempre di più prestazioni e servizi. (…) Noi di Uneba chiediamo al Governo il ripristino sotto altre forme della leva fiscale (cioè, gli incentivi dati alle Onlus del sociosanitario e dell’assistenza). Tutto a vantaggio delle persone con fragilità e delle persone bisognose».

Il rebus Alzheimer

Infine, irrisolto resta ancora il nodo della retta Alzheimer. In Lombardia già 100 Rsa hanno avuto una sospensione di pagamento o richiesta di rimborso. «Uneba – commenta Massi -, al pari di altre associazioni di categoria, da mesi insiste per un intervento normativo che chiarisca a chi spetta pagare l’assistenza 24/7 agli anziani fragili con demenza. Nell’attesa, l’incertezza pesa sull’organizzazione, sulle casse e sul futuro degli enti. Come pensare che possano accogliere e assistere i più fragili tra gli anziani, se c’è il rischio che il lavoro degli operatori sociosanitari e di tutto il personale non venga pagato?».