«Il Signore che è la verità, la vita, la gioia. Il Bambino che viene tra gli umili, i poveri, coloro che soffrono in tante parti del mondo». Nella sera in cui l’Arcivescovo, nella basilica di Santo Stefano, parrocchia personale dei Migranti, incontra queste comunità per uno scambio di auguri in vista del Natale, risuonano le parole del Magnificat e della preghiera che lui stesso ha composto per l’immaginetta che dona a ciascuno dei presenti. Tanti i fedeli, originari di quasi 20 comunità diverse, che, accompagnati dai rispettivi cappellani, pregano e fanno festa in modo semplice, ma sentito. «Questo scambio di auguri – nota subito monsignor Delpini – non è solo un gesto di cortesia, una convenzione sociale, ma significa che nel rapporto con Dio ci sentiamo tutti ospitati, tutti benedetti, tutti illuminati dalla luce del Natale».

In quella grande Chiesa dalle Genti che è la Diocesi di Milano, fatta da latinoamericani, filippini, srilankesi, coreani, cinesi, libanesi, etiopi copti, romeni, ucraini, polacchi, eritrei, solo per citare alcune delle comunità partecipanti alla serata, presentate da don Alberto Vitali, responsabile della Pastorale dei migranti e parroco di Santo Stefano, che spiega: «Questo momento molto desiderato e gradito, diventa – nell’anno del Giubileo della Speranza – segno dell’impegno che vogliamo assumerci di essere testimoni di speranza. Se ci guardiamo intorno viene la tentazione di scoraggiarci: abbiamo pregato tanto per una pace che ancora non si vede. Ma proprio nell’ultimo Discorso di Sant’Ambrogio, l’Arcivescovo ci ha ricordato che abbiamo una responsabilità nei confronti della città e di questa umanità».
Il Magnificat
Dal canto del Magnificat di Maria, appena proclamato nel primo capitolo del Vangelo di Luca, si avvia la breve riflessione dell’Arcivescovo: «Sappiate che il Signore ha guardato all’umiltà della sua serva e, dunque, cantate il Magnificat se siete umili e poveri, se venite da Paesi che soffrono per questa povertà. Sappiate che il Signore si cura di voi, se vi sentite fragili di fronte ai potenti e umiliati di fronte ai superbi, sappiate che il Signore depone i potenti dai troni e innalza gli umili e, dunque, cantate, abbiate dentro di voi quella gioia che permette di cantare, non perché siete potenti, ricchi e sazi, ma perché siete amici di Dio».
Ma cosa può sconfiggere la prepotenza, la superbia? Come farà il Signore a deporre i potenti dai troni? Immediata la risposta dell’Arcivescovo: «A me sembra che il Signore dice che lo farà a causa della gioia degli umili servi del Signore. Quindi, custodite la gioia perché questo sconfigge il male del mondo: la gioia di Dio. Vedendo tanti problemi nella vostra vita e nelle vostre famiglie, in questa società così complicata, come potrete cantare se non vi fidate del Signore? Dunque, cantate il Magnificat, dite la vostra gioia di essere visitati dal Signore, l’Emmanuele che è il Dio con noi».

Non scoraggiarsi
«Se venite da Paesi che sono in guerra, che soffrono a causa di questa assurda cattiveria, come potrete essere solidali con la gente del vostro Paese? – conclude monsignor Delpini -. Maria dice che anche in questa situazione si può cantare il Magnificat perché il canto degli umili è la smentita ai progetti superbi. Dobbiamo essere presenti dappertutto con quella fonte di gioia invincibile, con quella speranza che non teme nulla, perché se ci lasciamo vincere dallo scoraggiamento, dalla rabbia, dal risentimento, dal ripiegamento su noi stessi, se ci lasciamo vincere dalla tristezza, come sarà possibile il Signore dimori in mezzo a noi?».
Poi, il saluto e i doni delle singole comunità – per lo più cesti di prodotti tipici delle loro terre di origine e piccoli oggetti natalizi – portati all’Arcivescovo che consegna a tutti l’immaginetta natalizia, leggendo la preghiera composta per l’occasione.






