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Milano

Giubileo, una giornata in Duomo per sperare «insieme»

È la condivisione la cifra dell’evento che sabato 27 settembre riunirà in Cattedrale persone con disabilità e membri delle varie comunità, senza distinzioni, per la celebrazione diocesana con l’Arcivescovo (diretta web). Don Mauro Santoro: «Vogliamo rilanciare il messaggio che accogliere arricchisce tutti»

di Claudio URBANO

24 Settembre 2025
Alcuni pellegrini ambrosiani al Giubileo delle persone con disabilità svoltosi a Roma a fine aprile

Speriamo insieme. Più di un desiderio, è un invito rivolto davvero a tutti quello per sabato 27 settembre in Duomo. Amici, parenti, associazioni insieme alle persone con disabilità, per celebrare senza distinzioni il Giubileo diocesano. Se, infatti, la logistica ha portato a pensare a una giornata dedicata (sarà facilitato l’ingresso alla Cattedrale e la celebrazione sarà sottotitolata e tradotta in Lingua italiana dei segni, oltre che in comunicazione aumentativa alternativa), e se siamo ormai fin troppo abituati anche a un appuntamento come il Giubileo scandito per categoria (che siano per professione o per età), proprio l’invito che le persone con disabilità estendono a tutta la comunità ci ricorda che di fronte a Dio cade ogni distinzione. Insieme a una ventina di associazioni sono dunque già 1400 le presenze confermate, ma naturalmente l’ingresso in Cattedrale resterà libero a tutti.

Incontrare Dio con tutto se stesso

«Anche chi ha una disabilità desidera coltivare la propria spiritualità e incontrare la misericordia di Dio», evidenzia don Mauro Santoro, che guida la Consulta diocesana Comunità cristiana e disabilità. La disabilità, chiarisce, «non caratterizza in modo speciale il rapporto con Dio: ciascuno di noi desidera incontrare il Signore così com’è, con tutta la propria persona».

Ecco perché l’invito è rivolto a tutti. Come non si può vivere la fede da soli, così «la richiesta, non scontata, che ci pongono le persone con disabilità, è di potersi sentire realmente, e non solo per alcune iniziative, parte della comunità», sollecita don Santoro, «pur tenendo naturalmente conto di quelle che sono le fatiche e le difficoltà». Un primo passo, per tutti, è dunque avere una considerazione più completa di chi ha una disabilità. Superando l’immagine legata solamente al bisogno o alla necessità di un sostegno, ma pensando alla capacità che tutti hanno di portare qualcosa di nuovo e di originale.

Proprio in questa direzione e – ricorda don Santoro – in sintonia con il documento finale del Sinodo dei Vescovi che riconosce la corresponsabilità della missione a tutti i battezzati, la giornata di sabato sarà un’occasione per dire all’Arcivescovo: noi ci siamo, desideriamo essere parte attiva della Chiesa, non solo evangelizzati, ma anche evangelizzatori.

Le testimonianze

Prima della Messa (l’avvio della giornata è fissato alle 10.15 mentre la celebrazione sarà alle 11; diretta su www.chiesadimilano.it e youtube.com/chiesadimilano), gli interventi di un ragazzo, di una coppia di genitori di una figlia con disabilità, di un operatore che lavora in questo ambito e di un sacerdote che ha aperto la propria comunità alle persone con disabilità porteranno una testimonianza di speranza, proprio a partire dalla situazione di cui ciascuno è protagonista.

«Il messaggio che vogliamo rilanciare – evidenzia don Santoro – è che quando le parrocchie, pur con tutti i dubbi e le fatiche, si aprono ad accogliere chi ha una disabilità, magari al catechismo o nel gruppo adolescenti, questa esperienza diventa davvero un arricchimento per tutti».

La comunità cristiana, per prima, è chiamata a questo passaggio, proprio a partire dalle celebrazioni liturgiche. Spesso, riflette infatti don Santoro, «ci chiediamo come possiamo migliorare la liturgia. Ma raramente ci domandiamo se una celebrazione sia accessibile a tutti, non solo per l’assenza di barriere architettoniche, ma anche nel linguaggio utilizzato, dato che il più delle volte non sfruttiamo una ricchezza di simboli e di gesti che già avremmo a disposizione. Il Signore, invece, ci ha detto di portare la buona novella a tutti». Un invito, questo, che sarebbe certamente proficuo seguire, anche al di là dell’aiuto diretto a chi ha una disabilità.