Cosa sta succedendo a Milano? Gli ultimi clamorosi sviluppi dell’inchiesta sull’urbanistica coinvolgono nomi eccellenti. L’iter giudiziario farà il suo corso e accerterà le eventuali responsabilità penali. Tuttavia questa vicenda induce a una riflessione sul modello Milano, che ha evidenziato tanti aspetti positivi, ma anche fatto emergere criticità e ombre.
Gli anni del rilancio
Dopo il ciclone di Tangentopoli, che ha messo in ginocchio la città, la faticosa ricerca di un progetto per la Milano del futuro è sfociata in una nuova stagione di rilancio, in particolare negli ultimi 10 anni a partire dall’Expo 2015. Milano ha innestato il turbo: è decollata nella sua rappresentazione a livello globale, diventando anche una città ad alto tasso di turismo. Ma soprattutto di affari, in particolare nel settore immobiliare. Considerato il volano dello sviluppo della città, ha portato anche a un suo mutamento genetico alimentando la “gentrificazione”, una metropoli sempre più cara a misura di chi può permettersela, espellendo le giovani coppie e chi con lo stipendio non riesce a stare al passo di questi aumenti.
Dunque, questo modello trainato soprattutto dal settore edilizio e immobiliare, mostra le ombre che è necessario superare, immaginando un futuro imperniato ancora di più su una Milano inclusiva, solidale, aperta. Milano è certo la capitale economica e per questo ha anche la responsabilità morale e politica di indicare una strada, diversa da quella fin qui battuta, non solo a se stessa, ma a tutto il Paese. Un’economia che non punta solo al profitto, all’influenza dei grandi capitali, ma che abbia una visione di socialità, che punta al bene comune, che valorizzi ancora di più il Terzo settore e il mondo delle cooperative.
Le parole dell’Arcivescovo
Su questi temi negli ultimi mesi è più volte intervenuto l’Arcivescovo, monsignor Mario Delpini, mettendo in guardia sui rischi che si stanno correndo. «C’è da farsi problemi sull’evoluzione di una città che mi pare sempre più attraente e in un certo senso sempre meno accessibile. Questa è una tensione difficile da sciogliere»: così ha detto a margine dell’incontro per i 10 anni del Refettorio ambrosiano, lo scorso 11 giugno. I giornalisti gli hanno chiesto se sia contento della città: «Questa è una domanda un po’ complessa, perché la città di Milano a me presenta sempre l’aspetto più bello, perché dove vado c’è sempre gente che mi accoglie, manifesta la gioia di incontrarmi, quindi è un’immagine un po’ filtrata, poi quando si leggono racconti e situazioni c’è forse meno da essere contenti. Però quello che mi impressiona di Milano è la capillarità del bene che si fa, nelle parrocchie, negli oratori, nei centri d’ascolto, in tante iniziative legate alla Chiesa di Milano, in tante iniziative legate alla gente di Milano, anche laici. Quindi c’è da essere contenti di questa capillarità, della solidarietà, della qualità culturale e di intraprendenza di Milano».
L’emergenza casa
Il tema casa è centrale in questa vicenda, ma lo è anche nella riflessione dell’Arcivescovo. Soprattutto per le fasce più fragili. Per questo la Chiesa ambrosiana ha lanciato il Fondo Schuster-Case per la gente, a favore del quale anche il Comune ha garantito il proprio impegno. È un esempio concreto di questa attenzione per chi è ai margini e ha diritto a un tetto per sè e per la propria famiglia.
Lo scorso 16 dicembre, in Duomo presentando l’iniziativa, ha detto che «vuole essere un messaggio, una provocazione, un invito alle istituzioni e a tutti gli enti e le persone sensibili alla sfida. Un segno, un seme che crescerà perché io so che posso contare sulla gente della Caritas, posso contare sulla gente delle nostre città, posso contare sulle istituzioni. Ora, in nome della carità e della giustizia io oso lanciare un appello a quanti possono disporre del superfluo, banchieri, industriali, finanzieri perché vogliano concorrere a quest’opera cristiana di costruire case per quanti ne sono privi. In questa nostra Milano così attraente e intraprendente è necessario ripetere il grido antico: non ci sono case».
Ne ha parlato anche nel Discorso alla città, lo scorso 6 dicembre: «La città non è stanca delle case, perché le case, gli uffici, le strutture pubbliche e private sono la vita e la sostanza della città. La città è stanca delle case abbandonate al degrado, del consumo avido del suolo, delle aree inutilizzate, delle case che potrebbero ospitare persone e che sono invece vuote per calcoli meschini, per paura verso chi cerca un’abitazione, per evitare fastidi. La città è stanca delle case occupate e sottratte a chi ne ha diritto».
Il ruolo della politica
Un’attenzione anche alla necessità di una buona politica: «La gente non è stanca dell’amministrazione, dei servizi pubblici, delle forze dell’ordine, della politica, perché è convinta che la vita comune abbia bisogno di essere regolata, vigilata, organizzata. La gente è stanca, invece, di una politica che si presenta come una successione irritante di battibecchi, di una gestione miope della cosa pubblica. La gente è stanca di servizi pubblici che costringono a ricorrere al privato, di un’amministrazione che non sa valorizzare le risorse della società civile, le iniziative della comunità». E il richiamo ai ricchi: «Chi si è arricchito con la sua intraprendenza, grazie alle condizioni favorevoli, è in debito verso coloro che si sono impoveriti. La ricchezza onesta è una responsabilità sociale. È sapiente quel modo di intendere il profitto, conseguito con la collaborazione e la fatica di tutti, come una risorsa per ognuno, non solo come un dividendo per arricchire gli investitori».
Saprà la classe dirigente politica ed economica, attuale e futura, fare tesoro di queste sollecitazioni?




