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Integrazione

Associazione Franco Verga, l’italiano come via per la cittadinanza

All’oratorio della Basilica Corpus Domini di Milano si è svolta la consegna annuale degli attestati di partecipazione ai corsi di lingua frequentati da immigrati. Il presidente Duilio: «Formandoli, consegniamo loro gli strumenti per partecipare davvero al destino della nostra società»

19 Giugno 2025
La consegna degli attestati (foto Franco Verga)

Il primo passo dell’integrazione è comprendersi l’un l’altro, e il mezzo più efficace e rapido è sicuramente la lingua. Lo sa bene l’Associazione Franco Verga, che da oltre sessant’anni sostiene l’inclusione nel territorio delle persone migranti di tutto il mondo. 

Un messaggio ribadito sabato nell’oratorio della Basilica Corpus Domini di Milano: a pochi passi dall’Arco della Pace, si è svolta infatti la consegna annuale degli attestati di partecipazione ai corsi di italiano. Quest’anno l’associazione ha attivato oltre 35 corsi, suddivisi in moduli annuali ed estivi, e sono aperti agli studenti di tutte le età. Sono tenuti da una quarantina di docenti, di cui quindici volontari.

La lingua è molto più di uno strumento di comunicazione.  È uno degli strumenti più potenti per costruire legami, superare barriere e riconoscere nell’altro non un problema, ma una risorsa. È lo spazio in cui si costruisce la cittadinanza. Ne è ben consapevole Lino Duilio, presidente dell’Associazione Franco Verga: «Chi arriva in Italia ha tre problemi fondamentali: il lavoro, la casa e la lingua. E se noi riusciamo a formare chi migra da tutto il mondo, gli consegniamo gli strumenti per partecipare davvero al destino della nostra società». 

Un mosaico di storie

La testimonianza di un ex studente della Franco Verga

L’Associazione Franco Verga già nel 1978, tre anni dopo la scomparsa del suo fondatore, decise di occuparsi della formazione degli extracomunitari. Fu la prima associazione a Milano a cogliere la necessità di interventi culturali e sociali per un fenomeno al tempo ancora marginale. «In quasi dieci anni di presidenza – afferma Duilio – ho potuto osservare tantissime persone con inclinazioni, capacità e professionalità più varie, che è nostro dovere intercettare per il bene loro e della stessa società».  

Un mosaico di storie dietro il quale si celano dei volti. Molte sono state raccontate nelle feste di fine corso, dove i ruoli si ribaltano. Non sono più gli insegnanti a prendere la parola, ma le persone che raccontano di loro stesse, tramite canzoni o storie con cui si riappropriano della loro identità, arricchita dalla loro nuova italianità. «Sabato  – racconta Duilio – ha preso la parola un uomo siriano, di circa 35 anni, di Aleppo, la città devastata dalla guerra, arrivato qui con la moglie, in procinto di partorire. Oggi è docente di lingua araba e attualmente collabora con l’Università Cattolica. Parla perfettamente l’italiano, che ha imparato frequentando negli ultimi anni i corsi di lingua italiana presso la Verga, e ha accompagnato la sua testimonianza suonando con uno strumento etnico simile al liuto. Mi ha colpito inoltre il racconto di un ragazzo iraniano, arrivato qui sette anni fa per un dottorato di ricerca e che, dopo aver partecipato a uno dei nostri corsi, oggi è diventato docente di ingegneria civile al Politecnico». 

Il riconoscimento di Mattarella

Il Presidente della Repubblica alla Fondazione Culturale Ambrosianeum

Una realtà il cui valore è stato sottolineato anche dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che lo scorso 14 ottobre ha partecipato alle celebrazioni per il sessantesimo anniversario dell’Associazione: «La circostanza che, a oltre 60 anni dalla fondazione, quel seme gettato continui a dare frutti, ci parla di una buona causa: una causa che vede al centro le persone. Oggi gli immigrati sono altri. Lo abbiamo visto, lo sappiamo. Ce lo ha ricordato il presidente Duilio. “Nuovi sguardi, altre voci”, li definite. Non vengono più dal Mezzogiorno d’Italia, dall’Italia del Meridione, ma da più lontano.  Da Paesi europei come l’Ucraina, aggredita da un’invasione insensata. Vengono dai Balcani. Vengono da altri continenti, gravati anch’essi da insostenibili condizioni. Altri sono anche gli attori di un servizio prezioso, di un grande lavoro, di un grande impegno che tende a migliorare gli obiettivi di solidarietà che la nostra Costituzione ha posto alle basi della nostra convivenza. E che va costantemente rammentato».

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