Sono giornate che non dimenticheranno, quelle che hanno vissuto i preadolescenti e adolescenti ambrosiani, a Roma. Da mesi si stavano preparando per quella che avrebbe dovuto essere una grande festa, segnata dalla canonizzazione di Carlo Acutis. Invece si sono ritrovati a partecipare a un dolore imprevisto, che li ha coinvolti personalmente. Un’ultima “sorpresa” di papa Francesco che, dopo aver augurato domenica 20 aprile «buona Pasqua», con la benedizione Urbi et Orbi e l’abbraccio ai fedeli in piazza San Pietro, ci ha lasciati, alle 7.35 del Lunedì dell’Angelo. Molto colpiti anche i giovanissimi, affezionati al Papa con il quale sono cresciuti, che avevano sperato tanto che si rimettesse in salute, grazie ai piccoli miglioramenti di volta in volta comunicati.
Una partenza e un arrivo a Roma, tra il 24 e il 25 aprile, che ha suscitato quindi in loro un mix di emozioni, come loro stessi hanno provato a esprimere, tra la tristezza e il ricordo per il Papa e il desiderio di vivere pienamente il Giubileo loro dedicato. Un’esperienza diversa da quella che si era immaginata, ma non meno intensa. Roma è stata così invasa dai 200 mila ragazzi giunti per il Giubileo degli adolescenti, ai quali si è unito tutto il popolo di Francesco, fedeli provenienti da tante parti del mondo per rendere omaggio e partecipare al funerale del Papa.
Un programma inevitabilmente modificato, quello del Giubileo degli Adolescenti, in comunione con tutta la Chiesa che sta vivendo un momento di tristezza per la morte del Santo Padre, e che ha portato ad annullare alcuni momenti di festa, come lo spettacolo musicale in programma sabato 26 aprile al Circo Massimo. Nonostante il lutto di questi giorni, i ragazzi hanno saputo però trasmettere “speranza” con la loro vivace freschezza.
Quasi 7000 i preadolescenti e gli adolescenti della Diocesi di Milano, organizzati in oltre 100 gruppi diversi: circa 3000 hanno optato per l’alloggio semplice, con materassini e sacco a pelo, in stile “Gmg”, che ha accolto per la notte i ragazzi ambrosiani alla Fiera di Roma. Con loro, in questa tre giorni così particolare, erano in 200 mila, provenienti da ogni parte del mondo. Tanti, dunque, tantissimi, oltre le previsioni, venuti da 123 Paesi, in rappresentanza di tutti i continenti.

La “Via Lucis”
Decine di migliaia si sono radunati, mettendosi in cammino nel tardo pomeriggio di venerdì 25 aprile per la “Via Lucis”, come un fiume in piena di colori, tra magliette, cappellini, bandane, in cui spiccavano i gruppi ambrosiani, ben riconoscibili grazie al kit proposto dalla Fondazione Oratori Milanesi: il foulard con Carlo Acutis, i braccialetti da condividere con le sue frasi, il moschettone con il Qr Code per accedere ai materiali per accompagnare la preghiera di questi giorni e i simpatici occhiali da sole arancioni.
Tutti si sono radunati sulle scalinate e attorno alla chiesa dei Santi Pietro e Paolo all’Eur. Un momento di preghiera, canto e meditazione, che si è aperto con le parole dell’arcivescovo Rino Fisichella: «Benvenuti a celebrare insieme questo Giubileo! Carissimi ragazzi, vogliamo vivere la gioia di celebrare il vostro Giubileo degli Adolescenti, ripercorrendo alcune tappe della Via Lucis: il cammino del Cristo Risorto assieme ai suoi discepoli».
Attraverso sette stazioni e la lettura di un brano di Vangelo per ciascuna, la preghiera ha permesso loro di immedesimarsi negli adolescenti che recitavano sul palco, immaginando cosa un ragazzo di oggi domanderebbe incontrando i testimoni della resurrezione, tra cui Santa Maria Maddalena, San Tommaso, San Giovanni, San Pietro, aiutandoli a ritrovare la strada verso Roma.
Il funerale del Papa
La giornata di sabato, cuore del Giubileo degli Adolescenti, ha visto molti gruppi partecipare al funerale di papa Francesco. Un colpo d’occhio suggestivo, questo popolo giovane presente alle sue solenni esequie.
Lo sguardo di preadolescenti e adolescenti, da diversi punti di piazza San Pietro o dai maxischermi di via della Conciliazione o lungo le vie di Roma, fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore (come il gruppo del Decanato di Besozzo, che lo ha atteso nella meta del suo ultimo viaggio, dove ora il Santo Padre riposa sotto la protezione della Madonna Salus Popoli Romani cui era tanto devoto), era catturato da quella bara in legno chiaro, con posato il Vangelo, sfogliato dolcemente dal vento.
Mentre l’omelia del cardinale decano Giovanni Battista Re ripercorreva l’intenso pontificato di Bergoglio, un Papa in mezzo alla gente con un cuore aperto a tutti, che ha condiviso ansie, sofferenze e speranze del nostro tempo, testimoniando una Chiesa dalle porte aperte, come un “ospedale da campo”, implorando la pace e invitando a una cultura dell’incontro, per costruire ponti e non muri e mettendo al centro il Vangelo della misericordia, molti di loro ricordavano il momento gioioso della sua visita a Milano e alle terre ambrosiane nel 2017, in particolare l’Incontro con i Cresimandi a San Siro.
Al termine della celebrazione, alcuni gruppi hanno mostrato i cartelli e gli striscioni (preparati all’ultimo, prima della partenza, come segno di affetto) che riportavano le scritte “Grazie Francesco”, “Non ci faremo rubare la speranza” o una delle frasi pronunciate dal Papa ai giovani, “Abbiate il coraggio di essere felici”.
Il passaggio della Porta Santa
Attraversare la Porta Santa era il motivo principale che li ha riuniti a Roma e il momento più simbolico del pellegrinaggio. L’hanno vissuto con particolare intensità nel pomeriggio di sabato 26 aprile, dopo il funerale del Papa, accompagnati dall’arcivescovo Mario Delpini che per primo ha dato avvio al cammino dalla piazza di Santa Croce in Gerusalemme, portando la croce, nell’ultimo tratto percorso da lui a piedi nudi, fino al passaggio della Porta Santa di Giovanni in Laterano. Per comprendere questo gesto, i ragazzi sono stati guidati a riflettere sulle parole del Vangelo secondo Giovanni 21,15-19, quando Gesù rivolge a Pietro, dopo la Risurrezione, la domanda «Mi ami tu?», che oggi ripete a ciascuno di noi.
L’Arcivescovo ha introdotto al passaggio della Porta Santa con queste parole: «Ecco, finalmente, posso deporre i miei peccati, i miei comportamenti sbagliati, le cose di cui mi vergogno. Ecco, finalmente, il Signore mi dice che sono liberato, che sono purificato, che sono pronto per una vita nuova. Gesù tiene all’amicizia, all’amore di Pietro, anche se l’ha rinnegato, anche se non è perfetto. Perciò io vorrei che voi, come me, possiate raggiungere questa convinzione: Gesù tiene a me, gli interessa se io gli voglio bene. Adesso io non lo so cosa valete voi, però io credo che Gesù chiamandoti, dicendoti: “ma tu mi vuoi bene?”, ti fa capire che tu sei prezioso o preziosa per lui, ci tiene il Signore a te, puoi avere stima di te, non perché sei perfetto o perfetta, ma perché scopri che Gesù desidera la tua amicizia. Io vorrei che questo passare dalla Porta Santa non sia un fatto devozionale un po’ magico, ma la scoperta di dire: entro in una casa in cui Gesù mi chiama perché tiene a me, perché gli interessa la mia amicizia».

I gruppi, guidati dai loro educatori, si sono susseguiti per tutto il pomeriggio con il breve pellegrinaggio fino alla meta della Porta Santa, a rappresentare la porta di passaggio che è Gesù stesso che conduce alla vita vera, che dura per sempre, richiamando le parole di Carlo Acutis, “La meta è l’infinito”.
Presente anche il Vescovo ausiliare Giuseppe Vegezzi che ha ricordato che «essere cristiani, vivere il Giubileo», significa «trovare una strada per vivere bene e in modo felice la nostra vita». Varcata la Porta Santa, venivano accolti dalle parole dell’Arcivescovo che, prima di benedirli e della foto ricordo insieme, chiedeva loro quale delle tre parole “Perché?”, “Maestro!”, “Va’!”, avevano scelto, richiamando la giornata “Verso Roma” di sabato 29 marzo, quando aveva dato loro mandato in Duomo a Milano.
La Messa
Anche la Messa del 27 aprile, domenica della Divina Misericordia, segnando il secondo giorno dei Novemdiales, ovvero i “nove giorni” di lutto per il Papa, era celebrata in suffragio per il Santo Padre, in una piazza San Pietro riempita dall’entusiasmo dei ragazzi (con i preado e ado ambrosiani, coetanei da tutte le diocesi d’Italia, dall’Europa, dagli Stati Uniti all’America Latina, dall’Africa all’Asia, dagli Emirati Arabi).
Nell’omelia il cardinale Pietro Parolin ha detto: «Papa Francesco avrebbe desiderato incontrarvi, guardarvi negli occhi, passare in mezzo a voi per salutarvi». Proprio in questa giornata, nell’evento giubilare dedicato agli adolescenti, era in programma la canonizzazione di Carlo Acutis, particolarmente sentita e attesa dai preadolescenti e adolescenti ambrosiani, ora momentaneamente sospesa. Parolin ha aggiunto: «A voi, a noi tutti, al mondo intero, Papa Francesco rivolge il suo abbraccio dal cielo». E i nostri ragazzi lo hanno immaginato a quelle parole, in Cielo, vicino a Carlo.
L’immagine iniziale che il Vangelo ha offerto in questa domenica ha rappresentato bene lo stato d’animo di tutti: un senso di tristezza, turbamento e smarrimento, rischiarato però dalla luce della risurrezione. Parolin ha aggiunto: «Di fronte alle tante sfide che siete chiamati ad affrontare – ricordo, per esempio, quella della tecnologia e dell’intelligenza artificiale che caratterizza in modo particolare la nostra epoca – non dimenticate mai di alimentare la vostra vita con la vera speranza che ha il volto di Gesù Cristo», un riferimento che sembra evocare anche la passione di Acutis per Internet e la tecnologia, strumenti usati per l’annuncio del Vangelo.

Le testimonianze
Entrare nella Basilica di San Pietro per dare l’ultimo saluto al Papa è stata un’esperienza toccante, come ci hanno raccontato gli educatori dell’oratorio di Costa Masnaga, che nella giornata di venerdì si sono messi pazientemente in fila, con i ragazzi che accompagnavano: «Siamo qui per testimoniare il suo messaggio, il non aver paura, il buttarsi nella vita e soprattutto essere sempre messaggeri della speranza».
Anche Lecco ha voluto portare con questo gesto il proprio affetto e quello delle loro comunità al Papa. Un’adolescente del gruppo, Ginevra, ha commentato: «Un evento storico, che mi lascia molto commossa, un valore aggiunto al nostro Giubileo degli Adolescenti».
Irene, educatrice del gruppo di Gallarate, ha espresso così le sensazioni di questi giorni: «Abbiamo potuto toccare con mano la speranza di tutti noi pellegrini in cammino. È stato molto emozionante vedere così tanti ragazzi orgogliosi di poter testimoniare la propria fede». Parole che fanno eco a quelle del seminarista Nikolas: «Ciascuno con la sua storia, con il suo cammino di fede, ma tutti noi 7mila ci siamo trovati a dire – come Pietro – che vogliamo bene a Gesù. Credo che la cosa più bella di questo Giubileo sia stato vedere tante persone da tutto il mondo che vogliono bene a Gesù, che per questa relazione non temono imprevisti (come la canonizzazione di Carlo Acutis rinviata), lunghe code e caldo, ma insieme dicono: “Signore, tu lo sai, ti voglio bene”».
Il viaggio di ritorno è stato il momento per raccogliere le emozioni vissute in questi giorni, come raccontatoci da Matteo, educatore di Premana: «A caldo quello che mi lascia questo Giubileo degli Adolescenti è sicuramente una grande iniezione di speranza e fiducia nel futuro. Vivere questi momenti con gruppi adolescenti da tutto il mondo ci ha fatto sentire la Chiesa viva. Non siamo soli nel cammino di fede, ma abbiamo moltissimi compagni di viaggio e insieme possiamo veramente lasciare un segno di speranza e pace per il mondo».
E un adolescente, Matteo, ha espresso il suo pensiero: «Il passaggio della Porta Santa, i momenti di preghiera, gli incontri unici, la particolarità, l’amicizia con gli altri ragazzi provenienti da tutto il mondo con cui condividere fasi della nostra vita indimenticabili e irripetibili… tutti momenti racchiusi in un’unica parola: Giubileo».
Altri ricordi di queste giornate ci vengono riportati dai preado e ado di Lainate: «Il Giubileo degli Adolescenti è stato per noi un’esperienza intensa e profonda. Tra la maestosità di San Pietro, il raccoglimento di momenti solenni come il funerale di Papa Francesco e la gioia dell’incontro con tanti coetanei, abbiamo sperimentato il volto vivo e giovane della Chiesa. Ci rimangono nel cuore immagini, emozioni e la consapevolezza di aver condiviso un cammino di fede autentico e pieno di speranza».
Riassumono l’esperienza di questi giorni le parole del Vicario per l’Educazione e la Celebrazione della Fede, don Giuseppe Como, Presidente della Fondazione Oratori Milanesi, che ha partecipato accompagnando la delegazione della Fom, che ha organizzato e curato l’iniziativa ed era presente con il direttore don Stefano Guidi e un gruppo di giovani collaboratori che si sono messi a servizio come volontari.: «Questo Giubileo era nato sotto il segno di Carlo Acutis e alla fine si è svolto sotto il segno di Papa Francesco. Il momento sicuramente più intenso sono stati i funerali che anche i più giovani hanno vissuto con molta partecipazione. E, sabato pomeriggio, il passaggio della Porta Santa: abbiamo potuto toccare con mano come il mondo degli adolescenti non è semplicemente problematico, un mondo di ragazzi in difficoltà, in crisi, o che non si riesce a capire, ma è un mondo di ragazzi entusiasti, che credono, che sono disposti anche a fare fatiche, per camminare insieme verso quella meta che Carlo e Papa Francesco ci hanno indicato».




