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Storie

Da volontaria in carcere ad «Alfiere della Repubblica»

Camilla Fanelli, educatrice della parrocchia milanese di Sant'Antonio Maria Zaccaria, riceverà dal Quirinale l'onorificenza per la sua attività di allenatrice nel penitenziario di Monza

di Stefania CECCHETTI

9 Aprile 2025
Camilla Fanelli

Cosa hanno in comune un gruppo di detenuti tra i 30 e i 40 anni, un campo di pallavolo, una ragazza di 18 anni e il presidente della Repubblica Mattarella? Sono tutti elementi di una bella storia di riscatto e solidarietà che ha per protagonisti alcuni detenuti del carcere di Monza e Camilla Fanelli, giovane della parrocchia Sant’Antonio Maria Zaccaria di Milano, dove da diversi anni è impegnata come educatrice, animatrice dell’oratorio estivo e allenatrice della società sportiva parrocchiale, affiliata al Csi (Centro sportivo italiano). A maggio, insieme a una trentina di coetanei, Camilla sarà insignita del titolo di «Alfiere della Repubblica», l’attestato d’onore riservato ai cittadini under 18 distintisi «nello studio, in attività culturali, scientifiche, artistiche, sportive, nel volontariato» o che abbiano messo in atto «comportamenti ispirati a senso civico, altruismo e solidarietà».

Camilla, che oggi ha 21 anni e studia per diventare fisioterapista, riceve questo attestato in virtù della sua attività di allenatrice nell’ambito del Csi, che tre anni fa l’ha portata a partecipare al progetto «Liberi di giocare», avviato dall’ente di promozione sportiva all’interno di alcuni istituti di pena. Insieme al padre e alla sorella maggiore, anche loro allenatori in parrocchia, Camilla tutti i sabati mattina allena una squadra formata da una decina di detenuti del penitenziario di Monza.

Com’è stato insegnare la pallavolo a un gruppo di uomini molto più grandi di te?
All’inizio ero un po’ intimorita, pensavo non mi avrebbero presa sul serio per via della mia età. Invece poi ho visto che mi stavano ad ascoltare. Stanno perfino attenti a non dire troppe parolacce in mia presenza! Ci divertiamo molto, ma non solo, la sensazione è che abbiano voglia di imparare a giocare bene. Alcuni di loro non avevano mai visto prima un pallone di pallavolo.

Come hai vissuto la notizia che eri stata scelta per questa onorificenza?
Non me lo sarei mai immaginata. Qualche giorno fa Elisabetta Soglio, la direttrice di «Corriere Buone Notizie», che mi aveva intervistata lo scorso dicembre, mi cercata per avvisarmi che mi avrebbero chiamata dal Quirinale, per evitare che riattaccassi pensando a uno scherzo. Sono emozionatissima.

Cosa viene premiato, secondo te, con questo attestato?
Credo soprattutto il fatto che questo volontariato si svolga in un carcere. L’attenzione sul mondo carcerario è molto alta in Italia ultimamente, anche per gli episodi di suicidio che purtroppo sono sempre più numerosi. E poi, secondo me, è stato molto significativo che a dicembre papa Francesco abbia aperto nel carcere romano di Rebibbia una delle Porte Sante del Giubileo. Un gesto senza precedenti, che ha portato ancora maggior attenzione sul carcere e sui detenuti.

Qual è il senso di fare volontariato dentro un penitenziario?
I carcerati, qualsiasi cosa abbiano fatto, rimangono sempre persone, hanno diritto a una seconda opportunità. E questo vale per quelli che sconteranno il resto della vita in carcere, ma ancor più per quelli che hanno un fine pena, anche se non vicino. Giocare con loro, trattarli come persone, insegnare loro il rispetto delle regole che nello sport è essenziale… credo che tutto questo porterà frutto nel momento in cui usciranno di prigione e dovranno reinserirsi nella società.