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La Visita pastorale 2024-2025

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Intervista

Lissone, in cammino con il mondo come orizzonte

Il decano don Ivano Spazzini parla del territorio in cui è in corso la visita pastorale dell’Arcivescovo: «Dobbiamo far crescere fede e fraternità, concentrandoci non su quanto facciamo, ma sul perché, e progredire nella coesione delle Comunità pastorali»

di Cristina CONTI

7 Aprile 2025
Biciclettata della famiglie davanti alla chiesa prepositurale dei Santi Pietro e Paolo a Lissone

Fino al 25 aprile monsignor Mario Delpini sarà in visita pastorale al Decanato di Lissone (Monza Brianza), nella Zona pastorale V. «Il nostro Decanato comprende complessivamente 11 parrocchie – spiega il decano, don Ivano Spazzini -, e precisamente sette riunite nella Comunità pastorale Santa Teresa Benedetta della Croce a Lissone, tre nella Comunità pastorale Maria Vergine Madre dell’Ascolto (a Biassono, Macherio e Sovico) e per finire la parrocchia di Santo Stefano a Vedano al Lambro, per un totale di 73.313 abitanti. Vi operano 20 sacerdoti e con loro collaborano una dozzina di religiosi e religiose».

La crisi economica si è sentita molto nel vostro territorio?
Dipende dai paesi, in alcuni di più, in altri di meno. Non ci sono stati comunque gravi problemi. I centri di ascolto hanno visto crescere la loro attività, ma non si è mai arrivati all’emergenza. Il vero problema qui è la casa. Soprattutto per chi ha un lavoro e viene da fuori. Trovarne una in affitto è difficile perché i prezzi sono molto alti.

Gli immigrati sono molto presenti?
Sì, e il problema della casa è sentito soprattutto da loro. Sono comunità di diversa provenienza, ben integrate all’interno delle scuole e degli oratori. Sono più numerosi a Lissone, ma i numeri non sono grandissimi. E si nota la loro presenza in particolare negli oratori estivi.

Don Ivano Spazzini

Dopo la pandemia le attività sono riprese regolarmente?
La ripresa c’è stata sia alle funzioni, sia nelle normali attività parrocchiali. In particolare negli oratori. Molti sono tornati alle celebrazioni, ma i numeri sono inferiori rispetto al periodo pre-pandemia. Sicuramente assistiamo a una diminuzione dei bambini dovuta al calo demografico. Negli otto anni da quando sono arrivato qui il numero dei bambini è passato da 120 a 70-80.

Giovani: a che punto siamo?
Gli obiettivi che stanno alla base del loro cammino sono prevalentemente la questione vocazionale e l’impegno nel mondo, la missionarietà. A Lissone in particolare Casa Betania offre ad adolescenti e giovani la possibilità di sperimentare esperienze di convivenza. Grazie alla loro visione aperta sono stati i primi a vivere in modo coeso le esperienze di comunità pastorale: diversi momenti formativi infatti vengono svolti in comune, mettendo insieme realtà tra loro molto diverse. La pastorale giovanile sta lavorando molto bene grazie a due responsabili che riescono a coinvolgere i ragazzi in tante iniziative. Tra le località che compongono il nostro decanato è Lissone che ha un numero più alto di ragazzi.

Quali le sfide per il futuro e quali le attese per questa visita?
L’incontro con l’Arcivescovo ci ha fornito subito due criteri per indirizzare il nostro cammino. Innanzitutto dobbiamo avere la consapevolezza che quello che facciamo deve mirare a far crescere la fede e la fraternità nella nostra comunità: non dobbiamo concentrarci sul quanto facciamo, se troppo o troppo poco, ma sul perché. La seconda considerazione riguarda la coesione delle Comunità pastorali. Siamo realtà tra loro molto diverse. Abbiamo fatto passi avanti nella costruzione di un percorso comune attraverso la condivisione di criteri e scelte di fondo. Certo, ognuno ha le sue specificità, ma l’altro deve sempre essere considerato una ricchezza. Il nostro orizzonte deve essere il mondo. I giovani, come dicevo, fanno meno fatica, perché per loro questo modo di vedere l’altro è naturale. Noi adulti, invece, siamo più chiusi, ma con pazienza i passi avanti si fanno comunque. In molti hanno capito quanto è importante avere una comunità nuova. In questi giorni di visita l’Arcivescovo ha spesso un programma intenso, ma la gente qui è felice per la paternità che dimostra. La profondità della fede dà sempre molta felicità. E il confronto con le diverse realtà di volontariato, dell’associazionismo e imprenditoriali costituisce una grandissima ricchezza

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