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27 Giugno 2003

I discepoli di san Benedetto si insediarono in quest’angolo della Val Camonica nella prima metà dell’XI secolo, quando cioè il potente ordine di Cluny diffondeva in gran parte dell’Europa cristiana il suo spirito riformatore: austerità, moralità e recupero della purezza dell’ideale monastico delle origini. E centralità della figura di Cristo: motivo per cui, ad esempio, anche questa chiesa conventuale venne consacrata al nome del Salvatore. Senza dimenticare, tuttavia, che proprio a Brescia, fin dall’epoca longobarda, una delle chiese cittadine più importanti portava lo stesso titolo… Se San Siro è un gioiello d’arte romanica, San Salvatore non è affatto da meno. Anzi, alcune caratteristiche, alcune peculiarità, la rendono forse ancora più interessante. Scomparsi ormai da tempi i luoghi claustrali, trasformati gli edifici abbaziali, la chiesa si presenta invece intatta, con le sue tre navate, i capitelli scolpiti, la bella mole del tiburio ottagonale… Sentiamo la necessità di girarle attorno, di costeggiarla muro dopo muro, quasi per fare ciò che a San Siro non ci è stato permesso. E tocchiamo con mano la gratificante ruvidità dei massi squadrati, delle pietre sapientemente disposte. Tutto è semplice, tutto è vero. E armonioso, come l’alternarsi di pieni e di vuoti al suo interno, di archi e di colonne, che svelano e nascondono. Sui capitelli, come a San Siro, alati animali si inseguono e si scontrano, figure fantastiche si mostrano impudenti. Come le sirene dalla doppia coda, esseri per metà umani, per metà bestiali, monito a non lasciarsi cadere preda del peccato, che snatura, che trasforma, che rende “altra” la natura stessa dell’uomo. Sono sculture che impressionano, eseguite probabilmente da mani diverse, alcune più attente ai volumi, altre più disposte al dettaglio. Artisti locali? Scalpellini lombardi? Forse. Ma l’aria che si respira in San Salvatore diffonde, ci sembra, anche i profumi della Borgogna, brilla di accenti d’oltralpe. Il tiburio, ad esempio, massiccio ma non pesante (alleggerito, com’è, da bifore eleganti), è tipico di area francese. E la stessa struttura della chiesa, nella sua linearità, nel suo rigore, è uno splendido esempio di architettura cluniacense, così come si impose negli anni dell’abate Ugo di Sémur. Il sole ormai è tramontato dietro il monte sacro ai Camuni. L’oscurità avvolge San Salvatore, e del salmodiare antico dei monaci non resta che una debole eco portata dal vento.