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Milano

Il Paese ama gli Alpini perché sono a servizio donando loro stessi e la vita

Durante l'Adunata nazionale migliaia di “penne nere” hanno preso parte alla Messa presieduta in Duomo dall’ordinario militare per l’Italia, monsignor Santo Marcianò, aperta dal saluto dell’Arcivescovo. Sull’altare maggiore la reliquia di don Carlo Gnocchi

di Annamaria Braccini

13 Maggio 2019

«Riconoscenti per tutto ciò che fate anche in Diocesi di Milano».

Li saluta con affetto, l’Arcivescovo e loro – che sono, in massa, ovunque in Duomo, e in lunghe file fuori della Cattedrale – lo ascoltano in silenzio prima della Celebrazione eucaristica, presieduta dall’ordinario militare per l’Italia, monsignor Santo Marcianò.

«L’impresa produce l’intesa. Lo spirito di Corpo, il desiderio di incontrarsi, la lieta partecipazione non sono frutto di simpatia o di interessi, ma della condivisione degli ideali, della difesa di valori. Perciò, il mio invito è di intensificare le forme di condivisione in vista dello scopo comune: essere utili alla comunità, essere pronti per l’emergenza, essere generosi nel soccorso», dice il vescovo Mario, indicando anche, in modo simbolico, che «la cima chiede disciplina» e che non si deve sottovalutare «l’importanza dell’allenamento, dell’equipaggiamento, dell’organizzazione del gruppo». E, poi, l’onore «di essere convocati»: «gli Alpini non sentono la convocazione per una impresa o la chiamata per una emergenza come un disturbo, ma sono pronti a farsi avanti, si sentono onorati di essere utili, fieri di essere apprezzati».

La Celebrazione eucaristica

Da 3 richiami, esemplificati da altrettanti verbi, si avvia anche la riflessione di monsignor Marcianò che, di fronte al presidente nazionale dell’Associazione Nazionale Alpini, Sebastiano Favero, al presidente del Comitato militare dell’Unione Europea, generale Claudio Graziano, al comandante delle Truppe Alpine, generale Claudio Berto e al Capo di Stato maggiore dell’Esercito, generale di Corpo di Armata, Salvatore Farina, ma soprattutto rivolto alle migliaia di Penne nere presenti, scandisce: «É il momento dell’anno che aspettate di più. Siete una testimonianza preziosa, soprattutto perché tra tanti eventi, siete consapevoli che il cuore di tutto è l’Eucaristia».

«Siete un insostituibile valore per il nostro Paese, per l’Italia», aggiunge monsignor Marcianò, cui sono accanto, in altare maggiore – dove è posta anche la reliquia del beato don Carlo Gnocchi -, il vicario generale, monsignor Franco Agnesi, monsignor Damiano Guzzetti, vescovo in Uganda, il presidente della Fondazione don Gnocchi, monsignor Enzo Barbante e il suo predecessore, monsignor Angelo Bazzari, tanti cappellani militari, in segno del forte rapporto che ha sempre legato Milano agli Alpini. Come testimonia la presenza delle autorità civili, tra cui l’assessore Marco Granelli, in rappresentanza del sindaco Sala, il sottosegretario di Regione Lombardia, Alan Rizzi, il consigliere della Città metropolitana, Roberto Maviglia, il questore di Milano, Sergio Bracco e il prefetto Renato Saccone. Non mancano i Gonfaloni delle rispettive Istituzioni locali e, ai piedi dell’altare, il Labaro nazionale del Corpo con le sue impressionanti 209 Medaglie d’Oro al valor militare (216 in totale) e quello della Sezione di Milano, 9 le Medaglie d’Oro.

L’adunata del centenario, così denominata perché proprio a Milano fu fondata l’8 luglio 1919 l’Associazione Nazionale Alpini, con il suo momento di ricordo per i caduti in Duomo, viene definita una benedizione e un affidamento a Dio.

«Siete uomini che non vacillano, simbolo di forza speciale, non violenta, non aggressiva. Tre verbi tipici della vocazione cristiana sono incarnati in voi Alpini: rimanere, dare, scegliere», osserva l’Ordinario. «Il primo: la carità è autentica solo se non si allontana nel momento della fatica e della tragedia. Voi rimanete quando molti fuggono per paura, individualismo, incapacità di gestire situazioni difficili, come le calamità naturali, le tragedie che hanno flagellato e unito la nostra Nazione. Dare è il modo in cui Gesù ama e il modo in cui un Alpino ama fino al dono della vita. Ricordando i nostri fratelli caduti ciò si concretizza, ieri come oggi, nelle tante storie e volti di chi ha fatto del dono di se stesso il senso della propria esistenza. “Non escludere nessuno”, potrebbe essere un altro vostro motto: per questo c’è uno straordinario senso di amicizia verso di voi nel popolo italiano».

Impossibile non pensare, allora, alla presenza in Duomo di figure luminose di coraggio in tempo di pace, che hanno pagato un prezzo altissimo e doloroso come Andrea Adorno, insignito della Medaglia d’Oro al valore militare per il suo eroismo in Afghanistan o Luca Barisonzi che nello stesso Paese ha perso, in un agguato, l’uso delle gambe.

«Che fatica facciamo a vivere la fraternità, a crederci oggi: invece voi interpretate in modo giusto questa parola», prosegue Marcianò che, in riferimento allo “scegliere”, sottolinea: «Voi non scegliete ruoli, compiti e missione, ma scegliete solo di essere a servizio. È questa una testimonianza limpida, una seme di pace che vale anche per i volontari».

La conclusione, con il pensiero che va a don Gnocchi e a «questa festa stupenda», si fa impegno e richiesta «perché impariate a vivere ogni giorno di più il dono di voi stessi, come artigiani – direbbe papa Francesco – di quella pace, amicizia e fratellanza di cui la nostra Italia, il mondo, ha tanto bisogno. Il Signore vi benedica sempre».

Poi, nella liturgia, ancora tanti gesti e momenti di commozione come quando viene recitata, sull’attenti, la preghiera degli Alpini d’Italia o l’Ordinario indossa il cappello con la penna nera che gli viene donato, o quando, la benedizione finale è impartita da monsignor Marcianò con la reliquia dell’alpino don Carlo Gnocchi tra le mani. Don Carlo, uno dei 4 Beati che appartennero alle Penne nere, «segno di una santità riconosciuta che è di tutti». E l’applauso – spunta anche qualche lacrima – sembra non finire mai.