Si è svolto ieri il Ritiro diocesano di Avvento per gli adolescenti. È stata una giornata intensa in cui gli ado hanno potuto capire quanto è importante la loro vita e quanto vale agli occhi di Dio. Insieme, hanno potuto scegliere di mettersi in cammino con lo stile di chi, pellegrino, conosce la meta da raggiungere. Ecco come si è svolta la giornata, perché anche chi non c'era possa cogliere qualche spunto per il suo gruppo e per il suo percorso.


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Un mese esatto al Natale…

Come voglio vivere questo tempo di Avvento da oggi fino a Natale? Come voglio vivere la mia preghiera, la Messa, l’oratorio, in questo tempo? Come voglio arrivare a Natale?

Se lo domandano i gruppi di ado che hanno scelto di partecipare al Ritiro diocesano di Avvento di domenica 25 novembre, al Centro pastorale ambrosiano di Seveso, accompagnati dai loro educatori.

Subito vengono coinvolti in due piccoli laboratori: uno li invita a rispondere alla domanda “Cosa mi rende felice?”, scrivendo su un post-it; l’altro a scrivere su un foglio il proprio nome, decorandolo e personalizzandolo con fantasia e creatività, con diversi materiali a disposizione.

 

È il momento della meditazione, quest’anno incentrata sull’icona evangelica dell’anno oratoriano Lc 10, 1-11. 16-20. Don Stefano Guidi, direttore della Fondazione Oratori Milanesi, suggerisce alcuni pensieri: «Ti dico solo una parte di quello che Dio ti dirà, poi sarà Lui a parlarti, nel corso di questa giornata, e a dirti quella parola attesa o che non ti aspettavi… Tutte le volte che noi preghiamo il Vangelo, il Vangelo ha sempre una parola da dirci».

Pensiamo alla parola “Ritiro”: un termine un po’ sportivo, il ritiro si fa prima di una partita importante. «La partita da giocare è la tua vita! – spiega don Stefano – Quale partita ci giochiamo oggi?»

 

«La partita dell’amicizia, che significa “andare insieme”. Dio non manda mai nessuno da solo, manda a due a due: quando uno incontra Gesù, incontra sempre un fratello, una sorella, un oratorio, un gruppo, educatori, qualcuno di più grande, una comunità», con la complessità di distinguere tra un amico e un complice; Gesù ci chiama ad essere amici e a condividere il bene.

 

«La partita del donarsi. Ma tu ce l’hai dentro di te qualcosa per cui valga la pena spenderti fino all’ultimo, andare fino in fondo? Per cui vale la pena andare come agnelli in mezzo a lupi, nella prospettiva del dono?». Non azzannando come lupi, secondo la logica del mondo che dice che devi prendere prima degli altri, che devi essere il più forte e non puoi farti vedere fragile, ma come un pellegrino che fa un passo alla volta, senza fretta. Come il seme che cresce e sembra poca cosa, nel video che viene mostrato, eppure “la vita che porta dentro”. Così ogni ragazzo, ognuno, può pensare di non valere abbastanza, ma Gesù ti fa partire, per sperimentarti negli incontri, nelle situazioni. Gesù tira fuori il meglio da ciascuno».

 

«La partita della fiducia in te stesso – siamo alla terza partita, la terza dimensione, spiega don Stefano – Non lasciarti rallentare dalle paure, dai giudizi degli altri. Il tempo di Avvento è l’occasione in cui riscoprire come tu, agli occhi di Dio, hai un valore enorme, ciascuno di noi è figlio di Dio».

 

«La partita della fede. Gesù manda i 72 ad annunciare il regno di Dio. Con Dio la tua vita aumenta, non diminuisce. Quando metti Dio nelle situazioni della tua vita, le cose cambiano, Dio è capace di trasformarle». La partita della fede ce la giochiamo qui, in questo tempo in cui accogliere nel cuore il Regno di Dio, e sperimentare che con Dio la vita aumenta.

 

La riflessione continua con il confronto a gruppi e la preghiera personale, proposta in diverse modalità: l’adorazione, con la possibilità della confessione; e tre laboratori, uno riferito a un video con immagini riferite a tematiche di bullismo, violenza, alcol, droga, liti, indifferenza, sfida della vita stessa, per rispondere alla domanda “Chi e cosa è lupo nella mia vita? Quando ti sei sentito lupo?”, il secondo a coppie, ragionando sul loro essere missionari, pensando concretamente “chi, come, cosa” invitare un amico a qualcosa di bello, importante, il terzo in cui attaccare il proprio nome decorato al mattino, sparso a terra insieme agli altri, a pannelli in cui già compare, semplice, a matita, il proprio nome, a simboleggiare il fatto che il Signore ha scritto i nostri nomi nei cieli, ci ama da sempre e per sempre, ma chiede anche il nostro contributo, il nostro stile, il nostro colore, e di giocarci pienamente nella partita della vita!

 

Dopo il pranzo condiviso, una testimonianza coinvolge gli adolescenti: è il racconto entusiasta, vero e interattivo di alcuni giovani di Busto Arsizio e Milano Bovisa che quest’anno hanno vissuto il pellegrinaggio diocesano #permillestrade fino a Roma. Un cammino che è metafora della vita. Dal piccolo gioco su “cosa portare” nello zaino, per comprendere ciò che è essenziale e ci serve realmente da ciò che è superfluo ed appesantisce, ad alcuni video e quiz con risposta multipla per aiutare i ragazzi a ragionare su loro stessi, sui loro comportamenti e raccontare le tappe di un percorso che da Orvieto ha condotto i giovani fino a Roma, lungo l’Appia antica, per l’incontro con Papa Francesco. Mettersi in cammino equivale a mettersi in discussione, porsi delle domande che aiutano a costruire una spiritualità del pellegrino e quindi del cristiano.

«Per chi o per che cosa mi metto in cammino, ogni giorno? Per poter camminare bisogna mangiare:
sono sostegno e nutrimento buono per qualcun altro? Chi sono i nostri punti di riferimento? Da chi ci facciamo consigliare, a chi vi affidate? Su cosa costruisco le mie fondamenta, sulla roccia o sulla sabbia?» Le domande hanno un peso… come le domande impegnative che i giovani pongono al Papa nella Veglia al Circo Massimo. Coraggio, niente paura, non cedete al pessimismo… «Siate voi pellegrini sulla strada dei vostri sogni” – concludono la testimonianza – Buon cammino! Non far le cose per abitudine, chi cammina da solo si stanca, non ha più voglia (di studiare, di vivere, di partecipare a momenti che ti fanno riflettere)… No divanoterapia: zaino, scarponi e via!»

 

La celebrazione eucaristica è il modo più bello per concludere questa giornata “piena”, che ha richiesto impegno e fatica. I nomi di tutti i ragazzi sono ai piedi dell’altare, dove il pane e il vino consacrati nutriranno il cammino. «Guarda accanto a te, prima di te… tutti coloro che il Signore ti ha messo di fianco perché tu possa iniziare a vivere da protagonista la tua vita – suggerisce don Stefano Guidi nell’omelia – chi ci aiuta a tirare fuori il bello e il buono dalla nostra vita».

 

Delle piccole stelle luminose sono il piccolo segno che viene donato ad ogni ragazzo, al termine del Ritiro, perché si ricordino della meta, chiara, che il Signore indica loro, e senza fretta, possano procedere nel cammino della vita, da protagonisti, ma con il passo del pellegrino.

 

 

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