Un grande benvenuto - colorato d’azzurro nel cartellone preparato con cura dagli ado - accoglie l’Arcivescovo Mario Delpini in un nuovo incontro con gli adolescenti che, questa volta, si è tenuto a Pero, all’Oratorio Don Bosco, nella Comunità pastorale San Giovanni Paolo II, nella serata di lunedì 6 marzo. L'attenzione che l'Arcivescovo ha per questa fascia d'età si sottolinea con il suo desiderio di condividere l'esperienza che gli ado hanno del loro cammino di fede e di amicizia in oratorio. Come sappiamo, Mario Delpini, anche quest'anno, ha scritto la Lettera agli adolescenti, dal titolo "Parla con Dio. Chiamare il Padre nella preghiera". Concretamente, andando a incontrare gli ado, è proprio nella preghiera che il dialogo fra gli adolescenti e l'Arcivescovo si fa più intenso e prezioso.


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Il coadiutore don Simone Teseo, presentando all’Arcivescovo il gruppo adolescenti, 18/19enni e giovani, spiega il significato della prima attività, qualcosa di più di un semplice gioco: un momento di attivazione davvero originale che coinvolgerà tutti e allo stesso tempo diventerà occasione di andare in profondità, per «smuovere quello che siamo e conoscere aspetti di noi che magari nessuno ci ha mai chiesto».

«Nei nostri percorsi stiamo riflettendo e cercando di comprendere la questione dell’essere discepoli, pensando che il Signore ci chiama a essere tutti discepoli. Nei prossimi incontri approfondiremo la chiamata dei dodici: pensiamo a loro, che, chiamati da Gesù, non tutti si conoscevano – qualcuno sì, era amico o fratello o legato da altri gradi di parentela, ma altri non si conoscevano -. Nel cammino del discepolato si incontrano gli altri: anche in una comunità non è scontato che ci si conosca veramente, nel senso di conoscersi anche nel profondo».

Nella sorta di “speed date” organizzato (e che può essere riproposto in altri momenti nei nostri oratori) ci sono dei tavoli, due sedie poste una di fronte all’altra e un foglietto con queste domande: Qual è la tua opera d’arte/film/serie TV preferita? Quando ti sei sentito perdonato/a? Qual è il ricordo più bello che hai legato all’oratorio? Qual è la preghiera che senti più tua (salmo o canto)? Qual è il tuo sogno? Qual è stato il luogo o l’evento più forte dove hai sentito il Signore? Il gesto più bello ricevuto da un amico?

I ragazzi adolescenti si dispongono seduti all’interno del cerchio mentre i più grandi, gli educatori e l’Arcivescovo, al di fuori del cerchio. Nel tempo di due minuti e mezzo la persona che ha il foglietto davanti a sé con le domande può fare quante domande riesce. Può anche scegliere, se sente nel cuore un’altra domanda, di porre un’altra domanda, invece di quelle proposte.

Diversi adolescenti hanno avuto l’occasione di incontrare personalmente l’Arcivescovo o di intervistare altri ragazzi più grandi, un po’ più avanti nel cammino rispetto agli ado. Al suono del “dong” di avviso del tempo scaduto, ci si sposta secondo la freccetta: quelli all’interno in senso orario, quelli all’esterno in senso antiorario e si cambia così di posto (una volta si avrà le domande da fare, una volta le domande da ricevere). «Le domande e le risposte che ci siamo consegnati gli uni gli altri – ritiene don Simone Teseo – sono un’occasione di allargare lo sguardo: forse un po’ di quello che i dodici hanno gustato, conoscendo le persone – non scelte da loro – che Gesù aveva messo nel loro cammino, da accogliere come un dono».

Questa attività, diversa dal solito, ha messo tutti a proprio agio e ha creato quel clima di fraternità e informalità che è continuato piacevole nella cena condivisa, dove l’Arcivescovo – che non si è tirato indietro alle tante richieste di un selfie insieme – ha benedetto «questo nostro incontro, le radici che ci hanno convocato, l’amicizia e il proposito di essere in cammino e di conoscerci, allargandolo a tutte le persone cui vogliamo bene».

Più tardi, in cappellina, il momento di preghiera con le domande poste da alcuni adolescenti. Alla curiosità sincera su “Quando hai sentito la chiamata di Dio?” risponde loro così: «La chiamata del Signore l’ho sentita un po’ avanti negli anni. Sono entrato in seminario perché mi piaceva far il prete, vedendo quello che facevano, contenti di farlo (celebrare la Messa, fare l’oratorio, andare a trovare i malati ecc). Da adolescente, più o meno l’età di alcuni di voi, l’idea di fare il prete mi piaceva; la chiamata del Signore l’ho sentita mentre mi preparavo per fare il prete. Il Signore mi chiamava a fare di questo sogno non un modo per trovare qualcosa che mi piacesse ma un modo per stare con lui e rispondere a lui che mi diceva “seguimi”. In Seminario sono passato dall’idea di un sogno da realizzare all’idea di una vocazione a cui rispondere».

 

Ancora il desiderio di una parola da consegnare ai gruppi di adolescenti incontrati, da custodire, trattenere e affidare al Signore nella preghiera della “compieta” e con i canti. L’Arcivescovo la traduce con un’immagine, che consegna loro, legandosi a quella domanda “Qual è la tua opera d’arte preferita?” che tanti di loro gli avevano posto, all’inizio della serata.
É la Pietà Rondanini, un’opera cara da molto tempo all’Arcivescovo: l’opera della vecchiaia di Michelangelo – esposta al Castello Sforzesco di Milano – e incompiuta, così diversa dalla perfetta rifinitura del marmo della Pietà scolpita in età giovanile che possiamo ammirare a Roma, nella Basilica di San Pietro. «Pietà è una parola per dire quel momento drammatico in cui il Cristo morto viene deposto dalla croce e Maria lo prende tra le sue braccia – spiega loro l’Arcivescovo – Di solito viene rappresentata seduta e Cristo sulle sue ginocchia. Invece in quest’opera le due figure sono verticali. Il messaggio che io ricavo è che sembra che non sia tanto Maria che tiene il corpo di Cristo, ma sembra che Maria si appoggi al Cristo morto. Quando pensi di non farcela più… quest’opera ci ricorda che possiamo trovare la forza di andare avanti perché ti appoggi a Gesù che è morto per te. Appoggiatevi a Gesù, cercatelo, parlate con lui: è un sostegno che ricevo, sto in piedi perché mi appoggio a colui che per me è morto. “A questa morte si aggrappa chi vive”».

 

Così ritroviamo lo slancio per vivere intensamente e nella preghiera questo cammino di Quaresima nei nostri oratori.

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