di don Samuele Marelli


I quattordicenni al Sacro Monte di Varese

Nel contesto del decennio sull’educazione, i nostri vescovi ci raggiungono con un dono prezioso che accogliamo con grande gioia e profonda responsabilità: una nota pastorale interamente dedicata al valore e alla missione dell’oratorio. «Il laboratorio dei talenti» costituisce realmente un inedito assoluto nel panorama della Chiesa italiana che sceglie così in modo chiaro e preciso di continuare a puntare su questa esperienza educativa.

Il pronunciamento dei vescovi giunge in una stagione complessa della vita dell’oratorio. Da un lato si registrano consensi diffusi e crescenti, riconoscimenti, attestati di stima e un rinnovato interesse non solo dagli ambienti ecclesiali; dall’altro lato però non si può tacere la crescente fatica dovuta alla diminuzione delle risorse educative, accanto alla complessità dei contesti di vita dei ragazzi e alle nuove sfide della cultura contemporanea.

A partire da questa situazione il documento si propone di indicare alcuni grandi percorsi nella vita dei nostri oratori.

1. Custodire la memoria

La prima indicazione che ci viene consegnata è quella di non disperdere il grande patrimonio educativo che la tradizione ci consegna. Davvero quella dell’oratorio è una storia ricca e feconda, forse ancora poco conosciuta in tutta le sue sfaccettature.

Gli oratori non sono mai nati da progetti a tavolino ma dalla capacità di leggere e interpretare la sfide di un tempo e di una cultura. Sono nati dalla passione di alcuni santi e di tanta gente comune, ma soprattutto di una Chiesa che da diversi secoli ha scelto questo strumento per esprimere la sua cura per l’annuncio del Vangelo e per il bene dei ragazzi.

2. Riaffermare i fondamenti

Il cuore della nota pastorale è certamente costituito dalla volontà di ridire con forza e convinzione che l’evangelizzazione è il principio che sostiene e orienta ogni azione educativa a favore della crescita integrale della persona. La fedeltà al vangelo costituisce dunque il presupposto imprescindibile di ogni attività oratoriana.

Insieme a ciò viene ripetutamente sottolineato che l’oratorio esprime in modo concreto ed eloquente la cura dell’intera comunità verso le nuove generazioni, favorendo le alleanze con tutte le agenzie educative, a partire naturalmente dalla famiglia.

La caratteristica fondamentale di tale cura rimane sempre la dimensione vocazionale intrinseca in ogni esperienza educativa che ha come scopo testimoniare la possibilità di una progettualità capace di rispondere al desiderio di felicità e insieme all’accoglienza della volontà di Dio.

3. Verificare le dinamiche

I rapidi mutamenti che il nostro tempo porta con sé ci chiedono di verificare lo stile e i metodi dell’oratorio a partire dalla necessità di ristabilire un forte intreccio tra la fede e la vita, mediante proposte diversificate e organiche, capaci di attivare il protagonismo del soggetto, anche attraverso un sapiente equilibrio tra il cammino personale e quello comunitario.

In tutto questo l’oratorio riconosce l’importanza di creare contesti relazionali significativi che possano contrastare l’impoverimento generale di relazioni autentiche e positive, la cui mancanza viene spesso colmata con il surrogato della comunicazione virtuale.

Ogni oratorio è chiamato poi ad un serio discernimento e ad un’attenta verifica delle dinamiche concrete legate al luogo, ai tempi e ai linguaggi.

4. Rinnovare l’impegno

L’ultima parte del documento vuole affermare la necessità di rinnovare l’impegno e la passione educativa anzitutto a partire da una riflessione sulla necessità di figure educative stabili, qualificate e autorevoli che facciano riferimento ad un responsabile. I diversi educatori sono chiamati in particolare a confrontarsi con le nuove sfide dell’interculturalità, della marginalità e delle nuove tecnologie, nel desiderio di rendere la proposta educativa sempre più aderente ai bisogni reali.

Accogliamo dunque il dono di questo documento con il desiderio di far crescere i molti talenti già presenti in quel laboratorio educativo permanete che è l’oratorio, perché possa essere sempre un tesoro molto antico ma anche sempre nuovo.

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