La serata di incontro dei giovani del Decanato di Lissone con l’Arcivescovo Mario Delpini, dopo il momento conviviale della cena, ha raccolto i giovani in un’intensa veglia di preghiera, sulle orme di Pietro, nella Chiesa parrocchiale San Martino Vescovo a Biassono

Letizia Gualdoni
Servizio per i Giovani e l'Università

Visita pastorale Arcivescovo - Decanato Lissone - Sito

All’ingresso dell’Oratorio San Luigi di Biassono, giovedì sera, 27 marzo, l’Arcivescovo, in occasione della sua visita pastorale nel Decanato, viene accolto subito dal saluto dei giovani e dei loro educatori ed educatrici.
Si inizia con il tempo conviviale della cena, condivisa insieme, e le foto di rito.
Poi l’incontro si sposta alla Chiesa parrocchiale San Martino Vescovo, per una veglia di preghiera che comincia dal piazzale della Chiesa, dove i giovani intonano il canto “Chiamati per nome”.

I giovani si sono preparati, in questi mesi, sulle orme di Pietro, seguendo la sua figura, la sua vocazione, poi analizzando il momento della crisi e del tradimento per una riflessione sulle crisi di fede; nella serata, invece, oltre ai brani che li hanno accompagnati in questi mesi di riflessione, ascoltano il Vangelo di Giovanni, in cui si ricorda il momento in cui Gesù riappare ai suoi discepoli e rinnova a Pietro quel “Seguimi”.
Si mettono dunque in preghiera e anche in cammino: entrando, si fermano al Battistero, il momento in cui ciascuno di noi è stato chiamato nella Chiesa; poi, fanno sosta al confessionale, dove ciascuno di noi è chiamato a ricucire le crisi che viviamo; per poi arrivare all’Eucaristia, l’incontro con il Signore che ciascuno di noi vive.
Tra canti e letture della Parola di Dio, nel terzo momento “Mi ami tu?” i giovani pongono all’Arcivescovo le loro domande, suscitate proprio dal Vangelo. L’Arcivescovo introduce: «Come posso aiutare la mia vita a compiersi? Come posso rispondere a chi mi chiede di fare delle scelte? Cosa sentiamo davvero e come si fa a programmare il proprio futuro?». «Anche la storia di Pietro, con i suoi tentativi, ci suggerisce dei modi per affrontare le domande».
Chiedono i giovani: «Come sostenere la fede in un momento di crisi? Le è mai capitato di essere combattuto tra ciò che dice la fede e ciò che dice l’etica e il proprio spirito critico? Come si può sentire l’amore di Dio anche attraverso il dolore? Come mai non riesco a dominarmi e a non fare il male per me e per gli altri? Come posso riempire la mia vita di cose vere, che portano a crescere? Cosa si intende e come si fa a pregare? A volte mi sento un pappagallo… Perché proprio Pietro? Non ce n’erano di migliori? Oggi molte volte viviamo il binomio “agapao” e “fileo” (mi ami?) del botta e risposta tra Gesù e Pietro come occasione per resistere alle grandi scelte della vita: quale consiglio potrebbe darci per avere il coraggio di osare e non temere di scegliere l’Amore vero? La fiducia degli amici di Gesù ci lascia perplessi, come fidarsi di una Parola soltanto per gettare le reti in modo concreto e reale nella nostra quotidianità?».
Come sottolinea l’Arcivescovo, ci sono domande che si possono porre solo per una specie di curiosità, oppure domande come invocazioni di una rassicurazione, altre per interesse “intellettuale”, o ancora come una sorta di sfida… oppure le domande che inquietano, esprimono l’incertezza su una cosa importante (“Mi vuoi veramente bene?”, chiede il ragazzo o la ragazza alla persona di cui è innamorata; “Mi chiama veramente Gesù?”, la domanda che lascia una speranza, una invocazione di salvezza).
«Che cos’è la fede? Per noi, per noi cristiani – afferma l’Arcivescovo nel suo intervento – è un rapporto. La fede è una relazione con Gesù. Non è una mia opinione, una dottrina a cui devo prestare il mio assenso, è una relazione con Gesù… Cosa vuol dire rapporto con Gesù? Vuol dire che Gesù mi parla. Come mi parla? Non l’ho mai sentito! Gesù mi parla, leggi il Vangelo. Gesù mi parla! Gesù vuole essere tuo amico: “Io li ho chiamati amici perché quello che ricevo dal Padre mio lo trasmetto a voi… Voglio esserti amico”. La fede è la relazione con Gesù.Voglio essere con te, tutti i giorni sino alla fine del mondo”. La fede è una relazione di amicizia: pensiamo a quella che vediamo fra di noi, per aiutarci. Cosa vuol dire allora avere un rapporto con Gesù come con un amico? Vivere questo rapporto come con colui che mi parla, mi chiama, mi offre le sue confidenze, risponde alle mie domande, mi incoraggia nei momenti di incertezza. Gesù è un vero amico! E Gesù è vivo. È qui, nell’Eucarestia, nel Vangelo che leggiamo, nella carità che pratichiamo, nell’amicizia che gioisce, anche nei momenti di crisi, affrontando le difficoltà nell’amicizia con Gesù.
Nella pesca miracolosa, il discepolo che Gesù amava lo riconosce, e dice: “È il Signore!”. Cioè, la conoscenza di Gesù dipende dal fatto che Gesù mi ama e si rivela a me. Cosa vuol dire pregare? Pregare vuol dire parlare con Gesù come con un amico. Pregare non è dire delle preghiere. Pregare vuol dire una relazione, quel momento in cui mi metto davanti a Gesù e gli dico quello che devo dirgli, tutte le domande che abbiamo: aiutami, ti ringrazio, perdonami, illumina la mia strada… La preghiera è una relazione personale, anche quando la vivo durante la Messa, con la comunità, con gli altri giovani negli incontri in oratorio. È un rapporto con un amico che è Gesù.
Come faccio a riempire la mia vita di bene? Come questi pescatori che sulla parola di Gesù hanno raccolto 153 grossi pesci… Come faccio a far sì che la mia vita sia spesa bene? Ecco, cosa devo fare? Ascolta Gesù: è lui che ti aiuta a capire quanto è prezioso ciò che hai dentro di te, i tuoi talenti, ti aiuta a capire come metterli a frutto… cioè capire che la tua vita è una vocazione, non siamo qui così per caso, non andiamo verso il futuro così come gente trascinata da una corrente, che va non si sa dove, non si sa come… Noi abbiamo l’idea che nella vita c’è un’amicizia che ci accompagna.
Ma poi come faccio a scegliere? Con quale criterio scelgo l’università che devo fare? Scelgo quale intensità dare alle mie amicizie? Con quale criterio dico: forse la vita è una vocazione al matrimonio, forse la mia vita è una vocazione alla consacrazione? Con quale criterio? Perché mi piace di più? Perché rende di più? No, il cristiano dice: scelgo dialogando con Gesù. Gesù non ti dice: fai l’ingegnere piuttosto che il prete, ma Gesù ti aiuta, se gli parli, a capire in che modo puoi mettere a frutto i tuoi talenti facendo quello che vuoi, l’ingegnere, il prete, l’insegnante, l’educatore… Gesù non vuole che tu faccia una cosa, ma che tu qualunque cosa faccia la faccia per amore, per servire.
“Seguimi!”, dice Gesù a Pietro; in quel momento un po’ drammatico, gli dice “Seguimi”, e cosa vuol dire? Vuol dire: vieni come ho vissuto io. Ma come faccio a vincere i miei difetti? Non riesco a fare il bene che desidero, continuo a fare quello che fa male, a me e agli altri. La vita cristiana non è una strada in discesa. Per lottare bisogna avere fiducia in Gesù. Bisogna conoscere i propri limiti e comprendere che la vita non è solo un buon proposito per vincere le tentazioni; dobbiamo chiedere: Gesù aiutami a liberarmi dal risentimento, dalla rabbia…
Ecco Gesù ti libera, e ti incoraggia a non restare solo; se hai bisogno di una persona adulta che ti dia dei consigli, che sia la voce con cui Gesù ti accompagna. In sostanza, Gesù vi chiama ad essere amici, e questa è una sorgente di gioia che può riempire la vostra vita, come ha riempito la mia, come quella di chi testimonia… Questo è fonte di una gioia, di una speranza. Ma oggi come si fa a sperare con tutte queste notizie, con tutte le pressioni che il mondo manda verso la cattiveria, la prepotenza, l’egoismo… Come si fa a sperare? Vi dico soltanto questo: bisogna credere in Gesù più che nelle notizie buone o cattive, bisogna fidarsi di Lui più che dello spirito di questo tempo depresso e declinante. Gesù cosa ci dice del nostro futuro? Solo questo: “Io sono con voi, tutti i giorni!”. Perciò il nostro modo di guardare il futuro è la speranza, non perché siamo sicuri che domani le cose andranno bene, anzi vogliono convincerci che le cose domani andranno peggio; invece noi, il popolo della speranza, andiamo verso il futuro dicendo: com’è il futuro? Il futuro sarà come lo faremo noi! Il futuro è il il tempo in cui realizzo la mia vocazione, e lo faccio con l’aiuto, l’amicizia, la presenza di Gesù. Gesù vuole essere tuo amico. Perciò devi rispondere a questa amicizia, a trovarne gioia, e a trovare da questa gioia motivo per essere testimone presso gli altri: ciascuno di noi deve sentirne la responsabilità per la gioia degli altri!».
Come simbolo di questa amicizia con Gesù, in conclusione, l’Arcivescovo dona a ogni giovane una piccola candela e la preghiera del Giubileo, invitandoli ad essere ogni giorno “pellegrini di speranza”.

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