di Vittorio Chiari
Mi ha colpito l’affermazione che Bianco rivolge al Nero, che lo vuole salvare dal suicidio, in "Sunset limited", un testo teatrale di Cormac MacCarthy: "Chi è sempre pronto a occuparsi dei perfetti sconosciuti molto spesso non si occupa delle persone di cui dovrebbe occuparsi. Per come la vedo io, se uno si limita a fare ciò che dovrebbe, non diventa un eroe".
Può essere vero per chi si interessa di tutto, dalla politica allo sport e ad opere sociali, che lo fanno sentire eroe di fronte alla gente: è anche un modo di liberarsi dall’impaccio di legami diventati pesanti in famiglia, di darsi un’immagine positiva agli occhi suoi e dei colleghi di lavoro o di quartiere. Personalmente credo che il vero "eroe" sia la persona fedele nel quotidiano agli impegni di responsabilità che ha assunto con le persone.
Un papà o una mamma che si dedicano a opere buone, trascurando l’educazione dei figli, non sono eroi, andassero anche in missione in Cina o in America Latina. La prima missione sono i figli che avrebbero un peso insopportabile da portare, quando nei primi anni, sono stati vittime della violenza familiare, chiamata abbandono educativo, naturale conseguenza dell’abbandono affettivo, del deserto di sentimenti in cui sono lasciati.
Si potrebbe dire lo stesso di una parrocchia e di un oratorio, che tralasciano l’attenzione ai giovani, ai più poveri e soli tra loro, curando invece un gruppo o un movimento, che gratifica e da sicurezza? Direi di sì, considerando la parrocchia cuore e madre della comunità e l’oratorio lo spazio di fraternità dove i giovani incontrano testimonianze di fede e di carità, dove anche i lontani o gli "scomodi" che lo frequentano, trovino l’occasione con incontrarsi con uno stile di vita, da cui Dio non è escluso, ma è l’anima!
Quale responsabilità per i credenti in tempi di laicità confusa, di secolarizzazione esasperata, di nichilismo esibito, di moltiplicarsi di religioni che invadono spazi e cultura mai prima occupati! Cristiani eroi quindi mi sembrano quelli del quotidiano, dell’educazione, dell’amore familiare, della solidarietà con i poveri, dell’animazione di oratori e gruppi, ecclesiali ed educativi, che indicano itinerari e cammini di speranza, dove la Fede prepara alla vita e illumina anche la morte.
Sembra di essere anonimi agli occhi della gente, ma si è riconosciuti agli occhi del Dio Amore, che rendiamo presente con i gesti comuni dell’amore umano, sia pure limitato come à il nostro. "È attraverso lo sguardo di mia madre, che ho colto lo sguardo di Dio", scriveva un adolescente, mentre un altro diceva la sua sofferenza di fronte a Dio chiamato "padre": "Non posso accettarlo, pensando a mio padre che mi ha lasciato solo quando ho avuto bisogno di lui!".
Eroi in oratorio! Non sembri così superata la "formula oratorio". Leggendo una ricerca sui giovani degli anni Cinquanta, sembrava inossidabile! Oggi deve affrontare il cambio culturale, che lo ha portato ad essere una delle tante proposte che i ragazzi hanno a disposizione. A suo sfavore gioca il fatto che è una proposta esigente, ma sta proprio qui la sua forza, compresa da chi la propone ed anche dagli stessi ragazzi, che in oratorio trovano persone che lo ascoltano, che lo valorizzano con un rapporto d’amicizia gratuita, quindi certamente vera!