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Cercasi "donatore di tempo"

La carità per vincere la noia!

Sette ragazzini per noia incendiano una mensa della scuola. Per noia altri danno fuoco a un clochard. Per noia moltiplicano gesti di violenza e di bullismo. Per noia sfidano la morte con l'auto lanciata in piena velocità. Per noia scatenano guerriglie dentro e fuori gli stadi. Per noia bevono, sballano� Per noia! Al contrario, la carità mette in fuga noia e tristezza. La carità è gioia!

di Vittorio CHIARI Redazione Diocesi

7 Maggio 2010

Mai come oggi i nostri ragazzi e giovani hanno a disposizione mezzi e soldi per divertirsi ma sembra che “il divertimentificio” non paghi! Non è accontentando i ragazzi e i giovani che si risponde alle loro esigenze di “senso”. Non hanno bisogno di essere “divertiti” ma di essere restituiti alla società del vivere, del pensare e del sapere, dei rapporti veri sul piano degli affetti, dell’amicizia, dell’amore. Accontentarli e divertirli è un tradimento, uno sforzo inutile, uno sciupio di denaro, di uomini e di energie che non portano a grandi risultati in campo educativo!

Ho visto giovani molto contenti domenica a Lugano, alla Mostra dei Mobili delle Ande peruviane, giovani dell’Operazione Mato Grosso, giunti dall’Italia, vestiti a festa per accogliere degnamente il loro fondatore, padre Hugo De Censi, un salesiano della Valtellina che gli 86 anni non hanno invecchiato. «Questi mobili, ha detto presentando la Mostra al folto pubblico accorso al richiamo, hanno il profumo di Dio: sono di legno pregiato che viene dall’Amazzonia e dalla Patagonia, è lavorato dai poveri delle Ande, quanto ricavato dalla loro vendita va tutto ai poveri».

E tra i poveri lavorano centinaia di giovani dell’Operazione, senza lo stipendio, senza alcuna assicurazione, ricercando attraverso questa esperienza la possibilità di incontrare Dio. «È la carità che salva, dice padre Hugo. Dio scrive con pennarelli indelebili il bene che facciamo, a matita i nostri peccati. La gomma che li cancella è la carità».

Tra quei giovani, Tonno, Antonio! Con sua moglie e i suoi sei figli sulle Ande, a 500 metri, gestisce una fattoria che dà latte e formaggio a migliaia di poveri. Tra gli adulti, Arturo, ex campione di calcio, che nel cuore del Perù sta sostenendo una cartiera che produce carta fatta a mano. Tra i preti, don Umberto, di ritorno in Italia per i malanni che l’hanno colpito nel clima micidiale di Pucallba. Nonostante tutto, sorridente, pronto a ritornare al suo oratorio sulle Ande.

E poi tanti altri, falegnami e artisti, ragazze che hanno aperto scuole di sartoria, di maglieria, di vetreria, dando lavoro a 7.000 poveri. Hanno organizzato una sfilata di moda a metà maggio a Palazzo Vecchio di Firenze perché le cooperative di lavoro che là sono nate hanno bisogno di piazzare i loro prodotti. Mi sono venute alla mente le parole di Giovanni Paolo II rivolte ai giovani allo stadio di Torino nel 1988: «Oso dire che un giovane della vostra età che non dia, in una forma o nell’altra, qualche tempo prolungato al servizio degli altri non può dirsi cristiano, tali e tante sono le domande che nascono dai fratelli e dalle sorelle che ci circondano».

La comunità civile, la Chiesa hanno bisogno non solo di donatori di sangue, benemeriti per il dono che fanno a chi è ammalato, ma anche di “donatori del tempo libero”, che si mettano a disposizione dei più deboli, di chi vive in difficoltà, nel campo educativo, dove in troppi scappano. Certo che è più facile dare il sangue che il tempo!

Ci vuole cuore per lavorare con i poveri e cuore per lavorare con i giovani! Mi raccontava un Vescovo indiano che, visitando con Madre Teresa di Calcutta un ospedale, si erano imbattuti in un bimbo idrocefalo. Il corpo magrissimo non era in grado di sostenergli il capo. Dopo averlo accarezzato, Madre Teresa aveva sussurrato: «Questo ragazzo sembra l’immagine della nostra società: molto sviluppate nell’intelligenza poco nel cuore».

La sola intelligenza allontana, mentre il cuore avvicina, salva, conforta e dà calore alla vita. Nel volontariato, vivendo la carità, ci sembra di perderla mentre è il momento che la guadagniamo. Sono le parole di Gesù Cristo, che garantiscono che il bene non andrà mai perso. La carità mette in fuga noia e tristezza. La carità è gioia! Per chi crede nel Vangelo, nulla è impossibile: per chi lo accoglie senza mezze misure, la vita è veramente nuova e pienamente realizzata. Mai come oggi i nostri ragazzi e giovani hanno a disposizione mezzi e soldi per divertirsi ma sembra che “il divertimentificio” non paghi! Non è accontentando i ragazzi e i giovani che si risponde alle loro esigenze di “senso”. Non hanno bisogno di essere “divertiti” ma di essere restituiti alla società del vivere, del pensare e del sapere, dei rapporti veri sul piano degli affetti, dell’amicizia, dell’amore. Accontentarli e divertirli è un tradimento, uno sforzo inutile, uno sciupio di denaro, di uomini e di energie che non portano a grandi risultati in campo educativo!Ho visto giovani molto contenti domenica a Lugano, alla Mostra dei Mobili delle Ande peruviane, giovani dell’Operazione Mato Grosso, giunti dall’Italia, vestiti a festa per accogliere degnamente il loro fondatore, padre Hugo De Censi, un salesiano della Valtellina che gli 86 anni non hanno invecchiato. «Questi mobili, ha detto presentando la Mostra al folto pubblico accorso al richiamo, hanno il profumo di Dio: sono di legno pregiato che viene dall’Amazzonia e dalla Patagonia, è lavorato dai poveri delle Ande, quanto ricavato dalla loro vendita va tutto ai poveri».E tra i poveri lavorano centinaia di giovani dell’Operazione, senza lo stipendio, senza alcuna assicurazione, ricercando attraverso questa esperienza la possibilità di incontrare Dio. «È la carità che salva, dice padre Hugo. Dio scrive con pennarelli indelebili il bene che facciamo, a matita i nostri peccati. La gomma che li cancella è la carità».Tra quei giovani, Tonno, Antonio! Con sua moglie e i suoi sei figli sulle Ande, a 500 metri, gestisce una fattoria che dà latte e formaggio a migliaia di poveri. Tra gli adulti, Arturo, ex campione di calcio, che nel cuore del Perù sta sostenendo una cartiera che produce carta fatta a mano. Tra i preti, don Umberto, di ritorno in Italia per i malanni che l’hanno colpito nel clima micidiale di Pucallba. Nonostante tutto, sorridente, pronto a ritornare al suo oratorio sulle Ande.E poi tanti altri, falegnami e artisti, ragazze che hanno aperto scuole di sartoria, di maglieria, di vetreria, dando lavoro a 7.000 poveri. Hanno organizzato una sfilata di moda a metà maggio a Palazzo Vecchio di Firenze perché le cooperative di lavoro che là sono nate hanno bisogno di piazzare i loro prodotti. Mi sono venute alla mente le parole di Giovanni Paolo II rivolte ai giovani allo stadio di Torino nel 1988: «Oso dire che un giovane della vostra età che non dia, in una forma o nell’altra, qualche tempo prolungato al servizio degli altri non può dirsi cristiano, tali e tante sono le domande che nascono dai fratelli e dalle sorelle che ci circondano».La comunità civile, la Chiesa hanno bisogno non solo di donatori di sangue, benemeriti per il dono che fanno a chi è ammalato, ma anche di “donatori del tempo libero”, che si mettano a disposizione dei più deboli, di chi vive in difficoltà, nel campo educativo, dove in troppi scappano. Certo che è più facile dare il sangue che il tempo!Ci vuole cuore per lavorare con i poveri e cuore per lavorare con i giovani! Mi raccontava un Vescovo indiano che, visitando con Madre Teresa di Calcutta un ospedale, si erano imbattuti in un bimbo idrocefalo. Il corpo magrissimo non era in grado di sostenergli il capo. Dopo averlo accarezzato, Madre Teresa aveva sussurrato: «Questo ragazzo sembra l’immagine della nostra società: molto sviluppate nell’intelligenza poco nel cuore».La sola intelligenza allontana, mentre il cuore avvicina, salva, conforta e dà calore alla vita. Nel volontariato, vivendo la carità, ci sembra di perderla mentre è il momento che la guadagniamo. Sono le parole di Gesù Cristo, che garantiscono che il bene non andrà mai perso. La carità mette in fuga noia e tristezza. La carità è gioia! Per chi crede nel Vangelo, nulla è impossibile: per chi lo accoglie senza mezze misure, la vita è veramente nuova e pienamente realizzata.