“La Chiesa siamo tutti noi che veniamo convocati nel luogo sacro, ma rigenerati dal perdono, siamo chiamati a donare la nostra fede e noi stessi a coloro che il Signore ci fa incontrare ogni giorno”
Parole del cardinale Scola, che arriva attesissimo da molte centinaia di fedeli nella parrocchia Immacolata Concezione, al Decanato Giambellino.
E l’occasione è, in effetti, di quelle che la comunità affidata ai Padri Concezionisti, ricorderà a lungo. Infatti, l’Arcivescovo presiede la liturgia della Dedicazione della chiesa e consacrazione dell’altare della parrocchia, nel Cinquantesimo dell’edificazione della chiesa stessa e nel 25° anniversario della fondazione della parrocchia. Accolto dal parroco, padre Mario Pesenti e da molti religiosi, il Cardinale dopo la simbolica consegna delle chiavi della chiesa, la benedizione dell’acqua al Fonte battesimale e l’aspersione del popolo, in ricordo del battesimo, esprime tutta la sua gioia di Pastore.
«Delle tante azioni che l’Arcivescovo è chiamato a compiere, nessuna è per sua natura così preziosa e così cara come la visita nelle parrocchie e nelle realtà dove tutti i fedeli e tutti i battezzati vivono quotidianamente. Anche se quasi mai i mezzi di comunicazione danno rilievo alla visita nella parrocchia, questo è per l’Arcivescovo uno tra gli atti più importanti e più cari del suo ministero. Perché il ministero del sacerdote è tutto in funzione del popolo di Dio», dice subito, aprendo la sua omelia.
Gioia che diventa ancora più rilevante per il gesto della Dedicazione, che marca – nota ancora – «attraverso i gesti liturgici questo spazio sacro spalancandolo sulla piazza e a tutta la realtà del vostro quartiere così significativo per Milano».
Ma dedicare una chiesa cosa significa? E, ancora, cosa è la Chiesa nel suo complesso?
O meglio chi è la Chiesa?
La Chiesa siamo noi, anzi un «noi comunionale», infatti, se come diceva già Romano Guardini, che il Cardinale cita, “La Chiesa deve rinascere dalle anime”, «noi oggi potremo dire in modo più completo che la Chiesa deve rinascere dalla persona. Allora, la Chiesa in senso proprio, è il lasciarsi convocare tutte le domeniche da Gesù sacramentato, lasciando le nostre case e convenendo nel luogo sacro per rigenerarci – attraverso la domanda di perdono – nella verità, nella bontà e nella bellezza della nostra vita quotidiana».
Perché per la verità cristiana, non esiste separazione tra “recinto” sacro e ciò sta fuori: Niente deve essere profano per il cristiano.
Da qui l’importanza «di venire nel tempio consacrato, fatto di marmi e di mura, ma nella consapevolezza che il tempio vivo siamo noi che portiamo il grande dono che, a nostra volta abbiamo ricevuto, nel quotidiano, sperimentando la vita con una forma eucaristica, come diceva il beato Giovanni Paolo II.
Il che significa – sottolinea l’Arcivescovo – il dono di noi stessi a tutti coloro che il Signore ci affida». Dalla famiglia, con il ruolo di sposi, genitori aperti alla generazione e alla vita, ma anche nel lavoro, specie nelle difficoltà presenti e nella festa.
«Pensiamo alla rilevanza del riposo festivo, che è da conservare», scandisce, «perché è spazio di comunione, così come la festa è un luogo sociale. Se in una famiglia il papà fa riposo un giorno, la mamma un altro, il figlio un altro ancora, non si attinge il riposo in senso forte. In ogni condizione
della vita, come ci ricorderà il VII Incontro mondiale della Famiglie, non dobbiamo portare la forma eucaristica, cioè il dono di noi stessi alle persone che ci sono vicine secondo la legge della prossimità, arrivando a condividere i bisogni più radicali di quanti sono nella prova, sia materiale che spirituale, a partire dagli ultimi. Questo è il senso della festa di oggi. I criteri del vero culto sono la conferma nella fede e nell’amore».
E commentando la pagina evangelica di Giovanni, il cui testo invita la rileggere in famiglia, lungo la settimana, magari con qualche vicino di casa, il Cardinale riflette sul confronto che definisce “molto duro” tra Gesù e i farisei. “Duro” proprio in virtù della novità sconvolgente che un uomo si dica Dio: ieri come oggi.
«Nella discussione su chi è il Padre, Gesù non è un buonista, un politicamente o religiosamente corretto. Di fronte agli argomenti dei farisei, che sono ragionevoli – e che sono anche i nostri quando rischiamo di non credere – Gesù emerge come tutto uomo, ma anche come Colui che è Dio con noi».
E, infine, facendo riferimento alla Dedicazione della parrocchia: «La Madonna, come Immacolata Concezione, dice bene quale deve essere lo stile che dobbiamo imparare: essere tesi con lo sguardo rivolto a Cristo, invocando il rapporto con lui attraverso la comunità cristiana».
Poi, la liturgia suggestiva e partecipata con le litanie dei santi, la preghiera di dedicazione e le unzioni dell’altare e delle pareti della Chiesa – per la quale L’Arcivescovo si sposta all’interno della chiesa tra la folla in silenzio e meditazione, l’incensazione dell’altare e la sua copertura, l’illuminazione che ricorda la luce che è Cristo per noi. Davvero una grande, unica invocazione A Cristo Signore di tutto e di tutti, «Christe cunctorum dominator alme”, come recita il magnifico Inno ambrosiano peculiare della Dedicazione.