«Un libro che nasce dalle reazioni ad alcuni passaggi di Evangelii Gaudium. Reazioni, in qualche caso, un poco scomposte che sono arrivate ad accusare papa Francesco di essere addirittura un marxista». Dice così il notissimo vaticanista Andrea Tornielli del suo volume, firmato insieme al collega Giacomo Galeazzi, “Papa Francesco. Questa economia uccide”. Alla presentazione, moderata dal vicedirettore de “La Stampa” Francesco Manacorda presso il Cinema Teatro “Palestrina” affollatissimo, ci sono il cardinale Scola e l’economista Stefano Zamagni.
Nell’incontro, promosso da Vatican Insider e dal Movimento Cristiano dei Lavoratori – è presente il presidente nazionale Carlo Cosatalli, oltre a molti rappresentanti della società e del mondo economico –, ci si confronta ovviamente sull’economia, ma non solo, tanto che Tornielli specifica: «È interessante mettere insieme tanti interventi del Papa per cercare di leggere in filigrana i suoi due anni di Pontificato. Siamo partiti dalla domanda perché egli affronti in questo modo i temi sociali e come questo stesso modo non sia un approccio sociologico, ma abbia a che fare con l’essenziale del Vangelo. Abbiamo voluto suscitare un dibattito per far conoscere la Dottrina Sociale della Chiesa ancora oggi largamente sconosciuta».
E di un «volume stimolante e contemporaneamente utile per situare il “fenomeno” papa Francesco, che ha provocato e sta provocando a una personalizzazione della fede o, comunque, a un positivo atteggiamento di ricerca circa il senso della vita quotidiana», parla l’Arcivescovo, che aggiunge: «L’intervista inedita al Papa (che il saggio pubblica unitamente a quelle a Zamagni e al banchiere Ettore Gotti Tedeschi) è una perla che andrebbe maggiormente diffusa, proprio perché è lo stesso Francesco a dire che non parla da un punto di vista tecnico, ma cercando di descrivere ciò che accade».
Un punto di partenza importante per il Cardinale appunto perché «l’economia tocca la vita di tutti noi, morde la carne con la crisi e dobbiamo lottarvi tutti i giorni capendo, in realtà, molto poco a causa del linguaggio troppo tecnico o tecnicistico degli esperti del settore. Il coraggio che il Papa dimostra è, invece, quello di dire che l’economia ci riguarda, mi riguarda, tanto che l’intervista rappresenta la silhouette intera del Pontefice e di un Papato che tocca tutti gli argomenti con un umanesimo realista, partendo dalla radici dell’uomo, dalle relazioni di base, denunciando la dimenticanza del principio della destinazione universale dei beni che spesso anche i cattolici hanno smarrito».
Insomma, papa Bergoglio non propone una lettura ideologica dell’esperienza cristiana – «esattamente il contrario di quello che alcuni hanno erroneamente interpretato» –, ma si rifà a ciò che la Costituzione conciliare Gaudium e Spes già chiamava l’“uomo intero”. Da qui la prima conclusione di Scola, che sottolinea, «Occorre evidenziare come l’economia non sia un fatto di natura immutabile ma fatto di cultura sul quale possiamo incidere».
Nell’articolata comunicazione di Zamagni ad emergere è, ancora una volta, il coraggio del Papa « in una fase storica come l’attuale in cui si rischia di accodarsi alle tendenze prevalenti. Trattare della visione economica in questi termini è una sfida di non poco conto».
Soprattutto considerando che non è chiarissimo ai più che l’economia di mercato è nata nel XV secolo in ambito francescano per rispondere al dramma della povertà delle plebi e che fino a papa Leone XIII e alla sua Enciclica Rerum Novarum, la Dottrina Sociale era chiamata in un senso più ampio Doctrina Civilis.
«Il cristianesimo è una religione incarnata e non incartata e, dunque, il Papa richiama l’attenzione di tutti credenti e non credenti sul fatto che l’economista non è solo un tecnico e che l’economia ha a che fare, e molto, con l’etica», nota Zamagni.
Da scuole di pensiero che hanno predicato «un’economia divenuta il regno dei fini, una politica regno dei mezzi e un’etica a servizio dell’economia, la globalizzazione e la terza rivoluzione industriale, quella delle nuove tecnologie, hanno ormai posto la politica a servizio interamente del mercato. Di fronte a questo, papa Francesco non può tacere», continua l’economista.
Come a dire, «non si tratta solo di soccorrere le ferite, ma come già osservava Benedetto XVI in Caritas in Veritate, ma di intervenire sulle cause generatrici di quelle ferite, la diseguaglianza e l’ingiustizia sociale».
E se è vero, come è sotto gli occhi di tutti, che «il capitalismo globalizzato abbia assunto la forma di una religione, sia diventato, “totalista” – nel senso usato da Giovanni Paolo II per l’uomo che vuole tutto per sé –, ben si comprende perché il Papa voglia fare appello alla coscienza almeno perché siano chiari e riconosciuti tali trends.
«Di fronte a quello che sta avvenendo non è più possibile tacere perché qui non sono in gioco interessi, ma l’umano. Il Papa si gioca in prima persona e invita anche noi a farlo, recependo una concezione del lavoro che rispetta il fine stesso di ciò su cui si lavora», scandisce l’Arcivescovo. «In questo senso, il concetto del “gratuito” nella Caritas in Veritate non è stato compreso. È stato considerato come una sorta di belletto per abbellire l’economia e non come un suo dato sostanziale. Invece, il Santo Padre riprende questo tema a partire dalla figura del povero che è categoria teologica. Se non ci facciamo testimoni di cosa sia la dignità dell’uomo, la solidarietà, la sussidiarietà – e non lo facciamo qui e ora –, non siamo veri cristiani. Il Papa avvia degli esercizi effettivi della dignità dell’altro soprattutto del più debole e povero è così mette in moto dei sistemi di mutazione. Ognuno di noi sta bene quando ha un rapporto corretto con Dio, gli altri e con se stesso ed è in questo contesto che occorre trovare le radici dell’impegno a favore della solidarietà».
Questione cruciale in un’epoca di autoreferenzialità ed individualismo – dove, come diceva Nietzsche, basta “volere per volere” – che si manifesta come non mai nei fatti di questi giorni. «Non ci baserà più, commentare i tragici fatti del mondo davanti alla televisione con un bicchiere di whisky in mano, siamo stanati da tali vicende e non è detto che, anche come tranquilli cristiani europei, non saremo, magari, chiamati al martirio di sangue. Tutto, anche l’economia e la finanza, deve essere ricondotto a uno sguardo unitario sull’uomo, spiegando, ad esempio, che la proprietà privata non significa che tutto ci appartiene e che la destinazione universale dei beni deve accompagnare la nostra azione. La questione non è aiutare i poveri ma farci evangelizzare da loro.
Non a caso la provvidenza sceglie l’uomo che guida la Chiesa».
E, allora, poco importa che certe espressioni di Evangelii Gaudium, come la citata “ricaduta positiva” – a definire il cosiddetto “effetto di sgocciolamento” per cui “se la ricchezza aumenta ce ne sarà per tutti”, come in un’alta marea che alza ogni barca – non siamo corrette economicamente. Il senso è chiaro: questo non è vero, laddove non si torni a un’economia di mercato e anche del reddito che sia inclusiva e non sempre più escludente.