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Libano

Scola in pellegrinaggio
sulle orme dei Santi maroniti

Nel corso del suo viaggio in Medio Oriente l’Arcivescovo ha percorso un itinerario tra santuari e monasteri, testimonianza di una Chiesa ricca di spiritualità e vitale nella sua fede e nelle sue opere di carità

di Davide MILANI

18 Giugno 2015

Montagne sante quelle del Libano. È percorrendo la strada litoranea che parte da Beirut, verso nord, che si incontra la montagna col santuario più famoso di questa terra, Nostra Signora del Libano ad Harissa, sopra Jounieh, e il Patriarcato Maronita, dove il cardinale Bechara Rai ha accolto in questi giorni il cardinale Angelo Scola. O il monte di Jrabta, dove sorge il monastero di San Giuseppe al Daher, in cui ha vissuto Santa Rafqa Pietra Choboq  Ar-Rayes, monaca dell’Ordine libanese maronita (1832 – 1914) canonizzata da San Giovanni Paolo II nel 2001.

È proprio questa la prima tappa di un breve, ma denso pellegrinaggio sulle orme dei Santi maroniti compiuto dal cardinale Scola. Una santa “recente”, ma sin dalla sua morte subito veneratissima e capace di attirare centinaia di migliaia di pellegrini, tanto da spingere le monache responsabili della chiesa del monastero che custodisce il corpo di santa Rafqa ad ampliare la struttura.

Ancora più a nord, sul monte di Kfifa,n la visita al monastero dei Santi Cipriano e Giustino (VIII secolo), che custodisce le tombe dei santi Nimatullah El Hardini (morto nel 1858) e del beato Estefan Nehme (morto nel 1938). Parte dell’Ordine Maronita Libanese, è casa di noviziato per i futuri monaci: 20 sono quelli ora in formazione, provenienti da tutto il Libano. Qui si prega, quattro volte al giorno, si lavora la terra (frutta, marmellate e vino i prodotti principali), si realizzano icone e artigianato liturgico, e si accompagnano spiritualmente i moltissimi pellegrini che accorrono da tutto il mondo. «Abbiamo testimonianze ben documentate di guarigione per l’intercessione de nostri santi», spiega al cardinale Scola padre Simon Saliba, il superiore del monastero.

E infine il convento di San Marone, sopra a Byblos, ad Annaya, a 1200 metri di altezza sul poco distante Mediterraneo. Qui, sul luogo della sua morte, si venera San Charbel Makhlouf (1828 – 1898), canonizzato da Paolo VI nel 1977. Per 23 anni visse da eremita poco lontano da qui. Tantissimi i miracoli che gli sono attribuiti: per lui accorrono, in questo convento non proprio agevole da raggiungere, un milione di pellegrini l’anno.

Una spiritualità forte quella dei cristiani libanesi, che comunque vivono in una società moderna e caratterizzata dal confronto con altre confessioni religiose e in particolare con le diverse anime dell’islam. La vitalità della fede dei fedeli maroniti è testimoniata, oltre che dai frequentatissimi santuari, dalla ricchezza della loro chiesa: 50 vescovi, dei quali una buona parte sta con la comunità della diaspora, in tutto il mondo, a capo di 32 diocesi.

Le 1042 parrocchie maronite sono rette da 940 preti diocesani e da 720 religiosi di 11 diversi ordini religiosi maschili. Con loro operano 755 suore (di 12 ordini). 105 le monache di clausura. Forte anche la presenza nel sociale con opere educative e di carità rette dai maroniti: 15 ospedali, 115 differenti associazioni caritative, 4 università. 405 scuole di diversi gradi.