Share

Milano

Scola: «Costruire vita buona
in una realtà sempre più frammentaria»

I “Dialoghi” presentati alla stampa dall’Arcivescovo, Massimo Cacciari, Sergio Escobar e alcuni componenti del Comitato scientifico. Martedì 24 al Piccolo la serata sulle migrazioni

di Annamaria BRACCINI

16 Novembre 2015

«Vita buona significa creare nella metropoli luoghi e spazi di confronto libero e perciò laico, perché occorre narrarsi e raccontarsi, trovando una strada comune in questo cambiamento d’epoca. Abbiamo capito che la precedente è finita con la caduta dei Muri, ma adesso – e la tragedia di Parigi lo prova in termini ancora più radicali -, bisogna creare un processo capace di allargarsi al territorio, nella logica di un dialogo e di un confronto in cui valgano le buone ragioni. E questo per piantare qualcosa “di solido” in una realtà che diviene sempre più frammentaria e che, proprio per questo, suscita paura e reazioni che non ci fanno andare verso vita buona, anzi il contrario». Il cardinale Scola spiega con queste parole l’idea dei “Dialoghi di vita buona”, nata in lui qualche mese fa e della quale ha poi parlato con il filosofo Massimo Cacciari, condividendo così la paternità dell’iniziativa che viene presentata presso il Chiostro “Nina Vinchi” del Piccolo Teatro, alla presenza di molti dei membri del Comitato scientifico e della segreteria tecnica del progetto. Perché di progetto appunto si parla, come spiega don Davide Milani che modera la conferenza stampa.

Sul palco con il Cardinale – che durante lo svolgimento dei “Dialoghi” non interverrà, proprio a garantire la totale libertà del dibattito – ci sono lo stesso Massimo Cacciari e il direttore del Piccolo Teatro Sergio Escobar, perché proprio al Teatro Studio Melato del Piccolo si terrà l’evento in sei tappe, dal 24 novembre al 2017.

E riflette ancora, l’Arcivescovo, che tra poche ore partirà per Parigi dove terrà una Lectio già da tempo programmata al Collège des Bernardins: «In questi ultimi anni si è andata marcando la natura plurale delle nostre società del nord del pianeta e questo domanda di cambiare la modalità di proposta dell’annuncio cristiano, che resta fondato sui Sacramenti e illuminato dalla Parola di Dio, ma che deve fare i conti con le implicazioni quotidiane. Poiché dobbiamo vivere insieme, mi sembra necessario che questo bene sociale debba rafforzarsi in bene politico». Evidente il richiamo all’emigrazione, ma non solo: «Il problema dell’emigrazione – al quale finora si è data una risposta sostanzialmente assistenziale e non progettuale – produce un meticciamento di culture e civiltà che, è molto probabile, si estenderà per qualche decennio». La questione è allora il “volto” o, meglio, la rigenerazione del nuovo cittadino europeo, «come si configurerà questo nuovo europeo, tenendo anche conto del gelo demografico di Paesi come il nostro».

Trend, questi, di ampio periodo e non di emergenza, sottolinea Scola, così come il terrorismo fondamentalista «che ci accompagnerà anch’esso a lungo, prima di tutto perché l’abbiamo sottovalutato e, poi, perché occorre un’evoluzione interna al mondo islamico. Per questo è importante che le Comunità musulmane si facciano sentire, dicendo la loro contrarietà. La domanda di fondo è la maturazione degli Islam – non ne esiste uno solo – che deve nascere dall’interno dell’Islam stesso, perché è solo nella distinzione tra la dimensione religiosa e politica che si può eliminare la tentazione di diventare egemoni. Questo è, ovviamente, un processo moto lento. Qualche passo è stato fatto in Europa, ma non dobbiamo scandalizzarci se ci vorranno anni e se vi saranno conflitti. Ciò domanda un soprassalto di coscienza in noi europei che ci siamo come addormentati dopo la Seconda mondiale».

Concetti evidenziati e ripresi anche da Cacciari che, a proposito dei “Dialoghi”, spiega: «Credo che sia di straordinario interesse per tutti i pensanti che si inizi a riflettere sulla metropoli. La nostra idea riprende un’ispirazione del cardinale Martini, al tempo del suo episcopato, e la sviluppa nelle condizioni attuali, in cui questo confronto, competente e estraneo a ogni casualità, è ancora più necessario e difficile, perché la tragedia che viviamo, dubito che indurrà molti a ragionare. Eppure essere all’altezza delle tragedie significa essere ancora più competenti, capaci di analisi e di strategie fondate, soprattutto in Occidente patria della razionalità. Il cardinale Scola con questa sua scelta compie un vero atto di fede, assolutamente laico, credendo nella razionalità europea. Affronteremo il rapporto con l’altro, anche con quello che ci minaccia, visto che ritengo che si sia in guerra». L’obiettivo, come è ovvio, è la pace: infatti, «il generale buono è colui che conduce la guerra per la pace, sennò la guerra è semplicemente un disastro. Tutto si tiene, tutto crea un unico sistema e se non si ragiona in una logica di sistema, in una prassi di sistema, non si costruisce nulla, nemmeno vita buona».

Escobar, da parte sua, come “padrone di casa” osserva: «Nel Piccolo non vi è solo ospitalità, ma partenariato attivo nel Tavolo scientifico, in quanto condividiamo l’idea di ospitalità non solo in un luogo fisico, ma ideale. I fatti non possono toglierci passione e razionalità. L’Europa, che per anni si è occupata solo di spread e ora di quote di immigrazione, non può trattare chi arriva come le quote latte».

È monsignor Luca Bressan, coordinatore del Tavolo, a delineare il percorso dei “Dialoghi”: «Anche in seguito a ciò che è successo a Parigi, il processo intende avviare luoghi che ci permettano di continuare a sentirci “popolo”. Per questo abbiamo voluto rappresentare tutti i mondi di Milano, la cultura, l’Università, le religioni, l’economia. L’idea è di costruire un Comitato scientifico che, già al proprio interno, elabori questo processo, per poi replicarlo all’esterno. Come Chiesa di Milano, volentieri ci mettiamo a disposizione con tutti gli enti e Centri culturali diffusi sul territorio. Il primo dei due anni in cui sono previsti i “Dialoghi” è dedicato al tema dei confini. Questo è il motivo per cui i tre eventi centrali ci porteranno a riflettere sul luogo del confine: la prima serata del 24 novembre, nella sua declinazione attuale e concreta delle migrazioni, chiedendosi come questo ci interroga. Il 2 marzo 2016 il focus sarà antropologico, ponendosi il tema del corpo; il 23 maggio approfondiremo, in termini etici, cosa ci lega e il bene comune».

Poi prendono brevemente la parola alcuni membri del Comitato, come il rettore dell’Università Cattolica, Franco Anelli. «Bisogna insistere sullo studio del confronto – questo è il ruolo di un’Università -, ma quanto un messaggio così riesce a filtrare al di là della paura individuale e del disagio della società?», si chiede. Cruciale, in questo orizzonte, il ruolo del mondo accademico: «Nelle Università si parla da tempo di internazionalizzazione e si sta quindi formando una cultura mista, ma solo a livello europeo. Al contrario, è estremamente importante allargare lo sguardo, entrando in comunicazione con altre culture. Bisogna partire dagli immigrati di seconda generazione che non hanno spesso gli strumenti per arrivare alla nostra offerta formativa “alta”, per edificare società corsa».

Atteso l’intervento di Mahmoud Asfa, coordinatore della Casa della Cultura islamica di Milano, che usa parole chiare: «Condanniamo gli attentatori che hanno fatto questo disastro e siamo vicini alla ragazza italiana che lavorava per la pace e ha perso la vita. Gli attentatori strumentalizzano la nostra fede per i loro scopi sporchi, ma non ci faremo intimorire, continueremo il nostro percorso di rispetto che, per noi, è partito dal 1990 quando il cardinale Martini ci invitò a dialogare». Richiama, Asfa, il proficuo rapporto coltivato anche con il cardinale Tettamanzi e la fondazione del Forum delle Religioni: «Vogliamo contribuire al Comitato garantendo pacifica convivenza. È una sfida e dobbiamo continuare a lavorare per non far vincere questi attentatori che vogliono costruire muri. Per noi è un onore essere chiamati a contribuire ai “Dialoghi di Vita buona”». Alberto Martinelli, dell’Università degli Studi, sottolinea il senso delle grandi questioni della modernità, «come la solidarietà in una società moderna fatta di individui e spesso degradata ad egoismo, la tutela della libertà, l’uguaglianza di diritti». La speranza è per una mobilitazione delle donne e degli uomini di buona volontà. «Occorre rivitalizzare le Istituzioni fondamentali della democrazia rappresentativa che oggi sono in crisi. Come europei non possiamo avere una speranza, singolarmente chiusi in orizzonti nazionalistici, è invece, nella cittadinanza europea che dobbiamo trovare il collante».

Infine, Marco Garzonio, presidente della Fondazione Ambrosianeum: «Cosa può fare la città? La politica sta rivelando grandi preoccupazioni per le primarie, per la scelta di candidati, ma Milano è stata letteralmente sorpresa da ciò che è accaduto a Parigi. Mi sembra che trovarci sia uno straordinario contributo è sforzo comune. Ricordo che, nel 1993, nella nostra città si tenne l’Incontro mondiale di “Uomini e religioni” per la Pace e fu sottoscritto un documento in cui si diceva che non esiste una guerra santa, solo la pace può essere santa. Credo che potremmo fare un lavoro utile perché la politica ci stia ad ascoltare: Milano ha tutte le credenziali – l’illuminismo e nato qui – per poter parlare di fede e di laicità».

E, infatti, non caso, nel logo dell’iniziativa illustrato dal suo ideatore, il creative director de “Il Sole 24Ore” Adriano Attus, vi è il riferimento a un’unica guglia del Duomo che si fa fulcro di un cerchio e di figure geometriche dinamiche in cui tutto “si tiene”.