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In libreria

Scola: cibo e acqua, diritto per tutti

Nel suo breve saggio «Abitare il mondo. La relazione tra l’uomo e il creato» edito da Emi, il Cardinale affronta i temi di Expo 2015. Pubblichiamo uno stralcio in cui parla di dignità umana violata, giustizia, antropologia ed etica. Intanto continua la lotta alla fame

del cardinale Angelo SCOLA Arcivescovo di Milano

24 Maggio 2015

Esce in questi giorni in libreria Abitare il mondo. La relazione tra l’uomo e il creato del cardinale Angelo Scola (Emi, 64 pagine, 5 euro). Il volumetto è inserito nella collana editoriale intitolata «Pane nostro – Pagine da gustare», dedicata ai temi di Expo 2015 e realizzata in collaborazione con l’Arcidiocesi di Milano e la Caritas Ambrosiana. Ecco un estratto del testo.

«Dar da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati», due importanti opere di misericordia corporale, non solo esprimono la legge elementare della carità cristiana personale e sociale, ma mettono in evidenza la base materiale primaria della giustizia sociale. Acqua e cibo sono beni essenziali, indispensabili alla vita. Inoltre, sono condizioni per salvaguardare la pace nel nostro mondo. È ancora attuale il titolo con cui si conclude l’enciclica Populorum progressio di Paolo VI: «Lo sviluppo è il nuovo nome della pace».

Se non sono garantiti il diritto all’acqua e a un’alimentazione adeguata, viene concretamente negato ogni valore alla dignità umana e viene meno la più elementare tutela dei diritti umani. Oggi è doveroso affermare che i singoli Paesi, la comunità internazionale e tutte le persone di buona volontà compiano ogni sforzo per garantire ad ogni essere umano l’accesso all’acqua e al cibo. Questa affermazione, nella sua apparente ovvietà, individua la prospettiva etica, propria delle nostre brevi riflessioni. Il fatto che l’etica non si occupi direttamente degli aspetti tecnici relativi al “come” tale scopo possa essere raggiunto non significa che essa si limiti a semplici esortazioni.

L’etica, e soprattutto l’antropologia che essa sempre sottende, comunque la si voglia intendere nella nostra società plurale, non è pura cosmesi della tecnoscienza. Al contrario, senza riferimento a un sistema equilibrato di diritto e giustizia, che non può mai ultimamente prescindere dall’etica/antropologia, l’accesso universale al cibo e all’acqua, così come il necessario e sostenibile sviluppo, finisce su sentieri interrotti.

Anche a uno come me, “laico” nelle molteplici discipline relative all’agricoltura e all’alimentazione, non mancano informazioni per dire che la situazione mondiale, specie negli ultimi anni, è stata e rimane oggetto di preoccupazione a causa del drastico aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, che ha accentuato la situazione di deprivazione e di vulnerabilità delle persone più povere. L’obiettivo di dimezzare la povertà estrema e la fame entro il 2015, a cui la comunità internazionale si è solennemente impegnata firmando la Dichiarazione del Millennio, si è allontanato invece di avvicinarsi.

La sofferenza e la mancanza di speranza nel futuro di chi si trova nell’incapacità di nutrire sé e la sua famiglia rendono doverose le iniziative di emergenza a sostegno dei consumi di prodotti alimentari; ma questi sforzi, per essere realmente sostenibili, devono essere accompagnati sia da una prospettiva realistica di produzione agricola e di creazione di reddito, sia da politiche che promuovano un reale accesso ai prodotti alimentari da parte delle persone e delle comunità più povere, secondo criteri di giustizia. Molti esperti ci ricordano che l’insicurezza alimentare e la vulnerabilità agli andamenti dei prezzi agricoli mondiali sono fenomeni legati alla povertà, alla marginalizzazione, all’esclusione economica e sociale. La lotta alla fame è dunque un capitolo importante, ma non isolato, dello sforzo più generale per lo sradicamento della povertà.

I “poveri” non sono una categoria sociologica, ma delle persone reali, con il loro volto e la loro storia, nel “qui e ora” concreto della loro singolare esperienza personale e sociale. Per questo le soluzioni tecniche devono essere cercate e attuate caso per caso, in un rapporto di reale cooperazione fra persone e fra popoli. Ciò è tanto più urgente nelle aree che sono teatro di guerre e di conflitti e negli sterminati campi profughi, dove l’umanità sofferente ha bisogno sia dell’aiuto materiale, sia di quella speranza nel futuro che può riaccendere l’operosità quotidiana.

Una prospettiva realistica ed economicamente efficace per l’azione di lotta alla povertà e di sviluppo sostenibile fa leva sulla capacità creativa delle persone e delle comunità nel dare risposta ai propri bisogni. Questa deve essere quindi promossa con adeguati investimenti educativi e di sviluppo agricolo locale. Tali investimenti non hanno solo risvolti tecnico-economici, ma richiedono un impegno istituzionale.

A titolo di esempio, si può qui ricordare che gli esperti parlano di opportune riforme agrarie nei Paesi dove prevalgono latifondi; oppure di forme di collaborazione regionale e locale per la gestione delle risorse idriche, controllando per quanto possibile i fenomeni alluvionali e di desertificazione, specie nel continente africano, dove l’impiego sostenibile delle acque piovane, dei fiumi e dei laghi è condizione necessaria allo sviluppo agricolo.