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Milano

Scola all’Ambrosianeum: «Coltivare il nesso tra carità
e cultura in modo organico e collaborativo»

Il Cardinale, presso la sede della Fondazione culturale Ambrosianeum, è intervenuto al Convegno “I Cattolici e la Città. Passato, presente e futuro”, che ha celebrato i 70 anni dell’Istituzione voluta dal cardinale Schuster

di Annamaria BRACCINI

26 Novembre 2016

«Ritengo che sia un dono e un privilegio potersi dedicare a una Fondazione culturale. Oggi festeggiamo i 70 anni di Ambrosianeum con una convinzione: la memoria è radice e futuro» 
Marco Garzonio, presidente della Fondazione, apre così, nella sede storica dell’Istituzione voluta al’indomani della fine della Seconda guerra mondiale dal cardinale Schuster, il Convegno “I Cattolici e la Città. Passato, presente e futuro” che celebra l’anniversario. 
Proprio al predecessore, oggi beato, fa riferimento il cardinale Scola nel suo intervento: «Le urgenze materiali non gli impedirono un’iniziativa come questa che egli considerò emblematica ed essenziale. Iniziativa culturale e ancorata nel tessuto sociale, civile ecclesiale della città». 
Questi gli assi che delineano anche a distanza di 70 anni il profilo della Fondazione: «La costante attenzione alla vita milanese ha, infatti, permesso di superare la malattia dell’intellettualismo». Basti pensare al “Rapporto su Milano” che, dal 1990, è diventato un punto di riferimento inevitabile per chi ha a cuore il destino della nostra città e non solo. «Lungi da considerare la cultura un lusso, Schuster, ben prima della riflessione antropologica e teologica del Concilio, si rese conto che il significato essenziale della cultura consiste “nell’essere una caratteristica dell’esperienza umana come tale”, per usare le parole di Giovanni Paolo II all’Unesco». 
Un’espressione, questa, particolarmente necessaria in una città sempre più plurale, dove «non di rado si assiste al dissolversi della cultura nella molteplicità e nella mobilità di culture sentite tra loro incomunicabili e in cui le certezze sono fornite unicamente dallo tecnoscienze» 
Al contrario per l’Arcivescovo, è necessario opporre – in testimonianza e non certo in egemonia – una cultura unitaria che ha la sua radice nella comune appartenenza alla famiglia umana. «L’unità originaria che accomuna tutti gli uomini e le donne rende ragione dell’instancabile invito di papa Francesco a favorire una cultura dell’incontro con l’altro nella sua diversità che è la genesi di un atteggiamento costruttivo come quello della Fondazione. Fare della cultura, a partire dal servizio alla nostra città, l’oggetto del proprio impegno costituisce il contributo specifico che può essere offerto alla nostra Chiesa ambrosiana nella quale si intravvedono nuovo germogli». Come la Visita Pastorale “feriale” in atto nei Decanati, con la partecipazione, ogni volta, di molte centinaia di fedeli o il gesto penitenziale proprio compiuto in Duomo da 1200 preti, il 4 novembre scorso.  
Di fronte all’affermazione del giovane Montini, nel 1932, che notava il fossato tra fede e vita apertosi a livello della cultura (allora, ma oggi assi più profondo e omnicomprensivo), la linea di lavoro indicata da Scola è quella di elaborare il legame tra carità e cultura «su cui c’è una forte debolezza, anche se non manca la generosità» e di coltivare «un nesso, il più possibile collaborativo in modo organico, tra tutti i soggetti e le opere di cultura e carità presenti in Diocesi a cominciare dalla stessa Caritas. Papa Benedetto XVI disse che  “la carità legittima la verità”: è un’espressione molto significativa che sta a cuore a papa Francesco nella sua insistenza sulla misericordia e la cultura dello scarto. Il mio augurio è che possiate assumere la capacità di maturare propria della carità – facendola diventare una mentalità e una capacità di educazione al gratuito –, approfondendo il rapporto con la cultura».         

La riflessione della vicesindaco di Milano Scavuzzo 

Poi, è la volta della vicesindaco di Milano Anna Scavuzzo, cattolica, impegnata da tempo sulla frontiera della formazione giovanile e dell’insegnamento (è anche assessore all’Educazione e Istruzione), che dice: «Occorre ritrovare la dimensione profetica originaria guardando avanti con ottimismo e fiducia e pensando che la Provvidenza soffia in ogni epoca della storia. Oggi, come cattolici, dobbiamo essere utili nel fornire strumenti di ragionamento e di dialogo. Se siamo una minoranza abbiamo bisogno di esserlo in modo particolarmente qualificato e, per l’esperienza che sto vivendo,  posso dire che questo ci viene riconosciuto». 
La ricerca è quella di un «metodo che faccia alzare lo sguardo». 
«Bisogna vivere questa tensione guardando al di là di un obiettivo limitato. Tale stile storico, scientifico e di approfondimento può caratterizzare i cattolici partendo dal livello personale. Chiediamoci se oggi non ci siano ancora dei Lazzati, dei Falck, dei Turoldo, chiediamoci dove sono, perché esistono sicuramente, e recuperiamo ottimismo soprattutto nei confronti del mondo giovanile. La determinazione e l’entusiasmo, che permisero la ricostruzione, devono, adesso, far rimboccare le maniche». Nel riferimento all’attenzione privilegiata messa in campo dal Comune per le periferie, luogo privilegiato nel quale recuperare un tessuto di comunità attento soprattutto ai giovani, nasce l’auspicio: «Spero che saremo in grado tutti insieme di recuperare le occasioni di quella cultura non autocompiaciuta che ha come obiettivo non il miglioramento di pochi, ma l’inclusione di molti. I giovani chiedono una proposta forte, facciamo emergere la bellezza che portano. Milano, che coniuga idealità e pragmatismo e che è metropoli alla quale guardano in tanti, ha una grande responsabilità».  

Il presidente Garzonio: «guardare in alto con coraggio e speranza»

Parole concordi con quelle di Garzonio, che cita i “padri” del Cattolicesimo italiano e ambrosiano della prima metà del secolo scorso da La Pira a Dossetti e Lazzati, passando per il sindaco della ricostruzione della Milano ferita dalla guerra, Antonio Greppi, autore di quello splendido volume che è “Risorgeva Milano”. Già, “risorgeva”: verbo coniugato all’imperfetto che ben esprime «la continuità, le costanti, le tensioni nostre, il mito di Milano che è, appunto, risorgere». Nella riconoscenza per chi ci ha preceduto e lasciato l’eredità preziosa del “Vento del nord”, che ha voluto dire resistenza e, poi, democrazia; della carità politica di Paolo VI, della Città dell’uomo lazzatiana e della vigilanza dossettiana. 
«Per fare buona cultura occorre inquieti, mandare in soffitta il lamento continuo, avere responsabilità e mettersi in gioco; sognare – senza sogni la città muore e la politica non serve – seguire la cultura della riflessione e del dubbio che sta alla base del discernimento fidandosi di Dio e anche degli uomini; sviluppare la cultura del rischio responsabile, che vale anche per la Chiesa. Condivido – scandisce il presidente della Fondazione – che il cattolicesimo politico sia finito, ma bisogna recuperare il pensare politicamente di Lazzati». 
Infine, prima delle articolate relazioni dello storico Alfredo Canavero  – “I Cattolici a Milano dalla Resistenza a oggi” – , del sociologo Aldo Bonomi – “Dinamiche sociali in corso e prospettive future di Milano” – e di Luca Beltrami Gadola, fondatore di “ArcipelagoMilano” – Linee di tendenza della politica urbanistica milanese” –, l’annuncio di tre importanti appuntamenti promossi da Ambrosianenum. Un convegno sulla giustizia ripartiva (lo spunto sarà il 90esimo anniversario di nascita del cardinale Martini) pensato insieme alla Diocesi e al Comune in programma a marzo 2017 in preparazione alla venuta del Papa e alla sua decisione di visitare “San Vittore”; il gemellaggio con la Diocesi di Camerino, retta dall’ambrosiano monsignor Francesco Brugnaro, per il restauro di un’opera distrutta dal terremoto, e una mostra su Gigi Caccia Dominioni che, su incarico di Giuseppe Lazzati, restaurò la “Rotonda” sede dell’Ambrosianeum.  

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