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Milano

Scola ai malati: «Non sentitevi inutili, siete fondamentali
per una società civile veramente tale»

Il cardinale Scola ha presieduto come tradizione , l’Eucaristia per i malati nella chiesa milanese di Santa Maria di Lourdes. «È decisivo l’atteggiamento di affidamento e abbandono nelle braccia della Vergine»

di Annamaria BRACCINI

11 Febbraio 2017

Nella XXV Giornata Mondiale del Malato, mentre a Lourdes e in tutto il mondo, si celebrano le Eucaristie che fanno memoria della prima apparizione della Madonna a Bernadette (era giovedì 11 febbraio 1858), anche a Milano, nella chiesa dedicata, appunto, a Santa Maria di Lourdes, il cardinale Scola presiede la Messa, davanti a tanti sofferenti, ai volontari delle Associazioni di assistenza, a moltissimi fedeli. 
«Grazie Eminenza, per essere venuto tra noi, in questa Comunità con la sua parte sofferente. È nostra letizia compiere la missione che il Signore ci ha affidato. Che Maria consolatrice degli afflitti illumini il volto della Chiesa ambrosiana», dice, nel suo saluto di apertura, il neo parroco don Maurizio Cuccolo. 
«Ciò che è decisivo in questa Eucaristia è l’atteggiamento di affidamento e di abbandono nelle braccia della Vergine madre, il cui valore è particolarmente segnalato dal modo in cui, carissimi ammalati e parenti, vivete e voi volontari e operatori sanitari vi prendete cura di ciò che avviene quando la malattia ci tocca. Si ha, così, un sentimento di fede certa, perché ci affidiamo a Colui che guida la nostra vita, Dio di amore, Uno e Trino, rivelatosi a noi nel figlio Gesù». 
Questa la modalità, suggerisce l’Arcivescovo, per concepire la vita anche nei momenti estremi della malattia e della morte, «secondo il valore e la direzione ricordata dal brano dell’Epistola di san Paolo, quando ha parlato del disegno che il Dio di amore ha su ciascuno di noi». 
Disegno personale che  raggiunge ciascuno nel profondo del proprio cuore, «nel modo di pensare e di agire, perché Lui ci ha scelti prima della creazione del mondo e ci tiene tutti abbracciati in ogni momento». Diventiamo, infatti, suoi figli mediante Cristo. «L’esistenza, dal concepimento fino al suo compimento naturale, è dentro questo abbraccio che Cristo ci ha comunicato e grazie al quale Egli diventa la compagnia della vita intera». 
Nasce da tale consapevolezza, cristiana in senso pieno e compiuto, la possibilità di affrontare «anche ombre come la malattia, la sofferenza e il dramma della morte».
Momenti è circostanze contenute in anticipo nella tenerezza misericordiosa con cui Dio ci circonda, «trasformando persino le prove e la malattia, se è accolta e offerta, in un’occasione per manifestare la presenza del Signore nella nostra vita». Il pensiero è al Messaggio per la Giornata inviato da papa Francesco, in cui il Santo Padre usa l’espressione “stupore” per quanto Dio compie e, riferendosi al Magnificat, commenta tale stupore con le parole pronunciate da Maria, “Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente”. 
«Si può parlare di stupore anche nella malattia profonda che ci condiziona e che incontra la dedizione dei volontari: è giusto – spiega il Cardinale – e non è in contraddizione con quanto brucia nella nostra carne o con la paura che resta intatta perché siamo uomini limitati anche se abbiamo la fede che ci dice che, in Cristo Gesù, la morte è divenuta un passaggio alla gloria». 
Da qui, l’invito a riflettere sulla figura della Vergine, e sul suo “sì”. «Anche il Magnificat non fu a buon mercato, nella reazione di Giuseppe, nel seguire la missione del figlio che la rinviava sempre alla supremazia dell’amore del Padre per il cui servizio era venuto, fino allo “Stabat mater”, sotto la Croce». 
«Nella preghiera, nell’affetto reciproco, nella cura che riceviamo, dobbiamo capire  lentamente, anche se ci vorrà molto tempo e vi saranno momenti di ribellione, che l’amore che Gesù ci porta viene prima e accoglie ciascuno di noi come un figli». 
Un seguire Cristo per cui si capisce a pieno il Magnificat, nella pagina di Vangelo appena proclamata, che  insegna, non soltanto la modalità di ringraziamento di Maria per il dono  ricevuto, ma che «si allarga e scende su l’umanità intera, con la presenza decisiva degli ammalati, di generazione in generazione, punto di riferimento per una società civile che voglia dirsi veramente tale». 
Infine, il Pastore si rivolge direttamente ai sofferenti: «Non dovete scoraggiarvi o sentirvi inutili, ma approfondire questa occasione straordinaria che siamo chiamati a vivere come un’accoglienza e un affidamento. Maria continua a sostenere ciascuno di noi e il suo popolo di generazione in generazione. Pensate a quanti stanno celebrando questa stessa festa – nella cittadina francese, per sottolineare la XXVesima Giornata del Malato è il cardinale Parolin, segretario di Stato in rappresentanza del Santo Padre) –: Andiamo con il nostro cuore e la mente a  Lourdes e mettiamo ai piedi della Madonna  tutto ciò che ci pesa, che ci dà fatica, sofferenza, tristezza, ma anche le nostre gioie, l’energia del prendersi cura, dell’accogliere i nostri fratelli e sorelle. Il dolore si trasformi in offerta e preghiera perché la benedizione del Magnificat scenda su ciascuno di noi, figli e figlie, nel Figlio Gesù».  
Poi, il Cardinale, nella liturgia Eucaristica, che scende tra i malati per portare loro la comunione, la benedizione con il Santissimo, percorrendo la navata centrale della chiesa, il Canto del Magnificat e l’Ave Maria sulla melodia tradizionale di Lourdes che chiude la Celebrazione così come si conclude, all’ombra della grotta e del Santuario, ogni giornata nella processione “Aux flambesux”

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