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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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14 maggio

Sarà il Papa ad aprire gli Stati generali della natalità

Convocati a Roma dal presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari, Gigi De Palo. «Il rilancio delle nascite determinante per il futuro dell’Italia». Sull’assegno unico tutti d’accordo, ma con quali risorse?

di Gigliola ALFAROAgensir

3 Maggio 2021

Sarà Papa Francesco ad aprire, venerdì 14 maggio, presso il Foyer dell’Auditorium della Conciliazione a Roma, la prima edizione degli Stati generali della natalità. L’appuntamento vuol essere «un grande meeting dedicato al futuro della demografia in Italia, che intende lanciare un appello alla corresponsabilità per far ripartire il Paese a partire da nuove nascite». Gli Stati generali sono stati convocati dal presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari, Gigi De Palo, «per mettere attorno a un tavolo le istituzioni, le imprese, i media e il mondo della cultura per approfondire la sfida dell’inverno demografico e sollecitare una nuova narrazione sul tema della natalità». Dopo l’intervento del Santo Padre, sono previsti i saluti istituzionali della ministra per la Famiglia, Elena Bonetti, del ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, e del presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti. Subito dopo il presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, presenterà dati inediti e proiezioni sulla natalità in Italia nei prossimi decenni. Seguiranno tre tavoli tematici: uno dedicato al mondo delle imprese, uno alle banche e alle assicurazioni, uno al mondo dei media, sport e spettacolo. Di tutto questo parliamo con Gigi De Palo.

Perché avete organizzato gli Stati generali della natalità?
La natalità è la nuova questione sociale. Purtroppo l’Italia sta sottovalutando questo tema. Quando esce un comunicato dell’Istat sul calo delle nascite, tutti si rammaricano, ma finisce tutto lì, mentre invece è un tema che ha a che fare con tutto il Sistema Paese. Con gli Stati generali della natalità abbiamo voluto riflettere su questo tema andando oltre il mondo della politica e dell’associazionismo, cercando di mettere intorno a un tavolo il mondo delle imprese, delle banche, delle assicurazioni, dei media, dello sport. Tra gli ospiti, i vertici di aziende come Poste Italiane, Open Fiber, Rai, Enel, Federcasse, Lux Vide, Generali Italia e Fondazione Mediolanum onlus. Non mancheranno nel dibattito gli interventi di giornalisti, tra cui il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, l’editorialista del Corriere della Sera, Aldo Cazzullo, la giornalista di Repubblica Annalisa Cuzzocrea. Parleranno di famiglia e natalità, tra gli altri, il calciatore Ciro Immobile, attaccante della Lazio, assieme alla moglie Jessica, e l’attrice Anna Foglietta. Sarà una mattinata per provare a raccontare perché l’Italia deve tornare a fare figli. Aprirà questo evento il Santo Padre e abbiamo invitato anche il presidente del Consiglio, Mario Draghi.

Quali sono le idee sbagliate da sfatare rispetto al problema della denatalità?
La prima è che si tratti di una questione solo culturale, mentre invece abbiamo visto che nei Paesi dove si fanno politiche familiari e dove c’è paradossalmente un’attenzione culturale alla famiglia inferiore alla nostra aumentano le nascite, come in Germania. La seconda idea sbagliata è che la questione riguardi solo chi ha figli, mentre, in realtà, anche la vita e le libertà di un single senza figli inevitabilmente sono collegate anche a chi fa i figli perché le pensioni e il sistema sanitario sono sostenuti da chi lavora, ma se non ci sono figli chi lavorerà in futuro? Quindi, tutti dovremmo tifare per politiche familiari che promuovono la natalità perché sono una garanzia per il suo futuro. L’altra idea da sfatare è il fatto che nel mondo siamo troppi e allora non dobbiamo investire sulla natalità in Italia. Anche questo non è corretto perché non solo nel mondo si stanno riducendo le nascite, ma soprattutto in Occidente senza una ripartenza della natalità crolla tutto il sistema. In Italia è necessaria questa sostenibilità intergenerazionale, altrimenti in un Paese costituito soprattutto da anziani i pochi giovani resteranno schiacciati.

Quanto è importante allora oggi per l’Italia rilanciare la natalità?
Per il nostro Paese è una questione determinante, significa fare un piano d’azione per il futuro, cercando di mettere anche nelle risorse del Recovery un piano per la natalità. Adesso nel Pnrr (ndr. Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) ci sono delle “linee guida”, possiamo dire, ma quando l’Europa darà una risposta sul Piano sarà importante metterci un rilancio serio della natalità che non significa solo “facciamo più figli”, ma come ha detto anche Draghi “aiutiamo le famiglie a prendere la prima casa, aiutiamo le giovani coppie e mettiamole nelle condizioni di avere dei figli”. Infatti, se fai solo asili nido e contestualmente non fai un piano per far ripartire la natalità, gli asili nido te li ritrovi vuoti, come sta accadendo in parecchie scuole italiane, che vengono chiuse perché non ci sono più bambini. Ci dovrebbe essere una sorta di grande Ministero della ripartenza delle nascite, che hanno una serie di ricadute positive anche se non immediate.

La ministra Bonetti ha annunciato che l’assegno unico andrà a regime completo nel 2022…
C’è un inverno demografico spaventoso. Sull’assegno unico siamo tutti d’accordo, il Parlamento è unito, il Governo è unito, c’è una grande risposta anche da parte dell’opinione pubblica, adesso bisogna semplicemente farlo bene, cioè non possiamo permetterci di farlo con il braccino corto, rischiando che le famiglie ci vadano a perdere o addirittura che si pareggi tra quello che perdono e quello che ricevono. Il timore è che cambi la metodologia, ma alla fine della fiera non cambi nulla: togli gli assegni familiari e le detrazioni, metti l’assegno unico, ma così non ci sarebbe un vantaggio per le famiglie, questo sarebbe uno scandalo. Raramente in Italia, che è spaccata su molti argomenti, c’è una convergenza come sull’assegno unico sul quale hanno votato tutti all’unanimità. Allora, facciamolo bene, mettiamoci più risorse, perché è una misura che ha a che fare non solo con una ripartenza della natalità, ma anche con quella spina dorsale del Paese che è stata, è e sarà determinante, soprattutto in questo periodo difficile di pandemia.