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Il Natale 2023 nella Chiesa ambrosiana

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Solidarietà

Sant’Egidio, un Natale per tutti

Circa 2000 tra poveri, anziani e persone sole i partecipanti ai momenti conviviali organizzati dalla Comunità a Milano il 25 dicembre. Ulderico Maggi «Una sintesi delle tante storie di amicizia con gli ultimi di tutto il mondo»

di Giacomo COZZAGLIO

24 Dicembre 2023

Il Natale non è solo addobbi, regali o luminarie. È soprattutto condivisione di gioia, la stessa che Gesù con la sua nascita ha voluto donare al mondo. Si tratta di un gesto d’amore che tocca tutti, anche quanti vengono lasciati ai margini della società: i poveri, gli anziani e le persone sole. Grazie ai volontari della Comunità di Sant’Egidio, anche per loro il Natale diventa un momento sereno da trascorrere in compagnia. Un’iniziativa solo in apparenza semplice, ma che porta circa 250 mila persone a sedersi alle tavole allestite nei 70 Paesi dove opera l’associazione caritativa.

Il senso della chiesa

Ulderico Maggi, che dirige la Comunità a Milano, spiega: «Il pranzo di Natale c’è da più di 30 anni ed è diventato un’icona, perché è una sintesi delle tante storie di amicizia con i poveri di tutto il mondo».

Nel capoluogo lombardo sono otto i luoghi che ospiteranno il momento conviviale: tra essi, saloni, sedi della Comunità e chiese. Queste ultime hanno un significato preciso, simboleggiato dal primo pranzo organizzato nella Basilica di Santa Maria in Trastevere a Roma. Citando le parole di Giovanni XXIII, Maggi racconta: «Portando il pranzo dentro la chiesa, essa si apre e diventa la vera casa per i poveri. Loro stanno al centro esattamente come Gesù. In questo senso con il pranzo la presenza dei poveri non è una idea disincarnata e teorica, ma molto fisica e reale».

Un ritrovo tra amici

A Milano i partecipanti sono aumentati negli ultimi anni e oggi si contano circa 2 mila persone, ai quali si affiancano tra i 400 e i 500 volontari. Benedetto XVI e dopo di lui Francesco hanno detto che «a Sant’Egidio ci si confonde tra chi serve e chi è servito». Questo succede perché ogni anno non si ritrovano nella stessa sala inservienti e commensali, ma persone che nella festa del Natale si riuniscono in quanto legate da sincera e autentica amicizia.

«Noi nella Comunità parliamo di amici, non di beneficiari o utenti. Questo perché è un nostro programma spirituale: sei tu che scegli di diventare amico di una persona molto lontana dalla tua vita e dalle tue abitudini – afferma Maggi – Se c’è un discorso di amicizia, allora questi tavoli diventano di famigliari e il posto migliore è riservato a chi è più debole. Questo è il clima dei pranzi di Natale».

Restituire dignità

Intessere legami con i poveri diventa un modo per restituire loro la dignità, soprattutto in tempi di profonda crisi economica e sociale. Secondo il report sulla povertà pubblicato dall’Istat il 25 ottobre scorso, nel 2022 in Italia sono in condizione di povertà assoluta 2,18 milioni di famiglie e oltre 5,6 milioni di individui (+0,6% rispetto al 2021). Dentro a questo numero, i dati preoccupanti riguardano i minori (1,27 milioni) e gli stranieri (1,7 milioni). Di fronte a numeri così allarmanti, il pranzo di Natale diventa anche momento di incontro tra differenti confessioni religiose ugualmente colpite dalla povertà.

Maggi spiega che, tra i partecipanti, «molti sono profughi giunti dall’Afghanistan e dal Pakistan, musulmani o di altre tradizioni religiose. Tutti riconoscono che questo pranzo non è un’occasione festosa come Capodanno, ma un momento dal profondo significato spirituale per la comunità: è un riconoscersi tra credenti».

L’incontro tra le fedi è anche un segno di speranza in un Natale per molti non di gioia, ma di dolore: per la seconda volta sarà una festa in tempo di guerra per l’Ucraina e quest’anno anche per i popoli di Israele e Palestina. «È molto bello pensare che in un tempo di crisi e di guerra c’è tanta gente che vuole aiutare i poveri nel giorno di Natale trascorrendolo in modo diverso», commenta Maggi.

Un’occasione che apre gli occhi sui volti della povertà e su storie anche di speranza: come quella di un giovane profugo dall’Africa: «Ha iniziato ad andare a trovare gli anziani nel quartiere Corvetto trascorrendo con loro il pranzo di Natale: diceva di sentirsi solo, ma così ha trovato una famiglia».