Essere persone serie, comportandosi in maniera degna della chiamata ricevuta. Questo l’insegnamento che, dopo 5 secoli, indica l’esemplarità della vita di San Carlo Borromeo, così come dice il suo attuale successore, monsignor Mario Delpini, presiedendo in Duomo il Pontificale nella solennità liturgica del compatrono della Chiesa ambrosiana.

La celebrazione
Alle spoglie di San Carlo – conservate nello Scurolo sottostante l’altare maggiore del Duomo – l’Arcivescovo, con 8 vescovi, rende omaggio incensando l’urna e cantando la Sallenda prima che inizi la Messa, concelebrata dai membri del Cem, dai Canonici del Capitolo della Cattedrale e da altri presbiteri per un totale di oltre 100 sacerdoti. Molti i segni che parlano visivamente del Santo – l’Arcivescovo porta il suo pastorale e ne indossa l’anello, il pallio, la preziosissima e restaurata casula cinquecentesca con la croce pettorale donata da Maria Teresa d’Austria -, oltre alla presenza di rappresentanti delle istituzioni fondate o rifondate dal Borromeo: il rettore del Seminario don Enrico Castagna (accompagnato dai diaconi e dai seminaristi), il prevosto degli Oblati di San Carlo padre Giulio Binaghi, il Moderator Curiae monsignor Carlo Azzimonti e l’Arciprete del Duomo monsignor Gianantonio Borgonovo.
Non mancano gli appartenenti a Confraternite e Ordini cavallereschi legati alla memoria del primo Borromeo e i vertici della Veneranda Fabbrica del Duomo con il presidente Fedele Confalonieri. Vengono anche festeggiati alcuni anniversari particolarmente significativi: il 50mo di ordinazione presbiterale del vescovo monsignor Massimo Camisasca, il 30mo di episcopato di monsignor Giuseppe Merisi e i 150 anni di fondazione degli Oblati vicari di San Celso.

La responsabilità della verità
«È fuori dubbio che san Carlo sia stato una persona seria: il suo sguardo fisso sul crocifisso ha segnato la sua vita nella sequela del Buon Pastore che dà la propria vita per le pecore», sottolinea monsignor Delpini nell’omelia, in riferimento alla pagina del Vangelo di Giovanni 10 appena proclamata.
«Essere seri significa essere pronti a rendere conto del proprio operato perché sia sottoposto al giudizio della Parola che ci è stata annunciata, significa ascoltare l’esortazione e il comandamento non come se si trattasse di parole gentili, rispettose delle forme e di recitare una parte accettabile nella grande babilonia della storia. Piuttosto essere seri significa essere chiamati alla sincerità che si interroga: “Io ho a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace?”», aggiunge l’Arcivescovo.
Ma perché la serietà, oggi, è così difficile e perché, invece che costruire l’unità nel vincolo della pace, talvolta si cercano continuamente scuse e siamo «una presenza che semina amarezza e divisioni, che usa le buone maniere per mascherare i cattivi sentimenti?». «Forse ci sono, dietro una facciata irreprensibile, ambizioni frustrate, riconoscimenti sperati invano. Forse ci sono offese non riparate, passioni ambigue», la sua risposta.
Per questo «la parola, l’immagine, lo strumento della comunicazione è chiamato a essere a servizio della verità e il senso di responsabilità delle persone serie rende vigili su quello che si dice. Se la parola, invece che essere costruttiva, è corrosiva, se le parole sono banali, chiacchiere di mormorazione, ripetizione di luoghi comuni, giudizi perentori che squalificano persone, istituzioni, proposte, se la parola tace l’annuncio della promessa che suscita speranza e si conforma al lamento che diffonde malumore e scoraggiamento, come sarà edificato il corpo di Cristo?».
Come San Carlo, chiamati alla solidarietà
Da qui ciò che ci consegna San Carlo, di cui «si dice che giunse a spogliare delle suppellettili la sua casa per dare sollievo all’indigenza», che si fa – nelle parole dell’Arcivescovo – monito per il presente: «Il principe Borromeo, erede di una enorme ricchezza, era una persona seria e ha sentito la sua ricchezza come un insostenibile scandalo di fronte alla miseria della gente nei giorni della peste e della fame. Essere seri significa desiderare il giudizio del Signore su tutti gli aspetti della vita, persino sul modo di usare i soldi».
«Le persone serie sono chiamate a considerare il modo di usare le risorse di cui dispongono, avvertono che lo sperpero è una vergogna e si sentono imbarazzati a usare ricchezze per il loro piacere, mentre i poveri stanno a guardare e chiedono qualche briciola di solidarietà. Le persone serie trovano insopportabile e inammissibile la guerra che usa le risorse dei popoli per distruggere e ammazzare e non si accontentano di deprecare decisioni folli, ma percorrono le vie della solidarietà, della sobrietà, inventano una economia ispirata da un umanesimo e non determinata dall’egoismo e dall’avidità».

Il richiamo conclusivo è per i sacerdoti a cui san Carlo dedicò «un’attenzione specifica nella persuasione che la riforma della Chiesa decadente del suo tempo avesse bisogno di un clero riformato»: «Perciò noi, vescovi, preti, diaconi, religiosi raccogliamo la parola che ci chiama a conversione, la condividiamo con tutti i battezzati e vogliamo essere persone serie: sincere nella carità, edificanti nella comunicazione, sobri e solidali nell’uso delle risorse di cui disponiamo».




