«Chi sa costruire, agli incroci del mondo, alberghi senza costi e senza registri vede l’estraneo, lo straniero, diventare fratello e il Verbo farsi carne ed abitare in mezzo ai suoi». Era il Natale del 1949 quando M. Delbrêl scriveva queste parole. Era da poco finita la guerra e tutti cercavano come ripartire. Riflettendo sul mistero del Natale, pensava che questa potesse essere un’ottima ripartenza: riaprire le porte dove esse si erano chiuse o erano state distrutte dalle bombe. «Dietro le porte chiuse il Signore attende di essere accolto. E colui che vuole lasciare ben aperta la sua porta potrà riceverlo sotto l’umile sacramento dei volti degli uomini, i volti lavati dalle lacrime i volti sporchi, sotto l’umile sacramento di chi è senza grazia».
Poco più di dieci anni dopo, all’inizio degli anni ’60, nuove crisi attraversavano il mondo: nel 1961 la costruzione del muro di Berlino e, soprattutto, nel 1962 la crisi di Cuba, quando l’installazione di missili sovietici nell’isola aveva portato il mondo a un passo da un conflitto nucleare. Si era da poco aperto il Concilio e il 25 di ottobre Giovanni XXIII, diffondeva un Radiomessaggio per l’intesa e la concordia tra i popoli: «Mentre si apre il Concilio Vaticano II, nella gioia e nella speranza di tutti gli uomini di buona volontà, ecco che nubi minacciose oscurano nuovamente l’orizzonte internazionale e seminano la paura in milioni di famiglie. La Chiesa non ha nel cuore che la pace e la fraternità tra gli uomini, e lavora, affinché questi obbiettivi si realizzino».
Le sue riflessioni e i suoi appelli sono poi, rifluiti nell’ultima sua lettera enciclica Pacem in Terris, esattamente sessant’anni fa. Viene da chiedersi: cosa è cambiato da allora? «Come vicario di Gesù Cristo, Salvatore del mondo e artefice della pace, e come interprete dell’anelito più profondo dell’intera famiglia umana, seguendo l’impulso del nostro animo, preso dall’ansia di bene per tutti, ci sentiamo in dovere di scongiurare gli uomini, soprattutto quelli che sono investiti di responsabilità pubbliche, a non risparmiare fatiche per imprimere alle cose un corso ragionevole ed umano».
Sinceramente pensavamo che i giorni di quella ripresa sarebbero stati più duraturi. Certo, il flagello della guerra non ha abbandonato il volto della terra, accendendo conflitti di varia intensità, anche dopo quei giorni. Ma, di fatto, era da allora che l’Europa e il mondo non la sentivano così vicina, udendola quasi bussare alla porta di casa. E tutto questo accade, mentre faticosamente il mondo cerca di uscire dal dramma della pandemia che ha lacerato scenari e riaperto molteplici domande.
È per questo che il Coordinamento diocesano Associazioni e Movimenti, invita a partecipare ad un momento di preghiera per intercedere per gli ucraini e tutte le vittime della guerra e dell’odio. In questo invito desidera fare proprie le parole di papa Francesco nel suo Messaggio per la 56° Giornata Mondiale della Pace: «Nel momento in cui abbiamo osato sperare che il peggio della notte della pandemia da Covid-19 fosse stato superato, una nuova terribile sciagura si è abbattuta sull’umanità. Abbiamo assistito all’insorgere di un altro flagello: un’ulteriore guerra, in parte paragonabile al Covid-19, ma tuttavia guidata da scelte umane colpevoli. […] Mentre per il Covid-19 si è trovato un vaccino, per la guerra ancora non si sono trovate soluzioni adeguate. Certamente il virus della guerra è più difficile da sconfiggere di quelli che colpiscono l’organismo umano, perché esso non proviene dall’esterno, ma dall’interno del cuore umano, corrotto dal peccato». Come diceva Gesù, è dal cuore che escono le intenzioni cattive dell’uomo e dunque è il cuore che va custodito. Di qui la priorità che vorremmo invocare, seguendo le indicazioni del Papa: «lasciarci cambiare il cuore dall’emergenza che abbiamo vissuto» e insieme «permettere che, attraverso questo momento storico, Dio trasformi i nostri criteri abituali di interpretazione del mondo e della realtà».
L’umile sacramento dei volti, segnati dalle lacrime, è l’invocazione più forte a questo cambiamento del cuore, implorando il dono della pace.
L’appuntamento è fissato per sabato 7 gennaio, alle ore 18, presso il Santuario S. Pietro martire di Seveso (qui la Locandina dell’evento).