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I ministeri istituiti

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Intervista

Nuovi ministeri, fondamentale la dimensione vocazionale

Il 19 ottobre in Diocesi verranno istituiti i primi lettori, accoliti e catechisti: «Persone già impegnate nelle loro comunità, ma che hanno affrontato questo percorso come un’ulteriore chiamata», rileva don Matteo Dal Santo, responsabile del Servizio diocesano per la Catechesi, che illustra l’itinerario formativo, le qualità richieste e la sfida indicata dall’Arcivescovo: far fronte alla «sensazione di insignificanza»

di Annamaria BRACCINI

7 Luglio 2025

Un cammino biennale, fatto di tanti incontri, di verifiche, di impegno nel quotidiano, per arrivare a essere ministri istituiti. Secondo quanto previsto da papa Francesco nel 2021, con le Lettere apostoliche in forma di Motu proprio, Spiritus Domini circa l’accesso delle donne al lettorato (coloro che proclamano la Parola di Dio) e all’accolitato (a servizio dell’Eucaristia), e Antiquum Ministerium per l’istituzione dei catechisti quali animatori della comunità. Realtà sulle quali, in questi anni, si è andata intensificando e approfondendo la riflessione, con la nota della Cei e con il documento dei Vescovi lombardi «Lettori, accoliti e catechisti istituiti. Orientamenti per le diocesi lombarde».

A stilare un bilancio di questi due anni e a delineare le prospettive per il futuro è don Matteo Dal Santo, responsabile del Servizio diocesano per la Catechesi: «Il 19 ottobre, in Duomo, verranno istituiti i primi ministri della nostra Diocesi e il bilancio mi pare molto positivo, innanzitutto perché abbiamo avuto persone che si sono messe in gioco. Infatti, pur essendo già individualità formate e impegnate nelle comunità, tutti hanno sentito questo percorso come un’ulteriore chiamata, vivendolo con un forte coinvolgimento sia spirituale, sia ecclesiale. Questa dimensione di vocazione, che è fondamentale, mi sembra che sia stata percepita da ciascuno».

Quanti sono i candidati?
Sono 14 e altrettanti sono quanti hanno compiuto un primo anno di cammino. Proprio in questi mesi stiamo facendo i colloqui di accoglienza e di discernimento con le persone che vogliono iniziare l’itinerario formativo.

Don Matteo Dal Santo

Com’è composta l’équipe formativa?
L’équipe è composta dal presidente don Giuseppe Como (anche vicario episcopale di Settore), io ne sono il segretario e ne faccio parte anche come responsabile del Servizio per la Catechesi, così come lo è, per il Servizio liturgico, monsignor Fausto Gilardi. Poi abbiamo persone che si sono dedicate soprattutto all’aspetto degli studi teologici, come don Martino Mortola, Gaia De Vecchi e don Davide Bertocchi, mentre altri sono dedicati al discernimento: i diaconi Tullio Gaggioli e Roberto De Capitani (insieme alla moglie Pinuccia) e Roberta Casoli, ausiliaria diocesana. Guido Meregalli si occupa per lo più del mantenimento della dimensione laicale dei ministeri.

Quali sono stati i momenti clou di questo biennio preparatorio?
La formazione avviene nell’esercizio del ministero, perché, come detto, sono persone che comunque già lo vivono nelle loro comunità. Ci sono stati poi alcuni incontri in presenza che abbiamo vissuto insieme, noi dell’équipe formativa e i candidati del primo e del secondo anno, permettendo in questo modo un confronto, una conoscenza reciproca e uno scambio di esperienze. Sono previsti anche alcuni momenti online che offrono un approfondimento di tematiche più teologiche. Si tratta di incontri frontali, mentre quelli in presenza hanno un carattere maggiormente laboratoriale, proprio per aiutare a entrare in una pratica sapiente in vista del ministero istituito. Viene inoltre proposto un piccolo “allenamento”, ovvero un’esperienza in una dimensione ecclesiale un poco più ampia della propria parrocchia. Per gli accoliti, per esempio, l’esperienza è in alcuni ospedali, d’accordo e in collaborazione con i cappellani. I catechisti, invece, sono stati coinvolti in esperienze diocesane, come il convegno regionale sulla catechesi del settembre scorso. Abbiamo voluto inserirli nell’organizzazione per poter collaborare direttamente, facendo in qualche modo “gustare” e sperimentare anche la dimensione diocesana.

L’Arcivescovo, incontrando i candidati, ha parlato di autorevolezza, di comunione e di relazione…
L’autorevolezza sicuramente si guadagna anche con l’esperienza, tenendo però presente che queste persone, che iniziano un cammino, hanno già vissuto l’esercizio di un ministero – seppure non istituito – e arrivano a noi con l’approvazione del proprio parroco e della comunità; quindi per certi versi questa autorevolezza in parte esiste già, ma viene confermata dalla Diocesi. Questo è il senso proprio dell’istituzione e del mandato di cinque anni, rinnovabile, mentre l’istituzione stessa non è ripetibile.

Monsignor Delpini ha detto anche – e questo è un aspetto tra i più complessi – che i ministri istituiti devono chiedersi come far fronte a quella sensazione di insignificanza che talvolta abbiamo, non solo rispetto all’esterno, ma anche all’interno…  
Questa è la sfida e il mandato che l’Arcivescovo conferisce non solo ai ministri istituiti, ma anche ai sacerdoti e a tutti coloro che sono impegnati nelle comunità. Ovviamente, i ministri da soli non potranno risolvere tutto, ma proprio come persone di comunione, collaborando e avendo corresponsabilità nella Chiesa, possono affrontare tale aspetto, certo problematico e che deriva dalla cultura e da tanti elementi del nostro tempo.

Un'esperienza di grazia

«Lavorare nell’équipe dei ministeri è un’esperienza di grazia e un esercizio per vivere già la Chiesa che sogniamo e verso cui stiamo camminando. Nell’équipe ci confrontiamo in modo schietto e costante, mettendoci in discussione e ascoltando il punto di vista degli altri che apre a nuove visioni e possibilità». Roberta Casoli, ausiliaria diocesana e componente dell’équipe dei ministeri istituiti per il discernimento, esprime così la sua soddisfazione per ciò che si sta realizzando per rispondere al meglio all’istituzione dei ministeri in Diocesi. E prosegue: «Quando mi capita di essere invitata a parlare dei ministeri, generalmente vado con qualcun altro dell’équipe e, se sola, mi scopro, talvolta, a usare parole degli altri, in un’assonanza cresciuta nel tempo». In una parola, una bella esperienza anche di missionarietà e sinodalità, per un impegno che ha aiutato non solo i candidati, ma anche lei stessa: «Accompagnare e ascoltare i candidati nel loro percorso ha fatto crescere in me la consapevolezza che il camminare verso l’istituzione sia percepito, innanzitutto, come una vocazione, un dono di Dio che rimette in cammino, piuttosto che come assunzione di un ruolo o di compiti da svolgere per la comunità. Tutto questo mi ha confermato nella certezza che Dio accompagna sempre la sua Chiesa con la tenacia della sua resurrezione, che fa nuove tutte le cose e fa rinascere le persone».
E di un’esperienza di grazia, che «mi ha toccato dentro il cuore in profondo», parla anche Massimo Gonti, della parrocchia Beata Vergine Assunta in Bruzzano. Da candidato accolito per cinque sabati pomeriggio si è recato nel Blocco sud dell’Ospedale Niguarda, presso il padiglione oncologico, per una sorta di training avviato in collaborazione con i cappellani: «All’inizio avevo dei timori: mi hanno detto “vai” ed è stata la scelta giusta. Vedremo se il Signore mi aiuterà a discernere se poter fare qualcosa oltre la parrocchia, come sarebbe mio desiderio».  

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