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Testimonianza/2

«Mi sento come un ponte con la gente, una porta aperta verso il mondo»

Don Maurizio Canclini parla della sua esperienza in Zambia, nel Congo e alla Barona

1 Marzo 2020

Don Maurizio Canclini, fidei donum al Foyer Saint Paul di Kinshasa nella Repubblica democratica del Congo, ha raccontato a Radio Marconi la sua esperienza in Africa. Don Canclini, nato a Besozzo il 9 giugno 1960 e ordinato sacerdote nel 1985, si è soffermato sulla consapevolezza che ha maturato nel ruolo di fidei donum: «È bello che una Chiesa possa sentirsi in comunione con altre Chiese e che si possano incontrare dei cammini diversi per vivere insieme questa comunione, che dà respiro. Dopo 10 anni di vita oratoriana sono andato in Zambia dove ho vissuto un’esperienza molto bella, sono rientrato e ho lavorato alla Barona come parroco. Poi mi è stata ancora data la possibilità di ripartire nel 2015 per questa esperienza in Congo che non so quanto durerà. L’Africa mi ha preso il cuore, però è stato bello anche il rientro in Diocesi. Ho la consapevolezza di sentirmi un ponte con la gente, le parrocchie che mi hanno da sempre seguito e quelle che incontro di nuovo. Inoltre, coinvolgo persone che possono venire in missione, è per loro una finestra che si apre, che dà aria, che dà luce anche alla nostra Chiesa di Milano».

Don Canclini ci tiene a citare l’Arcivescovo: «Abbiamo da lui un esempio bellissimo, ci ha visitato da Vicario generale ed è già venuto una seconda volta come Arcivescovo. Con il suo stile dice che crede a una Chiesa veramente universale. La bellezza di sentirci una famiglia ha senz’altro ispirato il Sinodo minore “Chiesa delle genti”. Questa apertura la Chiesa ambrosiana l’ha sempre avuta. Sono stato inviato fidei donum da Martini dove già Montini aveva aperto la missione».

Don Canclini ha confidato che quando rientra a Milano vede tante chiusure e paure. «Allora farebbe bene a tutti tenere questa porta aperta – ha affermato -. Sono passati tantissimi giovani italiani in missione, è per loro un’apertura di cuore e di testa». Un ultimo pensiero per la «sua» Africa: «Ha tanti problemi, tanti difetti, c’è tanto da lavorare, ma penso che si salverà perché è un continente giovane. E salverà anche il mondo, con la sua potenza di vita, le sue mamme meravigliose, donne di speranza, e anche i loro figli sono eccezionali. Per moltissimi di loro Dio è la vita, è il respiro. Qualcuno alle volte dice “Io non credo in Dio”, gli altri lo guardano dicendo: “Ma questo qui non crede nell’aria che respira”. È una fede che viene fuori con spontaneità. Per questo vivranno e ci aiuteranno a vivere».