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Missione

Padre Piero Masolo in partenza per il Myanmar

Il sacerdote del Pime è stato collaboratore dell’Ufficio missionario diocesano e direttore organizzativo del Festival della Missione. Riceverà il mandato nella Veglia del 21 ottobre

di Annamaria BRACCINI

21 Ottobre 2023
Padre Piero Masolo (primo a sinistra) in occasione della presentazione del Festival della Missione (foto Agenzia Fotogramma)

«Nella Diocesi di Milano ho incontrato tante persone, in serate di formazione nei Decanati o nelle celebrazioni. Intorno a noi tutti c’è una sorta di lamento generale, per cui sembra sempre che si faccia di meno di un tempo, che vi sia un invecchiamento della comunità, ma percorrendo il territorio della grande Chiesa ambrosiana si scoprono moltissime attività, progetti, legami anche con il mondo, perché, magari, si conosce un missionario o un altro è originario di quella tal parrocchia: questo è veramente molto bello». Ne è convinto padre Piero Masolo, missionario del Pime, milanese di nascita, che ha trascorso gli ultimi tre anni in Diocesi collaborando anche con l’Ufficio missionario.

È passato un anno dalla seconda edizione del Festival della Missione (vedi qui, ndr), di cui lei è stato direttore organizzativo. Come ha vissuto questa esperienza?
Il rapporto con la ricchezza umana di cui ho parlato si è ampliato, all’ennesima potenza, grazie al Festival della Missione. Abbiamo potuto rapportarci con l’Italia tutta e chiamare persone da tutto il mondo, a portare la loro testimonianza a Milano. Quindi non solo l’evento in se stesso, ma i due anni del percorso di preparazione sono stati davvero interessanti.

Quali sono state finora le sue destinazioni in terra di missione?
Come missionario solo una, l’Algeria, per 7 anni dal 2013 al 2020. Tuttavia ho vissuto periodi in altri tre Paesi: gli Stati Uniti e le Filippine ai tempi in cui ero ancora seminarista e la Francia nel momento della preparazione alla partenza per l’Algeria e anche per un master sullo sviluppo locale a Lione. Sono entrato in Seminario nel 2000, sono diventato prete nel 2008 e, poi, per cinque anni sono rimasto in Italia a servizio dell’animazione giovanile e vocazionale del Pime e per l’Ufficio Mondialità, con l’educazione interculturale nelle scuole.

Pronto a ripartire?
Certo, ormai ci siamo: il 1° novembre partirò per il Myanmar, l’antica Birmania. Andrò a Yangon, nota un tempo anche come Rangoon, che è stata la capitale ed è la più grande città del Paese. Per noi del Pime si tratta di luoghi molto significativi, perché con il Myanmar esistono legami storici profondi. La Birmania è stata una delle nostre prime missioni, dal 1860 circa. Nei decenni si sono là susseguiti davvero tanti missionari tra cui una serie di beati: per esempio Clemente Vismara di Agrate Brianza, detto anche «l’apostolo del Myanmar» che ha trascorso 65 dei suoi 91 anni nelle foreste birmane. Abbiamo avuto anche cinque martiri nel dopoguerra. È chiaro che mi abbia molto impressionato questa destinazione.

È un momento di persecuzione dei cristiani in Myanmar. Oltre l’emozione c’è anche un poco di paura?
Paura no, assolutamente. Parto con gioia, anche in un momento così delicato per il Paese, ancora in cerca di stabilità. Potermi aggiungere ai missionari presenti credo che sia un bel segno anche per la Chiesa locale. Insegnerò Sacra Scrittura nel Seminario nazionale diocesano: sono contento di partire adesso perché mi pare che possa diventare un motivo di speranza.